Agricoltura conservativa, Elias (Aigacos): «Servirebbe più continuità»

Perplessità su alcune scelte per le misure 4 e 10 del Psr della Regione Lombardia. «Si rischia una scarsa adesione degli agricoltori»

La Lombardia rischia di sperperare un patrimonio di 25mila ettari in agricoltura conservativa. Sembrano infatti aver generato qualche malcontento i nuovi bandi regionali non solo per la specifica misura 10.1.04, ma  anche per la misura 4 (investimenti). Le preoccupazioni sono legate ad alcuni vincoli che rischiano di introdurre forti elementi di discontinuità disperdendo l'eredità della superficie record ammessa agli incentivi di quella che era la misura 214 della programmazione regionale 2007-2013.

Giuseppe-Elias
Giuseppe Elias, presidente Aigacos.

Addio record di superfici?
«Dietro al record del precedente Psr  – spiega Giuseppe Elias, imprenditore agricolo nel lodigiano e presidente di Aigacos (l’associazione italiana di agricoltura conservativa) –, che ha consentito di indirizzare una massa consistente di produttori motivati verso pratiche più sostenibili di gestione delle colture estensive, vi erano alcune scelte legate all'orientamento produttivo della regione Lombardia, indirizzato prevalentemente alla zootecnia».  Il 95% delle aziende incentivate accedeva infatti alla minima lavorazione e solo il 5% alla semina su sodo.
«La semina su sodo - ammette Elias - era infatti considerata un'opzione sicuramente positiva per il mais da granella ma molto meno per il mais da trinciato, che necessita di una partenza sprint all’emergenza. La minima lavorazione è una pratica intermedia, è vero, ma dove le misure sono state indirizzate solo al sodo, come ad esempio in Veneto, il successo della misura era stato molto minore». Il problema è che questi sostegni sono giustificati a coprire i maggiori costi e minori ricavi che si possono registrare nel periodo di adattamento a lavorazioni meno impattanti rispetto all'aratura convenzionale, e come tali non possono essere trascinati a beneficio delle stesse aziende nel passaggio da un Psr all'altro.

Strip till e sod seeding, la separazione non convince
In teoria lo zoccolo duro di produttori che ha già beneficiato dei sostegni alla minima lavorazione potrebbe fare il passo definitivo verso la semina su sodo. A disincentivare questa soluzione è però la scelta di escludere lo strip till dalla misura a sostegno del sodo: un elemento di discontinuità rispetto del precedente bando che rischia di determinare una minore adesione ai programmi. Un abbinamento, quello tra le due pratiche (strip till e sod seeding), che era previsto dal precedente bando anche perchè rafforzato  dal vincolo della condizionalità che impone, per le aziende di grande dimensione, la rotazione con tre diverse colture. E la soluzione più adottata dalle aziende lombarde è quella di abbinare colture sarchiate con interfila da 50cm (su terreno lavorato con strip till) con colture foraggere seminate su sodo (loietto, triticale, ecc...). «Ora, venendo meno lo strip till, l’attrattività del sodo è molto minore». Ed è difficile che questa dispersione possa essere colmata dalle nuove adesioni alla misura della minima lavorazione.

Minima lavorazione, macchine discriminate?
Nonostante infatti la Lombardia sia una tra le poche regioni ad aver ammesso ai contributi della misura 10 anche la minima lavorazione e non solo la semina su sodo, anche in questo caso la formulazione dei bandi rischia di inibire l'entusiasmo dei produttori. In particolare, suscitano perplessità alcuni aspetti delle disposizioni attuative della misura "investimenti" (Misura 4.101 “Incentivi per investimenti per la redditività, competitività e sostenibilità delle aziende agricole”) e soprattutto l’allegato 1 del capitolo 2 “Macchine operatrici per la minima lavorazione”. Nel testo si specifica infatti che per essere finanziate le macchine “devono essere combinate ad attrezzature per l’esecuzione contemporanea di altre operazioni colturali, quali semina, fertilizzazione, diserbo o geodisinfestazione”, ma al tempo stesso le attrezzature combinate “non devono poter essere utilizzate in modo indipendente dalla macchina stessa”.
Un'indicazione che sembra escludere di fatto tutte le attrezzature che non abbiano incorporate delle componenti per la semina o per il diserbo, operazioni queste che nella realtà sono, nella maggior parte delle situazioni, disgiunte dalla lavorazione del letto di semina. Una definizione poco chiara che lascia ampio spazio alla discrezionalità di diverse interpretazioni (tanto che, nelle diverse provincie lombarde, cambiano le tipologie di macchine ammesse ai finanziamenti) e che rischia di penalizzare soprattutto la minima lavorazione.

 

In caso di scarsa adesione ci saranno modifiche al bando?
Scelte contro cui si stanno levando le voci di alcuni produttori. In particolare, riguardo alla penalizzazione degli investimenti in attrezzature per la minima lavorazione, c'è chi fa notare che nonostante la semina su sodo rappresenti il massimo risultato in termini di sostenibilità, perseguendo l’obiettivo della diminuzione del numero di lavorazioni sul terreno, la minima lavorazione rappresenta comunque un decisivo passo in più rispetto alle lavorazioni convenzionali. Ora, nonostante i requisiti imposti  pongono  sullo stesso piano le due tecniche, nella realtà quanto descritto nel bando si sposa unicamente con le lavorazioni sul sodo e non con le tecniche di minima lavorazione. Disposizioni attuative che, così impostate, rischiano di ridurre di gran lunga il numero di aziende che parteciperanno alla richiesta di finanziamento, in qualche modo venendo meno all’obiettivo del piano di sviluppo rurale stesso.
Il bando per la prima annualità è scaduto lo scorso giugno. L’auspicio è che, di fronte a un’eventuale scarsa adesione, si possa rimettere mano alla misura per il prossimo anno.

 

Cos'è l'agricoltura conservativa

I terreni agricoli sono normalmente soggetti ad arature profonde e lavorazioni periodiche e
rimangono privi di copertura vegetale per alcuni periodi nel corso dell’anno; questa modalità
convenzionale di coltivazione dei terreni comporta una serie di effetti negativi, quali
emissione di CO2, alti consumi energetici, riduzione della biodiversità e della sostanza
organica, aumento dell’erosione e inquinamento delle acque.
La coltivazione dei terreni con tecniche di agricoltura conservativa è un’alternativa ai metodi
tradizionali e consente di contrastare in modo efficace il degrado dei suoli, migliorandone la
struttura, la resistenza all’erosione e al compattamento e la capacità di assorbire e trattenere
l’acqua. L’agricoltura conservativa consente di ottimizzare l’uso delle riserve fossili e contrastare la
riduzione della sostanza organica; la fertilità del suolo è gestita attraverso il mantenimento
del residuo colturale (mulching), le rotazioni colturali e la lotta alle infestanti, mentre l’effetto
del rimescolamento meccanico degli strati è sostituito con le azioni naturali ad opera della
fauna tellurica, degli apparati radicali delle piante e dei microorganismi presenti nel terreno,
riducendo così al minimo le azioni meccaniche.

Il sod seeding, o semina su sodo, è una tecnica agronomica conservativa di gestione del suolo che prevede la non lavorazione del terreno investito con le coltivazioni erbacee allo scopo di mantenere una fertilità fisica paragonabile a quella dei terreni naturali.
Lo strip-tillage, o lavorazione a strisce, consiste in una lavorazione superficiale del terreno alla profondità di circa 15 centimetri su fasce larghe al massimo 15 centimetri, intervallate da fasce dove vengono lasciati in superficie tutti i residui colturali.
Il minimum tillage o minima lavorazione, indica alcune tecniche di gestione del suolo basate sull'adozione di lavorazioni che preparano il letto di semina con il minor numero di passaggi.

Agricoltura conservativa, Elias (Aigacos): «Servirebbe più continuità» - Ultima modifica: 2016-09-16T17:50:08+02:00 da Lorenzo Tosi

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