Frumento duro, invertire la rotta

Nell'immaginario collettivo internazionale quando si pensa alla pasta si pensa all'Italia: siamo i secondi produttori al mondo di frumento duro, i leader indiscussi - per quantità e qualità - nella trasformazione. Abbiamo dunque tutte le carte in regola per assumere il ruolo di catalizzatori anche sul fronte della ricerca.

Nell'immaginario collettivo internazionale quando si pensa alla pasta si pensa all'Italia: siamo i secondi produttori al mondo di frumento duro, i leader indiscussi - per quantità e qualità - nella trasformazione. Abbiamo dunque tutte le carte in regola per assumere il ruolo di catalizzatori anche sul fronte della ricerca.

Ne è convinto Aldo Ceriotti, ricercatore dell'Istituto di Biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche, che il prossimo anno, in occasione dell'Expo, organizzerà un convegno dedicato al cereale “più amato dagli italiani”.

«Il frumento duro - spiega - è visto un po' come il “fratello minore” del tenero. Dal punto di vista dei numeri indubbiamente le superfici investite e le produzioni viaggiano su livelli molto più contenuti e questo ha condizionato anche il grado di attenzione e investimento nella ricerca. Diciamo che il duro è sempre un passo indietro rispetto al suo fratello maggiore, basti pensare al sequenziamento del genoma del tenero, recentemente pubblicato sulla rivista Science».

Se insomma le sue sorti non sono una priorità a livello globale, è pur vero che per il nostro Paese la coltura riveste un ruolo decisamente strategico, anche in ottica di made in Italy. Soprattutto in un momento in cui, tra difficoltà economiche degli operatori e ostacoli legati ai cambiamenti climatici, il duro non sembra godere di ottima salute. «In Europa la situazione non è particolarmente rosea. Stiamo assistendo, da alcuni anni, a una stagnazione delle rese e la produzione non copre più la domanda. È necessario fare uno sforzo ora, anche perché il contesto ambientale sta peggiorando».

Secondo Wheat Initiative, programma di ricerca internazionale sul frumento lanciato nel 2011 nell'ambito del G20 dei ministri agricoli, entro il 2050 la domanda di frumento (tenero e duro) dovrebbe crescere di circa il 60%. Per raggiungere il pareggio la resa dovrebbe aumentare dell'1,6% l'anno da qui al 2050. «Non possiamo permetterci di mantenere le produzioni ai livelli attuali. Oggi l'Italia non è autosufficiente, riusciamo a coprire circa il 60-70% del nostro fabbisogno di frumento duro». Il problema è che, invece di crescere, stiamo calando: «nel periodo 2008-2012 abbiamo assistito a una contrazione piuttosto evidente delle superfici, perdendo di fatto quasi il 20% della capacità produttiva».

E qui entra in gioco la ricerca, l'unica arma a disposizione per invertire la rotta. Tre gli obiettivi che perseguono i laboratori: innalzare le rese anche in condizioni di stress termici o idrici, quindi a prescindere, quanto più possibile, dalla variabilità delle stagioni; incrementare la qualità del frumento, in termini di contenuto e composizione proteica; realizzare prodotti con migliori caratteristiche dietetiche.

Il Cnr nello specifico sta lavorando su due fronti: il sequenziamento del genoma del duro e la valorizzazione della banca del germoplasma di Bari. Sul primo aspetto, afferma Ceriotti, «ci aspettiamo nel 2015 si riesca a raggiungere un coordinamento effettivo delle iniziative indirizzate a ottenere un genoma di riferimento. Il sequenziamento è un passo fondamentale, perché permette di individuare con più facilità e rapidità i geni che controllano determinate caratteristiche, dando impulso a tutte le attività di breeding».

Sul secondo aspetto il Cnr è impegnato in un programma di genotipizzazione e fenotipizzazione del materiale genetico conservato nella banca di Bari, proveniente principalmente dal bacino del Mediterraneo, ma anche dal Medio Oriente, dal Corno d'Africa e dalle Americhe. «Questo materiale costituisce un importante patrimonio di variabilità genetica che può essere sfruttato in ottica di miglioramento. In parallelo stiamo inoltre avviando, seguendo un programma internazionale, la digitalizzazione della banca, per rendere più facilmente disponibili le informazioni».

Infine, l'aspetto nutrizionale: sono in corso a livello internazionale progetti per individuare varietà con il contenuto più basso possibile di sequenze che portano allo sviluppo della reazione legata alla celiachia o ad altre forme di intolleranza, mentre al Cnr di Avellino si stanno mettendo a punto metodologie per il trattamento delle farine.

Frumento duro, invertire la rotta - Ultima modifica: 2014-11-05T21:41:54+01:00 da Redazione Digital Farm

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