Pagina non trovata – Terra e Vita https://terraevita.edagricole.it Il settimanale dell'agricoltura Wed, 27 Mar 2024 15:12:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.3.15 https://terraevita.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/11/2017/06/cropped-tv_2017_512-300x300.png Pagina non trovata – Terra e Vita https://terraevita.edagricole.it 32 32 Mungitura, il robot che ti cambia la vita https://terraevita.edagricole.it/featured/mungitura-robot-che-cambia-vita/ https://terraevita.edagricole.it/featured/mungitura-robot-che-cambia-vita/#respond Mon, 09 Apr 2018 15:35:49 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008818 Una giovane imprenditrice lombarda si è affidata al robot di mungitura per mandare avanti l'azienda agricola di famiglia e contemporaneamente completare gli studi universitari

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Una giovane imprenditrice lombarda si è affidata al robot di mungitura per mandare avanti l'azienda agricola di famiglia e contemporaneamente completare gli studi universitari

Due donne, di cui una studentessa non ancora maggiorenne, che a causa di un grave lutto si trovano a dover portare avanti un’azienda agricola composta da una stalla che ospita cento bovine e 40 ettari di superficie coltivata a medica, mais e loietto. Impossibile? No, tutto vero, merito di una robusta dose di determinazione e dell’innovazione tecnologica. Martina Vicini oggi ha 23 anni ed è a otto esami dalla laurea in Scienze e tecnologie agrarie, ma ne aveva appena 16 quando nel 2011 perse il padre, Vittorio, che conduceva l’azienda agricola di famiglia, fondata dal nonno a Solbiate, provincia di Como. All’epoca l’imprenditrice lombarda non poteva nemmeno guidare il trattore e i famigliari erano propensi a vendere stalla e terreni per dedicarsi ad altro. Ma Martina decise di andare avanti e il tempo ha dimostrato che aveva ragione. Lo scorso anno la sua forza di volontà le è valso l’Oscar Green di Coldiretti nella categoria “Impresa 2.Terra”.

L'idea meravigliosa: il robot

Oltre alla tenacia, il supporto più importante per Martina e per la madre Antonella è arrivato da un robot di mungitura (Lely Astronaut 3 Next) e dal software gestionale di cui è dotato. «Grazie a questo dispositivo posso controllare tutto quello che avviene in stalla e conoscere lo stato di ogni singolo capo anche a distanza – spiega la giovane allevatrice – l’app sul mio smartphone mi consente di monitorare tutto con uno sguardo, anche nelle pause tra una lezione e l’altra all’università».
L’idea del robot è venuta a Martina mentre si trovava in Olanda per uno stage in una fattoria con 200 capi che li utilizzava. Lì ha potuto comprendere i vantaggi di un simile dispositivo e si è convinta che avrebbe potuto riuscire nella sua impresa. «Gli animali si sono adattati molto bene a questa novità – racconta Martina – e con pazienza si mettono in coda per accedere al macchinario. Ogni tanto un paio sono restie a entrare, ma basta guidarle un po’ per convincerle».

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L’importanza dei dati

Inoltre, tutte le vacche sul collare hanno un chip che controlla i parametri psicofisici, li trasmette a un software che poi manda avvisi al pc o allo smartphone e aiuta Martina a compiere in tempi brevi le azioni più adatte per le diverse situazioni. «In ogni momento posso controllare la temperatura di ogni capo – spiega l’allevatrice – sapere se hanno la mastite tramite l’analisi delle mammelle eseguita dal robot, oppure vedere se ci sono aumenti e cali di peso, vacche in ritardo con la mungitura, diminuzioni del latte prodotto, monitorare la ruminazione, conoscere le probabilità di calore. Il software mi segnala anche i capi da mettere in asciutta, quelli da fecondare e quelli prossimi al parto». Il sistema permette anche di avere sempre sotto controllo le caratteristiche del latte munto, grasso, caseina, lattosio e proteine, tutti parametri molto importanti soprattutto per un’azienda come Cascina Martina, che conferisce la materia prima ad aziende che producono due Dop come Taleggio e Grana Padano.

Benessere e sostenibilità

Grazie al robot le vacche godono anche di un maggior benessere: «Gli animali si trovano bene – sottolinea la giovane imprenditrice – anche perché sono molto più liberi rispetto a prima e possono vivere con meno stress un momento delicato come quello della mungitura. Quando ne sentono il bisogno si avvicinano all’area attrezzata, entrano nella gabbia e il robot che comunica con il chip installato sul collare sa se è il momento di mungerle. In pratica è un po’ come se fossero loro a decidere».
A rendere la stalla ancora più tecnologica e sostenibile c’è un impianto fotovoltaico sul tetto che produce l’energia sufficiente per far funzionare le apparecchiature.
Per il futuro Martina vuole rendere la stalla ancora più automatizzata con l’acquisto di un carro miscelatore per l’unifeed e un robot per la pulitura delle griglie.

Se sei un agricoltore innovatore e vuoi raccontarci la tua storia scrivi a: simone.martarello@newbusinessmedia.it

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Fertirrigazione, a Res Uvae si ragiona sul futuro del vigneto https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/fertirrigazione-res-uvae-futuro-vigneto/ https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/fertirrigazione-res-uvae-futuro-vigneto/#respond Tue, 03 Apr 2018 14:01:18 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008801 Mercoledì 5 aprile a Res Uvae il Demoday “Vigneto_2020” sui concimi idrosolubili e la fertirrigazione. Reddito, precisione e sostenibilità grazie alla possibilità di risparmiare l’apporto di nutrienti e di somministrarli in base alle reali esigenze della vite e all’obiettivo enologico che si vuole ottenere

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Mercoledì 5 aprile a Res Uvae il Demoday “Vigneto_2020” sui concimi idrosolubili e la fertirrigazione. Reddito, precisione e sostenibilità grazie alla possibilità di risparmiare l’apporto di nutrienti e di somministrarli in base alle reali esigenze della vite e all’obiettivo enologico che si vuole ottenere

L’illuminismo della fertirrigazione contro il sadismo dell’austerità nutrizionale a tutti i costi. L’estremismo di chi sostiene che “la vite deve soffrire” e che il vino buono si fa senza irrigazione e senza concimazione è ormai infatti messo a dura prova dagli effetti sempre più frequenti dei cambiamenti climatici. Nel corso dell’ultima torrida annata 2017 solo l’irrigazione di soccorso ha consentito, in molti areali, di portare a casa un risultato soddisfacente in termini di qualità, di produzione e di reddito. E dove questa pratica viene assolta grazie all’installazione di impianti a goccia, l’effetto è garantito anche in termini di sostenibilità, per la possibilità di risparmiare acqua ed elementi nutritivi.

Filare con impianto di microirrigazione

Votata alla sostenibilità

A Res Uvae, l’azienda sperimentale votata alla qualità sostenibile gestita da Horta alle pendici di Castell’Arquato (Pc), la pratica della fertirrigazione e la gestione dei concimi idrosolubili saranno i temi al centro del prossimo DemoDay Vigneto_2020 in programma il 5 aprile.
Nonostante questa pratica continui ad essere avversata dai disciplinari poco aggiornati di alcune denominazioni di origine, nei vigneti di più recente realizzazione sta infatti prendendo piede l’installazione di impianti di microirrigazione, tramite i quali si può attuare una efficace distribuzione di fertilizzanti idrosolubili.

Minimizzare le perdite di azoto

A Res Uvae sarà Tommaso Frioni (del DI.PRO.VE.S. - Università Cattolica del Sacro Cuore) a mettere a fuoco le (contenute) esigenze nutrizionali del vigneto. «Con la fertirrigazione viene esaltata l’efficienza delle unità fertilizzanti distribuite e si può attuare facilmente il frazionamento delle concimazioni, in particolare degli azotati, minimizzando il problema delle perdite ed assecondando i tempi di assorbimento della coltura».

Mario Schippa

La sperimentazione in corso

Secondo Mauro Schippa di Haifa Italia «la nutrizione idrico-minerale di precisione deve essere gestita in funzione degli obiettivi enologici». La sua relazione presenta i primi dati della sperimentazione su questo tema fatti tra i filari di Res Uvae.

Ciò che rende vantaggiosa la tecnica della fertirrigazione è la riduzione delle unità fertilizzanti fornite. Apportare a livello radicale gli elementi fertilizzanti, già in soluzione, nei quantitativi voluti e nei momenti più corretti, contribuisce infatti a rendere la produzione più competitiva in termini economici grazie ai minori sprechi a cui si aggiunge, se la gestione è corretta, il maggior valore qualitativo dell’uva. Una competitività che può riferirsi sia alle produzioni di pregio, sia per produzioni di più largo consumo dove la concimazione è diventata elemento centrale della tecnica viticola.

Un piano sommario di concimazione

La successione temporale degli apporti di nutrienti in un piano di fertirrigazione prevede, molto sommariamente, la somministrazione di fosforo nella fase primaverile ed autunnale, quando si ha il maggiore accrescimento dell’apparato radicale.

L’azoto in genere si inserisce nei piani da prima della fioritura frazionandolo negli interventi successivi (si consiglia di sospenderlo dalla invaiatura per evitare uno stimolo alla vegetazione che da quella fase è assai sfavorevole). Può essere utile un intervento azotato successivo alla vendemmia, con apparato fogliare ancora efficiente, per favorire l’accumulo di sostanze di riserva nelle gemme.

Il potassio è molto importante per regolare la traspirazione e favorire lo sviluppo del grappolo, per cui ne deve essere curata la somministrazione in particolare da dopo la fioritura per tutta l’estate. «Va però ricordato che la fertirrigazione deve però raccordarsi con la completa gestione del vigneto che deve armonizzare la nutrizione con il carico di gemme prima e produttivo poi, con gli interventi in verde e il rapporto foglie/uva, con la gestione del suolo e non ultimo con il risultato qualitativo cercato».

La preparazione della soluzione

L’aspetto più delicato nella tecnica della fertirrigazione è la preparazione delle soluzioni nutritive concentrate da iniettare nel sistema microirriguo: infatti occorre garantire la loro stabilità chimico-fisica nel tempo, evitando la formazione di precipitati o sospensioni, e al tempo stesso ottimizzare il tempo impiegato dall’operatore nella loro preparazione.

Dissolver con motore elettrico per la preparazione della soluzione

Obiettivi che si raggiungono utilizzando le giuste soluzioni nutritive e progettando impianti razionali. Un aspetto, quest’ultimo di cui si occupa Davide Vercesi del Consorzio Agrario TerrePadane la cui relazione a Res Uvae è incentrata sull'impiantistica per la fertirrigazione.

Il web tool di Horta

All’alba dell’era della viticoltura 4.0, la relazione di Sara Elisabetta Legler di Horta, consente di aprire uno sguardo sul futuro e sull’affermazione della digitalizzazione anche in questa pratica. Legler presenta infatti il web tool messo a punto da Horta per l'ottimizzazione della nutrizione della vite.

Sara Elisabetta Legler

Come tradizione dei Demodays, alla parte teorica viene abbinata infine anche quella pratica grazie al contributo di Federico Rossi di Res Uvae che, in chiusura della manifestazione, condurrà una visita all'impianto ed alle prove di fertirrigazione in corso presso l’azienda dimostrativa.

Per info e per accedere al programma completo: https://goo.gl/HySynz

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Olivi secolari e monumentali, ecco come gestirli al meglio https://terraevita.edagricole.it/olivicoltura/olivi-secolari-monumentali/ https://terraevita.edagricole.it/olivicoltura/olivi-secolari-monumentali/#respond Tue, 03 Apr 2018 10:00:30 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008773 Sugli alberi plurisecolari gli interventi cesori devono essere mirati a mantenerne la vitalità nel tempo. Ecco le indicazioni dei ricercatori che hanno curato un’iniziativa di tutela e valorizzazione di questi esemplari in Sardegna

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Sugli alberi plurisecolari gli interventi cesori devono essere mirati a mantenerne la vitalità nel tempo. Ecco le indicazioni dei ricercatori che hanno curato un’iniziativa di tutela e valorizzazione di questi esemplari in Sardegna

La longevità dell’olivo è la caratteristica peculiare che determina la sopravvivenza di numerosi alberi monumentali appartenenti alla specie Olea europaea L. laddove questa specie è presente e coltivata da epoche storiche che superano abbondantemente i dieci secoli. È questo il caso degli olivi monumentali che si ritrovano con relativa abbondanza nel territorio della Sardegna, dove accanto a splendidi esemplari di oleastro diffusi in tutto il territorio regionale e che risalgono a oltre un millennio, troviamo esemplari di olivo gentile risalenti all’epoca della dominazione romana, come è il caso de “Sa Reina”, gigantesco albero di olivo della cultivar Pizz’e Carroga felicemente vegetante in località S’ortu Mannu nel comune di Villamassargia (SU).

Sabato 7 aprile partecipa a Nova Agricoltura in Oliveto

Un’altro caso significativo della longevità della specie è quello localizzabile nella sub-regione della Marmilla, area collinare interna a matrice geologica calcarea situata al confine tra le province di Sud Sardegna e Oristano. Qui la coltivazione dell’olivo ha assunto particolare importanza durante la dominazione spagnola nei secoli XIV-XVII, di cui troviamo significativi esempi, ma esistono anche chiare tracce risalenti al secolo XIII di impianti realizzati in un periodo storico in cui l’influenza della Repubblica di Pisa era piuttosto forte su alcune porzioni del Giudicato di Cagliari e altre zone dell’isola di Sardegna. La peculiarità di questi impianti, realizzati “alla foggia dei pisani” è che gli olivi, ormai carichi di otto secoli di età sono stati impiantati utilizzando semenzali di selvatico cavati, trapiantati e innestati a chiudere un campo di limitate dimensioni, 1-2 ha al massimo. Questa tecnica chiamata in sardo “a incungiare”, ovvero “a chiudere” il fondo aveva una triplice funzione in un’epoca in cui il concetto di proprietà privata poteva risultare ancora piuttosto sfumato: affermare la proprietà del terreno, metterlo in coltura eliminando la vegetazione spontanea, piantare un oliveto consociato ad un seminativo o altra coltura nella zona circoscritta dagli olivi. Spesso altri olivi sono stati piantati nella zona centrale, talvolta anche in epoche molto antiche, mostrando una curiosa disetaneità tra centenari del bordo e del centro campo.
Altra pratica molto diffusa in questa ed altre zone della Sardegna è quella della proprietà legale degli alberi (cortatico) talvolta disgiunta da quella del terreno, a testimonianza dello straordinario valore economico che veniva attribuito in passato ad ogni singola pianta pluricentenaria di olivo. Le tracce di questa tradizionale forma di gestione della proprietà sono ben presenti in atti di compravendita, nei catasti agricoli dei comuni e in numerosi atti di donazione di singole piante ad enti benefici e religiosi.

Tutelare le radici

Il permanere della funzione economico-produttiva di alcune migliaia di olivi monumentali plurisecolari nei comuni di Genuri, Sini, Setzu, Tuili, Turri e Ussaramanna, propone sfide tecniche importanti legate alla loro sopravvivenza e valorizzazione paesaggistica in un contesto di trasformazioni del territorio e dell’ambiente sempre incombenti e pericolose. Appare piuttosto scontato che tali piante non possono sopportare cambiamenti repentini degli equilibri che riguardano l’apparato radicale. Il più rischioso è sicuramente il compattamento del suolo a seguito del cambiamento della destinazione d’uso dello stesso. L’oliveto diventa area urbanizzata o giardino, le strade di campagna vengono asfaltate e le radici devono fare i conti con infrastrutture sotterranee, mutilazioni, pavimentazioni, calpestio di uomini e veicoli. Il compattamento del suolo sottrae ossigeno alle radici e anche l’idea di irrigare abbondantemente le piante inglobate nei giardini può non essere apprezzabile a causa dell’enorme quantità di legno necrotico contenuto nei fusti, nelle branche e nelle radici principali. Queste importanti porzioni di tessuto sono facilmente preda di funghi lignicoli se le condizioni ambientali, soprattutto l’umidità degli stessi tessuti, ne consentono lo sviluppo. È solo il caso di ricordare come molti di questi agenti di degradazione del legno possano facilmente interessare anche i tessuti vascolari ancora efficienti.

Impatto dei tagli

La potatura di questi giganti è sicuramente un’operazione molto delicata, che può risultare fatale in molte situazioni. La tendenza dell’olivicoltura storica e marginale è verso la pratica di interventi sporadici, talvolta ogni 10 anni, molto sommari e drastici con asportazione quasi completa della chioma. I tagli sono spesso di branche di grande diametro grazie alla disponibilità delle motoseghe e la potatura assume la duplice funzione di avvicinare al suolo la porzione di chioma produttiva e fornire legna da ardere pregiata in grande quantità. La pianta, che ha nelle sue grandi dimensioni proprio una componente fondamentale della sua monumentalità, subisce un grave depauperamento del valore estetico a cui si aggiunge un notevole squilibrio fisiologico. Il tentativo di ricostituire la biomassa asportata dalla chioma comporta un notevole dispendio di sostanze di riserva e il blocco dell’accrescimento radicale. I risultati non sempre corrispondono all’ottimismo con cui i coltivatori guardano a questi patriarchi da sempre capaci di reagire agli insulti dell’uomo, della natura avversa e degli incendi. La pianta, spesso indebolita dalla siccità e dai parassiti mostra sovente una reazione stentata alle severe mutilazioni, con ricacci disordinati alla base del tronco che poco corrispondono all’esigenza di ricostituire una chioma produttiva. I grossi tagli delle branche, inoltre, sono rapida via d’ingresso per la carie del tronco che già si presenta più o meno cavo o ripieno di necromassa che renderà ancora più insicura la stabilità statica dell’architettura dell’intero albero.
Va rilevato, inoltre, che molti di questi atteggiamenti poco rispettosi dei relitti dell’olivicoltura storica derivano dallo scarso valore economico che gli vengono conferiti dagli stessi proprietari, che ancora faticano a riconoscere le valenze di tipo paesaggistico, ambientale, storico, culturale e naturalistico che sempre più le normative europee attribuiscono alle piante monumentali.
Il rispetto di assi vegetativi verticali in grado di esprimere una chiara dominanza è invece l’elemento fondamentale per il mantenimento di una struttura equilibrata dell’albero e per conferire alle branche principali il necessario vigore per cicatrizzare ferite anche importanti derivanti dall’alleggerimento del loro asse con tagli laterali ragionevoli. Questa cautela è anche l’unica soluzione per rispettare la monumentalità di una pianta sempreverde, in cui la completezza e la proporzione di un tronco maestoso non può tollerare l’assenza di una chioma di grande sviluppo. Ragionevoli e semplici dovrebbero essere i tagli con cui viene asportato il legno secco, i residui di branche cadute accidentalmente, i rami esauriti o dominati che tendono a pendere nelle parti inferiori della chioma, le biforcazioni evidenti e non funzionali all’equilibrio complessivo, i tagli di ritorno su branchette deboli per l’accorciamento bilanciato degli assi vegetativi.

Integrità del tronco

In senso generale, sono molto discutibili interventi di asportazione della necromassa legnosa (durame) dal centro del fusto e delle branche principali, così come la raschiatura delle zone oggetto di carie (slupatura) e magari il riempimento delle cavità con sostanze inerti. Questi interventi sono molto costosi e non sempre contribuiscono alla salute e alla stabilità degli alberi. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la morte dei tessuti del durame è naturale e accompagna la perdita di funzionalità dei tessuti conduttori xilematici. È la loro esposizione all’invasione fungina con il taglio delle branche principali alla base che espone queste zone all’acqua e all’aria favorendo lo sviluppo della carie. Quando l’albero ha un fusto già compromesso che si presenta cavo è meglio assicurarsi la sua stabilità ed evitare che l’acqua ristagni in cavità piuttosto che pensare di svuotarlo completamente e riempirlo artificialmente.

La potatura di alberi di grandi dimensioni presenta problemi di competenza professionale, necessità di attrezzature adeguate e indispensabili esigenze di sicurezza nell’esecuzione del lavoro. A tal fine sembra sicuramente positivo l’impegno dei servizi di assistenza tecnica per organizzare corsi di potatura dell’olivo specificamente destinati ai proprietari e operatori che intervengono su piante monumentali. La moderna tecnologia offre molte soluzioni importanti come strumenti di potatura montati su organi telescopici e carrelli elevatori per mettere gli operatori nelle migliori condizioni ergonomiche e di sicurezza. Altre cautele possono essere rappresentate dalla corretta esecuzione e protezione dei tagli di maggiore importanza con cautela nell’inclinazione della superficie di taglio e protezione temporanea con mastici adeguati.
Regolari cure contro i principali patogeni dell’olivo possono contribuire efficacemente anche al contenimento di agenti causali della carie o dei marciumi dell’apparato radicale, riducendo i rischi di diffusione di patogeni da ferita come la rogna. A questo proposito non si può dimenticare che i tagli sporadici su piante semiabbandonate possono costituire un elemento di diffusione di patogeni banali come l’agente della rogna. Trattamenti antiparassitari a base di prodotti cuprici sarebbero opportuni a seguire rispetto agli interventi cesori.

Olivi monumentali multifunzionali

Il mantenimento e la valorizzazione di piante di olivo monumentali pone numerosi problemi di tipo sociale, soprattutto quando le piante sono particolarmente numerose e risultano ancora perfettamente inserite in un contesto in cui la loro funzione produttiva è tutt’altro che trascurabile. Gli interessi dei proprietari possono trovarsi in contrapposizione rispetto a quello di amministrazioni volenterose o gruppi sociali sensibili alle possibilità di sviluppo offerte dalla tutela e valorizzazione dei beni ambientali e paesaggistici.
Il primo approccio necessario, quindi, è spesso di tipo partecipativo con un coinvolgimento della popolazione nel riconoscimento dei valori che gli alberi di olivo plurisecolari portano al di là della semplice capacità di produrre olive. Questa sensibilità sociale diffusa e necessaria non può essere scontata e spesso necessita di un approccio professionale competente e specifico.
La riconduzione, tramite la potatura, verso forme di allevamento che prevedano, rispettivamente, la raccolta manuale o meccanica possono agevolare la ricerca di un equilibrio tra le diverse destinazioni multifunzionali degli oliveti storici, senza mai privarli della monumentalità dei loro patriarchi.

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Leggi l’articolo completo su Olivo e Olio n. 2/2018

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Torna Nova Fienagione, macchine in campo e tavola rotonda https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-eventi-in-campo/nova-fienagione-macchine/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-eventi-in-campo/nova-fienagione-macchine/#respond Tue, 20 Mar 2018 17:17:58 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008635 Mercoledì 16 maggio 2018 alla coop Bonlatte di Manzolino (Mo) tutte le ultime novità per praticare una fienagione all'altezza delle filiere agroalimentari di qualità

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Mercoledì 16 maggio 2018 alla coop Bonlatte di Manzolino (Mo) tutte le ultime novità per praticare una fienagione all'altezza delle filiere agroalimentari di qualità

L’uso dei foraggi nell’alimentazione della bovina da latte, oltre a consolidare il legame tra il territorio e le produzioni tipiche, rappresenta la base per la produzione di latte di qualità destinato alla trasformazione in formaggi a denominazione di origine protetta, per esempio il Parmigiano Reggiano. Somministrati come fieni, apportano in stalla microflora utile e condizionano positivamente la fisiologia digestiva garantendo il corretto processo di ruminazione, funzionale al mantenimento degli animali in buono stato di salute. Inoltre, migliorare la qualità complessiva dei foraggi diventa la strategia più semplice per ridurre i costi di alimentazione, in quanto aumentano sia la digeribilità che la quantità degli alimenti ingeriti.

Guarda il video dell'edizione 2017

Macchine agricole evolute

La richiesta di una maggiore qualità e produttività in questo segmento sta portando gli imprenditori agricoli e zootecnici ad innovare, utilizzando macchinari, tecnologie e sistemi di controllo sempre più evoluti. L’influenza diretta della qualità dei foraggi sulla quantità e qualità del latte e di conseguenza del prodotto trasformato è ormai un fattore consolidato nella filiera lattiero-casearia e questa influenza è ancora più evidente nelle produzioni ad alto valore aggiunto, come le produzioni Dop.
Qualità che, sia per il latte quanto per il foraggio, è misurabile in termini assoluti e pertanto può portate ad una oscillazione molto importante del prezzo e di conseguenza determinare una redditività positiva o negativa per l’agricoltore e per l’allevatore.
Ma per fortuna la qualità dei foraggi non è un fattore che si “subisce” passivamente in fase di vendita del prodotto finito presso gli allevamenti, bensì un fattore sul quale l’agricoltore può incidere in maniera determinante con la propria competenza e professionalità e con un uso appropriato delle più innovative tecnologie oggi presenti sul mercato.
Tecnologie che passano per forza di cose dalla gestione in campo delle colture e che quindi, insieme al fattore agronomico, vede nella meccanizzazione agricola una componente fondamentale nella determinazione della qualità del prodotto finito.
Giusto grado di essiccazione, moderata aggressività degli elementi lavoranti sulle foglie, non inclusione di corpi estranei in fase di raccolta, velocità di avanzamento delle macchine e movimentazione delle balle, sensori di umidità, macchine che dialogano con la trattrice e viceversa, sono solo alcuni dei fattori legati alla meccanizzazione della fienagione che incidono in maniera fondamentale sulla qualità e sui quali c’è ancora molto potenziale inespresso.

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L'innovazione in campo

La seconda edizione di Nova Agricoltura Fienagione, che si terrà il 16 maggio prossimo presso l’azienda agricola Bonlatte di Castelfranco Emilia (Mo), vuole essere un momento di aggregazione per gli imprenditori attivi in questo business, con l’obiettivo di dare loro gli strumenti produttivi e gestionali idonei a migliorare le loro performance.
Organizzata da Nova Agricoltura (Edagricole) in collaborazione con la Soc. Coop. Agricola Bonlatte di Castelfranco Emilia, il Crpa di Reggio Emilia e Progeo, l’iniziativa proporrà temi quali: falciatura, ranghinatura, condizionatura, andanatura, raccolta, pressatura, movimentazione balle, essiccatura. E vedrà esposte tutte le attrezzature proprie della filiera del foraggio: farciatrici, voltaforaggio, condizionatrici, falciacondizionatori, ranghinatori, andanatrici, presse, macchine per la raccolta, imballatrici, trattori, sensori di umidità, carri autocaricanti, telescopici, caricatori.

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L’appuntamento è per le ore 9.00, con la registrazione dei partecipanti. Si potranno vedere esposte (ma soprattutto al lavoro, dalle ore 9.30 alle ore 12.30 circa) tutte le attrezzature della filiera del foraggio: falciatrici, falciacondizionatrici, voltaforaggio, andanatori, rotopresse, big baler, carri autocaricanti, telescopici, caricatori, trattori, sensori di umidità, sensori Nir.
La giornata tecnica continuerà al pomeriggio, dalle ore 14 alle ore 16, con una tavola rotonda dove tre dei principali esperti della questione discuteranno di raccolta, qualità e utilizzazione del foraggio. Si tratta rispettivamente di Fabrizio Ruozzi, tecnico Crpa, del professor Andrea Formigoni, dell’Università di Bologna, di Marco Nocetti, responsabile del servizio tecnico del Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Infine, dalle ore 16.00 alle ore 17.00, verranno effettuate visite guidate alle strutture produttive del grande allevamento di bovine da latte “Oppio”, della cooperativa Bonlatte.

Save the date

DOVE: Az. Agr. Bonlatte, Castelfranco Emilia (Mo)

QUANDO: 16 maggio 2018.

COLTURE TARGET: colture da foraggio. Si tenga presente che in occasione della manifestazione la coltura in atto sarà esclusivamente Erba Medica (in primo sfalcio).

FOCUS SUI TEMI: falciatura, ranghinatura, condizionatura, andanatura, raccolta, pressatura, movimentazione balle, essiccatura.

TECNOLOGIE ESPOSTE: tutte le attrezzature proprie della filiera del foraggio: farciatrici, voltaforaggio, condizionatrici, falciacondizionatori, ranghinatori, andanatrici, presse, macchine per la raccolta, imballatrici, trattori, sensori di umidità, carri autocaricanti, telescopici, caricatori.

NOTE: la manifestazione si svolgerà in collaborazione con la Soc. Coop. Agricola Bonlatte di Castelfranco Emilia, il Crpa di Reggio Emilia e Progeo.

Per ulteriori informazioni:
e-mail: eventi.edagricole@newbusinessmedia.it
Tel: 051.6575913;

Altre info nel “save the date” pubblicato in questo numero di IZ a pagina 87.

 

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Contoterzisti, agricoltura 4.0 necessaria per restare sul mercato https://terraevita.edagricole.it/featured/contoterzisti-agricoltura-4-0-necessaria/ https://terraevita.edagricole.it/featured/contoterzisti-agricoltura-4-0-necessaria/#respond Mon, 12 Mar 2018 11:23:05 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008094 Il coltivatore del futuro non raccoglierà soltanto grano, ma soprattutto dati. Terzisti, agricoltori e mondo della ricerca riuniti in un convegno a Lodi.

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Il coltivatore del futuro non raccoglierà soltanto grano, ma soprattutto dati. Terzisti, agricoltori e mondo della ricerca riuniti in un convegno a Lodi.

Agricoltura 4.0: se ne sente parlare a ogni piè sospinto, ma raramente se ne approfondiscono natura e possibili effetti sul lavoro di tutti i giorni. Eppure, stando a quanto dicono tutti gli esperti, la nuova rivoluzione è ormai alle porte, anzi per certi aspetti è già una realtà.
Un incontro sul tema si è svolto a fine febbraio in provincia di Lodi. Lo ha organizzato la locale associazione dei contoterzisti. «Ci sono voluti oltre mille anni per passare dall’agricoltura 1.0 alla 2.0, caratterizzata dall’impiego dei moderni fertilizzanti e dall’adozione di attrezzature avanzate. In cento anni siamo arrivati all’agricoltura 3.0 e il passaggio alla 4.0 sarà così repentino che chi non si adeguerà andrà rapidamente fuori mercato», ha ricordato nella sua introduzione il presidente Giuliano Oldani. Macchine, persone e asset che si parlano e collaborano per migliorare la produzione agricola: questa, in sintesi, la definizione di Agricoltura 4.0 emersa dall’incontro. Secondo Alessandro Rota, presidente della Coldiretti di Milano e Lodi, è uno strumento per arrivare a un’agricoltura più efficiente. «La vera sfida – ha continuato Rota – sarà la valorizzazione dell’uomo e non la sua sostituzione con i robot, come molti temono». Il suo parigrado per Confagricoltura, Antonio Boselli, si è detto convinto che il leit motiv del prossimo futuro sarà la sostenibilità, perché «se da un lato dobbiamo imparare a produrre ciò che vuole il consumatore, dall’altro dobbiamo rendere appetibili i nostri prodotti, spiegando all’opinione pubblica, per esempio, che senza la chimica non c’è raccolto e che le mele di oggi sono più sicure di quelle di 40 anni fa».

contoterzisti

Dati come merce

Di certo, l’agricoltura del futuro non raccoglierà soltanto grano, ma soprattutto dati. Tutte le informazioni prodotte dalle macchine evolute, infatti, rappresentano la spina dorsale dell’Agricoltura 4.0, a patto di saperle gestire e valorizzare. «I dati sono oro», sostiene Damiano Frosi, ricercatore del Politecnico di Milano e membro di Smart Agrifood. «Dati meteo, dati delle lavorazioni, dati sull’immagazzinamento. I dati non raccolti non hanno valore, così come i dati raccolti e non analizzati. I dati analizzati in modo settoriale e non condivisi hanno un valore basso. Il vero valore è nella condivisione, attraverso un sistema che li integri tutti, permettendo di prendere decisioni ponderate».
Il fatto che i dati abbiano un valore introduce quello che è il vero problema relativo alla loro gestione: a chi appartengono? «Questione dibattuta e non ancora risolta, anche se alcuni studi attribuiscono la proprietà ai costruttori delle tecnologie di raccolta», ha precisato Frosi. Indipendentemente da chi sia il proprietario, il vero valore dei dati è nella loro messa in circolazione. Come ha detto Maria Pavese, ingegnere e ricercatrice del Politecnico, se privato dei dati il trattore diventa un pezzo di ferro qualsiasi. «Tuttavia è importante che i dati siano condivisi e non soltanto raccolti. Per questo motivo il decreto dell’iper e super ammortamento prevede risparmi fino al 30% per chi si dota di queste tecnologie e un credito d’imposta fino al 40% per la formazione del personale sui temi dell’agricoltura 4.0». Le conclusioni sono riservate al presidente Uncai Aproniano Tassinari, secondo cui «I dati sono essenziali nella moderna agricoltura, ma se non opportunamente trattati, rappresentano soltanto una perdita di tempo».

Un presente che già guarda avanti

Si parla di Agricoltura 4.0 come di una eventualità futura, ma in molti casi rappresenta già il presente. Rossano Remagni Buoli, vicepresidente dell’associazione dei contoterzisti cremonesi, per esempio ha abbandonato l’uso del trampolo per il trattamento della piralide, sostituendolo con i droni. «L’ho fatto in primo luogo per tutelare la salute dei miei dipendenti e poi per la qualità del risultato», spiega. Invece Tito Caffi, ricercatore presso l’Università Cattolica di Piacenza, ricorda che tutto il malto prodotto oggi in Italia è coltivato con un sistema decisionale creato dallo spin off di cui fa parte e che l’obiettivo è arrivare al punto in cui il trattore aggiornerà automaticamente il quaderno di campagna e riceverà in tempo reale le informazioni aggiornate sul suo terminale.

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Start up, ecco “cinque stelle” dell’innovazione in agricoltura https://terraevita.edagricole.it/featured/start-up-cinque-stelle-innovazione/ https://terraevita.edagricole.it/featured/start-up-cinque-stelle-innovazione/#respond Thu, 01 Mar 2018 16:15:33 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008544 Ecco alcune novità per il settore agricolo che possono migliorare la redditività e ridurre l'impatto ambientale, realizzate da start up venete

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Ecco alcune novità per il settore agricolo che possono migliorare la redditività e ridurre l'impatto ambientale, realizzate da start up venete

Monitoraggio del suolo e dell'ambiente, micropropagazione, macchine intelligenti e gestione dei dati. Sono i cinque campi dove operano le start up presentate nel corso di Agri Startup Day 2018, organizzato da Veneto Agricoltura in collaborazione con Galileo Visionary District e Start Cube, con l’obiettivo di presentare al mondo agricolo novità innovative. Del resto l'Italia è uno dei Paesi più attivi nello sfornare start up che offrono soluzioni innovative per l'agricoltura anche se queste tecnologie fanno ancora fatica a imporsi nei campi. Ecco una rassegna delle cinque aziende.

Ez Lab e AgriOpenData

EZ Lab è una start up specializzata nello sviluppo di soluzioni informatiche avanzate nel campo dello ​S​mart A​gri-food per il supporto e il potenziamento del settore agroalimentare. Ha sede a Padova presso lo Start Cube - Incubatore Universitario d’Impresa Innovativa, e una seconda sede operativa a San Francisco (CA) per l’applicazione del software nel mercato statunitense.
AgriOpenData è la prima piattaforma​ online per la tracciabilità e la certificazione dei prodotti agricoli e dell’intera filiera agroalimentare, che sfrutta l’utilizzo della tecnologia Blockchain e degli Smart Contracts come sistema di sicurezza per la gestione di transazioni automatiche. Grazie all’integrazione del blockchain è possibile valorizzare la produzione agricola di qualità (specialmente biologica), ​ridurre i consumi energetici ​e allo stesso tempo garantire in massima trasparenza la sicurezza alimentare al consumatore finale (tramite QR Code o RFID), certificando tutti i passaggi del processo di produzione: dalla provenienza ai trattamenti utilizzati, dalla trasformazione della materia prima fino alla distribuzione nella gdo.

Archetipo per la precision farming                                                      

Archetipo è una start up specializzata nello sviluppo e nell'applicazione di servizi mediante droni. Nasce nel 2015 dall’idea di 5 archeologi professionisti che partendo dal proprio background formativo, hanno indirizzato le specifiche competenze verso lo sviluppo di nuovi sistemi di telerilevamento per ottimizzare il rilievo e la rielaborazione di dati e immagini. Archetipo opera in diversi settori svolgendo lavori di rilievo di alta precisione (architettonico, topografico e di infrastrutture), di gestione e monitoraggio territoriale, in particolare nel settore dell'energia e del fotovoltaico, e di monitoraggio ambientale in particolare nel campo dell’agricoltura di precisione.
Grazie alla possibilità di montare a bordo dei propri droni apparecchiature elettroniche e diverse tipologie di sensori ottici, Archetipo esegue monitoraggi completi delle colture, rilevando dati sulla crescita e sulla salute delle piante, sull’umidità del suolo, sulla presenza di azoto in campo e sulle aree soggette a stress idrici. Dalla rielaborazione delle immagini raccolte vengono quindi prodotte mappe di prescrizione che possono essere caricate su macchine operatrici automatizzate guidando gli interventi sul campo in modo mirato con un conseguente risparmio nell’utilizzo di prodotti agronomici e di acqua.

Diflora e la micropropagazione

Diflora è un laboratorio di micropropagazione nato nel 2014 dalla passione per le piante carnivore e la propagazione in vitro. L’attitudine alla sperimentazione, che da sempre caratterizza i membri del gruppo, ha portato alla realizzazione di un sistema innovativo per la micropropagazione di giovani piante. In seguito ai promettenti risultati ottenuti, è nata l’idea di un progetto che possa estendersi oltre il settore delle piante ornamentali. Composta da Valerio Guidolin, esperto di propagazione in vitro, e Sara De Bortoli, specializzata in fisiologia vegetaleOggi Diflora, oggi Diflora lavora per realizzare un laboratorio professionale in Veneto che possa offrire servizio utile ai produttori del territorio.
Diflora ha creato un bioreattore innovativo che rivoluziona il metodo di propagazione permettendo di produrre un gran numero di piante con pochissime ore di manodopera. Il sistema è risultato vantaggioso per alcune specie ornamentali e sono attualmente in corso i test con alcune varietà orticole e frutticole. L’obiettivo è quello di offrire giovani piante micropropagate a prezzi competitivi per poter dare un contributo significativo nel campo dell’agricoltura.

Le sarchiatrici intelligenti di Drimac Srl

Drimac S.r.l. è una start up che sviluppa sarchiatrici di precisione interfila e interpianta customizzate. L’idea nasce molto tempo prima della costituzione effettiva della società, nel marzo 2016. I primi prototipi e il conseguente brevetto per invenzione industriale del sistema di zappatura risalgono al 2012. Le macchine serie ZIP sono attrezzature agricole innovative per il diserbo meccanico. Grazie a un particolare sistema oleodinamico, riescono ad arieggiare il terreno tra pianta e pianta di una coltivazione eliminando le infestanti senza danneggiare la coltura, consentendo di non impiegare diserbanti chimici.
Dimac offre sarchiatrici plurimodulari (da 1 a 3) funzionali, leggere e di dimensioni compatte, collegabili a trattori anche di piccole dimensioni. In un solo passaggio quindi si ottiene la sarchiatura tra piante e tra le file, azzerando i costi di manodopera e di prodotti chimici, riducendo drasticamente i tempi di intervento per la lavorazione. Drimac ha al suo interno un team prevalentemente giovane di tecnici e progettisti che grazie al loro know how e la loro esperienza interdisciplinare, riescono ad ottimizzare le richieste della committenza adottando soluzioni personalizzate.

Studio tecnico Envicom Associati

Lo Studio Envicom Associati nasce nel febbraio 2015 dall’incontro di tre geologi appartenenti a discipline diverse con l’obiettivo di condividere le esperienze di settore e diversificare il servizio di consulenza. La start up è in grado di fornire a chi opera nel settore dell’agricoltura servizi di consulenza, progettazione e realizzazione come pprovvigionamento idrico (progettazione di pozzi per acqua; qualità ambientale dei terreni e delle acque (stesura di piani di caratterizzazione ambientale; topografia e pianificazione (creazione e gestione di database geografici); proprietà dei terreni ai fini edificatori.

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Nova Agricoltura in oliveto, ecco i temi della terza edizione https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-oliveto/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-oliveto/#respond Wed, 28 Feb 2018 15:43:02 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008522 Appuntamento per tutti gli olivicoltori innovatori sabato 7 aprile a Cerchiara di Calabria con la terza edizione dell'evento in campo organizzato da Edagricole e Arsac. In contemporanea si svolgerà la finale del campionato italiano di potatura.

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Appuntamento per tutti gli olivicoltori innovatori sabato 7 aprile a Cerchiara di Calabria con la terza edizione dell'evento in campo organizzato da Edagricole e Arsac. In contemporanea si svolgerà la finale del campionato italiano di potatura.

Difesa, varietà autoctone, meccanizzazione e irrigazione. Ma anche gestione del suolo e della chioma, nutrizione, raccolta, spremitura e qualità dell’olio. Si parlerà di tutti i temi chiave dell’olivicoltura moderna durante la terza edizione di Nova Agricoltura in Oliveto, la manifestazione organizzata da Edagricole e Nova Agricoltura in collaborazione con Arsac (l’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese) e Assam (l’Agenzia Servizi al Settore Agroalimentare delle Marche), in programma sabato 7 aprile a Cerchiara di Calabria in provincia di Cosenza, all’interno del parco nazionale del Pollino. Come di consueto, durante la giornata si svolgerà anche la finale del campionato nazionale di potatura dell’olivo allevato a vaso policonico “Forbici d’oro”, giunto quest’anno alla sedicesima edizione.

Iscriviti all'evento

La gara e i laboratori

Avvolti dalla suggestiva cornice di Palazzo Pignatelli e ospiti dell’azienda agricola Piana di Cerchiara, imprenditori olivicoli, tecnici ed esperti di vario genere, potatori e appassionati di olivicoltura, potranno trascorrere una giornata di formazione e aggiornamento, grazie alle numerose attività in programma. Si comincerà con la finale del campionato nazionale di potatura, durante la quale i concorrenti in arrivo da tutta Italia sopo aver superato le selezioni regionali, si sfideranno potando tre piante ciascuno, cercando di dare alle chiome la forma del vaso policonico, con a disposizione un tempo massimo di 10 minuti a pianta.
Durante lo svolgimento della gara di potatura saranno allestiti laboratori su diverse tematiche condotti dai tecnici divulgatori di Arsac. In quello dedicato alla difesa biologica e integrata, si parlerà del monitoraggio a trappole con feromoni sessuali, della funzione del rame, del microscopio per la diagnosi fitosanitaria e delle piastre elisa per il monitoraggio della Xylella. I fari saranno puntati anche sulla nutrizione vegetale, perciò si discuterà di analisi del suolo, fertilizzanti biologici e convenzionali, fogliari corroboranti, compostaggio dei residui di potatura e spandimento dei reflui oleari. Non mancheranno le sezioni riservate alla gestione della chioma e del suolo, durante le quali si parlerà di tecniche irrigue e agronomiche e saranno mostrate le attrezzature necessarie per l’esecuzione delle lavorazioni, come trince, erpici, erpici scavallatori, impianti a microportata, doctor fly, irroratrici a medio e basso volume, forbici, seghe, prolunghe, ecc… Spazio sarà dato anche alla qualità dell’olio e all’analisi sensoriale.

Il professor Riccardo Gucci, direttore scientifico della rivista Olivo e Olio

Il convegno e la tavola rotonda

Dopo il pranzo offerto dagli organizzatori, il programma del pomeriggio prevede un convegno che avrà come filo conduttore la valorizzazione e modernizzazione dell’olivicoltura calabrese nel solco della sostenibilità. In scaletta interventi di Veronica Vizzarri (Crea, Rende) che parlerà di difesa; Enzo Perri (Crea, Rende), che tratterà di nuove varietà; Bruno Bernardi e Giuseppe Zimbalatti (Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria), discuteranno di meccanizzazione; Riccardo Gucci (Università di Pisa) e direttore scientifico della rivista Olivo e Olio, si concentrerà sull’irrigazione, mentre Barbara Alfei (Assam), divulgherà i risultati del campionato nazionale di potatura e farà una rassegna degli oli monovarietali.
Al termine ci sarà una tavola rotonda dove gli esperti si confronteranno sulle tendenze dell’olivicoltura italiana e calabrese in particolare, su competitività del settore e nuove sfide imposte soprattutto dai cambiamenti climatici. E ancora, si discuterà degli aspetti tecnici che dovranno supportare la valorizzazione del patrimonio varietale calabrese, anche in vista del recente della denominazione Igp Calabria e dello sviluppo della produzione biologica.
Questo il programma della giornata nel dettaglio: ore 8,30: registrazione dei partecipanti alla finale del campionato nazionale di potatura; ore 9,00: registrazione dei visitatori; ore 9,30 – 11,15: finale del campionato di potatura e dimostrazione di potatura; ore 10,00 – 13,00: guidati dagli esperti di Arsac si potranno vedere i cantieri di lavorazione su terreno, esempi di nutrizione, gestione della chioma, raccolta e valorizzazione dei residui di coltura per finalità energetiche; ore 13: merenda del potatore: pranzo offerto dagli organizzatori ai finalisti del campionato e a tutti i visitatori; ore 14 convegno e tavola rotonda. Al termine del simposio ci sarà la proclamazione dei vincitori del 16esimo campionato di potatura dell’olivo a vaso policonico.
Per tutta la mattinata si potranno visitare gli stand di aziende che esporranno attrezzature e macchine per l’olivicoltura.

Nova Agricoltura in Oliveto 2018

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Metti in agenda i nostri appuntamenti per scoprire come l’ innovazione può migliorare il tuo modo di fare agricoltura. Quest’anno Nova Agricoltura e Terra è Vita ti offrono ben 6 occasioni gratuite di formazione in campo.

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Per informazioni:

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Difesa dalla peronospora, scoperto il ruolo dei composti volatili https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/difesa-peronospora/ https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/difesa-peronospora/#comments Mon, 26 Feb 2018 09:42:26 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008245 La ricerca aggiunge rilevanti conoscenze sui meccanismi di autodifesa della vite dalla peronospora e potrà avere importanti ricadute nella lotta contro questo patogeno, riducendo l’utilizzo di fungicidi

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La ricerca aggiunge rilevanti conoscenze sui meccanismi di autodifesa della vite dalla peronospora e potrà avere importanti ricadute nella lotta contro questo patogeno, riducendo l’utilizzo di fungicidi

Dopo il recente sequenziamento del genoma della peronospora un'altra importante ricerca condotta dalla Fem approfondisce le conoscenze mirate alla difesa da questo  patogeno. I ricercatori della Fondazione Edmund Mach, in collaborazione con il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente e l’Università di Risorse Naturali e Scienze della Vita di Vienna, hanno scoperto che i composti volatili, ovvero le sostanze che dalla pianta si diffondono nell'aria, giocano un ruolo importante nella difesa  dalla peronospora. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Scientific Reports (gruppo Nature), aggiunge importanti conoscenze sui meccanismi di autodifesa della vite e potrà avere importanti ricadute nella lotta contro questo patogeno, riducendo così l’utilizzo di fungicidi.

La difesa "sociale" dalla peronospora

I ricercatori (Valentina Lazazzara, Christoph Bueschl, Alexandra Parich, Ilaria Pertot, Rainer Schuhmacher, Michele Perazzolli), hanno condotto lo studio nelle serre della Fondazione Mach sulle viti resistenti e hanno potuto osservare che le piante resistenti a una delle più importanti malattie della vite,  producono, in risposta all'infezione, composti volatili che si diffondono nell’ambiente e inibiscono il patogeno e quindi bloccano l’infezione.
I composti organici volatili (COV) svolgono un ruolo cruciale nella comunicazione delle piante con altri organismi e sono possibili mediatori della difesa delle piante contro i fitopatogeni. Sebbene il ruolo dei metaboliti secondari non volatili sia stato ampiamente caratterizzato nei genotipi resistenti, il contributo dei COV ai meccanismi di difesa della vite contro la peronospora (causata da Plasmopara viticola) non era ancora stato studiato. In questa ricerca, più di 50 COV da foglie di vite sono stati annotati E identificati mediante analisi gas-cromatografia di gas a fase solida in fase solida-spettrometria di massa. Seguendo l'inoculazione di P. viticola, l'abbondanza della maggior parte di questi COV era maggiore nei resistenti (BC4, Kober 5BB, SO4 e Solaris) rispetto ai genotipi sensibili (Pinot nero). Il meccanismo di post-inoculazione includeva l'accumulo di 2-etilfurano, 2-feniletanolo, β-cariofillene, β-ciclocitrico, β-selinene e trans-2-pentenal, che hanno dimostrato attività inibitoria contro le infezioni da peronospora nelle sospensioni acquatiche. Inoltre, lo sviluppo dei sintomi della peronospora è stato ridotto su dischi fogliari di vite sensibili esposti all'aria trattati con 2-etilfurano, 2-feniletanolo, β-ciclocitrico o trans-2-pentenale, indicando l'efficacia di questi COV rispetto a P. viticola in ricevitori di tessuti vegetali. I dati suggeriscono che i COV contribuiscono ai meccanismi di difesa delle viti resistenti e che possono inibire lo sviluppo dei sintomi della peronospora sia nell'emissione che nella ricezione dei tessuti.

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L’appello all’Ue: «Portare l’innovazione a casa degli agricoltori» https://terraevita.edagricole.it/pac-psr-csr/appello-ue-innovazione/ https://terraevita.edagricole.it/pac-psr-csr/appello-ue-innovazione/#respond Mon, 19 Feb 2018 14:52:46 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008386 Il professor Michele Pisante, membro del comitato scientifico di Nova Agricoltura, commenta la comunicazione della Commissione Ue sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura: servono strumenti finanziari per favorire l'innovazione, non solo tecnologica ma anche di competenze

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Il professor Michele Pisante, membro del comitato scientifico di Nova Agricoltura, commenta la comunicazione della Commissione Ue sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura: servono strumenti finanziari per favorire l'innovazione, non solo tecnologica ma anche di competenze

La recente comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni è intitolata “Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura”. È sorprendente come la politica agricola comunitaria, la più anziana dell’Unione europea, nel tempo si sia rivolta in ogni modo e occasione possibile ad assegnare aggettivi e compiti all’agricoltura, conseguentemente agli agricoltori, senza affrontare con responsabilità e concretezza la diversità degli aspetti peculiari delle agricolture degli Stati Membri, aumentati dalle tendenze dei tempi e dai successivi allargamenti.

Il titolo della comunicazione lascia presagire l’ennesimo strabismo delle politiche dirigiste europee che nell’invertire l’ordine degli obiettivi rimandano le sfide contemporanee, non meno quelle dell’imminente futuro, a enunciazioni generiche, piuttosto di pianificare con determinazione le azioni da mettere in campo nel breve periodo. Sì in campo, perché a questo spazio vivo e simbolico, unico e prezioso, l’agricoltura deve necessariamente ancorare il suo futuro e invertire le pericolose deviazioni subìte negli anni, impiegando razionalmente le innovazioni disponibili e sostenere costantemente la ricerca scientifica per produrre sempre più alimenti di qualità, salubri e nel contempo tutelare le risorse naturali sempre più compromesse.

Quindi, alla pratica delle consultazioni si affianchi un programma strategico di sviluppo dell’agricoltura che preveda il trasferimento capillare delle innovazioni direttamente agli agricoltori sostenuto da adeguati investimenti, soprattutto in formazione e infrastrutture, individuando chiaramente, in una visione unificatrice degli obiettivi, il suo ruolo centrale e insostituibile.

Questa prospettiva è tanto opportuna quanto necessaria, in particolare nel nostro Paese, per ammodernare e attuare con decisione l’invocata flessibilità e semplificazione. Gli strumenti sono disponibili e laddove occorre possono essere messi a punto, per adeguarli alle diverse scale dell’agricoltura dei territori, in modo da riequilibrare le ben note differenze che la globalizzazione ha determinato nel recente passato, con evidente marginalizzazione dell’agricoltura professionale. A questa va rivolta una speciale attenzione, abilitando tutte le tecnologie disponibili per continuare a fare l’uso migliore delle conoscenze, senza alcuna riserva, per fronteggiare avversità, problematiche emergenti ed evitare l’ulteriore impoverimento del comparto.

Michele Pisante

Attualmente le nuove biotecnologie, l’agricoltura conservativa, di precisione e digitale offrono alcune delle innovazioni in grado di avanzare progressivamente nei diversi ambiti complementari del sistema, con l’obiettivo di ridurre la variabilità e l’instabilità delle produzioni, nel contempo rendere più attrattivo il settore per i giovani.

Poiché risulterà determinante il loro coinvolgimento, da cui dipende in larga parte il futuro dell’agricoltura, risultando prioritario elevare le competenze, maggiormente qualificate e trasversali, offrire nuovi strumenti finanziari e adeguare le garanzie di protezione sociale soprattutto nella fase iniziale d’ingresso o subentro generazionale.

* Professore ordinario di Agronomia dell’Università di Teramo e membro del Comitato scientifico di Nova Agricoltura

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Difesa della vite, un ciclo di incontri per spiegare le innovazioni https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/difesa-della-vite-un-ciclo-incontri/ https://terraevita.edagricole.it/viticoltura/difesa-della-vite-un-ciclo-incontri/#comments Mon, 19 Feb 2018 13:30:52 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008384 Il sei marzo primo appuntamento con i Demodays 2018 organizzati da Horta a Res Uvae per divulgare le novità disponibili per combattere peronospora, botrite e oidio

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Il sei marzo primo appuntamento con i Demodays 2018 organizzati da Horta a Res Uvae per divulgare le novità disponibili per combattere peronospora, botrite e oidio

L’aumento esponenziale delle malattie degenerative della vite, e in particolare del mal dell’esca. La soluzione dei concimi idrosolubili in fertirrigazione per migliorare la nutrizione del vigneto, svincolandosi dagli andamenti meteo. L’evoluzione della difesa dal classico trittico di patogeni fungini:oidio, peronospora e botrite. La svolta della gestione meccanizzata del sottofila e le alternative al classico diserbo con glifosate. Sono gli argomenti di “Vigneto 2020”, il ciclo di eventi organizzati da Horta a Res Uvae, l’azienda dimostrativa con sede a Castell’Arquato (Pc) nell’ambito dei Demodays 2018. Iniziative a cui Nova Agricoltura e Terra e Vita danno il loro contributo attraverso un’inedita partnership di comunicazione con Horta. Una collaborazione basata su esperienze di convergenza multimediale video-carta-social media per contribuire a una maggiore diffusione e impatto dei temi trattati a Res Uvae.

La chiave della sostenibilità

«La difesa delle colture sta cambiando – spiega Vittorio Rossi, professore ordinario di Patologia Vegetale del Di.Pro.Ve.S. dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e socio fondatore dello spin off Horta –. Il paradigma della sostenibilità spinge ad integrare le soluzioni agronomiche, chimiche e biologiche più avanzate individuando i tempi e le modalità più opportune anche grazie all’evoluzione delle tecnologie digitali. Il vigneto fa spesso da battistrada a questa evoluzione e per stare al passo con le performance economiche, ambientali e sociali richieste occorre investire in formazione e informazione». La partnership tra Horta Nova Agricoltura e Terra e Vita punta proprio a questo: dare maggiore risalto all’innovazione attraverso articoli anticipatori su carta, iniziative di direct e-mailing, dirette social e diffusione di video sui canali youtube delle nostre riviste e del sito Nova Agricoltura. Un’evoluzione del format che incide anche sui contenuti. Il modello dei Demodays si presta perfettamente a questo modello. Si tratta infatti di un’iniziativa che nasce dall’esigenza di trasferire su larga scala, e in modo efficace, l’innovazione, facendo “toccare con mano” le proposte provenienti dalla ricerca e dai fornitori di mezzi tecnici. Il contesto è quello dell’innovazione del processo produttivo, in cui le singole proposte tecniche si integrano in modo sinergico.

Si parte con la dendrochirurgia

Gli appuntamenti di Vigneto 2020, in particolare, raccolgono tutti gli stimoli provenienti dalle aziende vitivinicole più evolute nel campo della difesa e della nutrizione della vite per realizzare gli obiettivi prefissati dal Pan, piano d’azione sugli usi sostenibili e corrispondere alla crescente richiesta di sostenibilità che si avverte in particolare nei principali mercati del nostro vino. Dal 2016 a oggi a Res Uvae sono stati organizzati 20 eventi con 500 partecipanti e 1.600 visualizzazioni di dirette streaming. Partecipare permette di essere aggiornati sulle soluzioni oggi disponibili per affrontare i singoli temi proposti con le recenti acquisizioni della ricerca e le proposte dai fornitori di servizi, mezzi tecnici, macchine e componenti. Accrescendo le proprie competenze su temi di stretta attualità come la dendrochirurgia: è la tecnica più efficace per combattere il mal dell’esca? Basta asportare la parte intaccata dal complesso di funghi associato a questa patologia per eliminare totalmente la fonte d’inoculo? La risposta il 6 marzo a Res Uvae.

Gli eventi in programma

6 marzo Vigneto_2020: come gestire le malattie del legno clicca qui per iscriverti

5 aprile Vigneto_2020: concimi idrosolubili e la fertirrigazione per migliorare la nutrizione della vite

19 aprile Vigneto_2020: difesa dall’oidio

10 maggio Vigneto_2020: difesa dalla botrite

28 giugno Vigneto_2020: difesa peronospora

11 ottobre Vigneto_2020: le alternative al glifosate

25 ottobre Vigneto_2020: Fallanze: cause, gestione e rimpiazzi

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Mais Ogm, più resa e meno tossine. Lo dimostra uno studio italiano https://terraevita.edagricole.it/biotecnologie/mais-ogm-piu-resa-meno-tossine-studio-italiano/ https://terraevita.edagricole.it/biotecnologie/mais-ogm-piu-resa-meno-tossine-studio-italiano/#respond Fri, 16 Feb 2018 14:48:12 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40423056 Ricerca coordinata dall'Università di Pisa su 21 anni di dati sulle coltivazioni Ogm. Cia e Confagrcoltura: Italia investa in ricerca e innovazione. Scettica Coldiretti

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Ricerca coordinata dall'Università di Pisa su 21 anni di dati sulle coltivazioni Ogm. Cia e Confagrcoltura: Italia investa in ricerca e innovazione. Scettica Coldiretti

Rese in granella superiori dal 5,6 al 24,5% rispetto agli ibridi convenzionali, con concentrazioni inferiori di micotossine del 28,8%, fumonisina del 30,6% e tricoteceni del 36,5%. Ma anche minore incidenza della diabrotica dell'89,7%. Inoltre, non c’è alcuna evidenza di rischio per la salute umana, animale o per l'ambiente. Questo il verdetto sul mais Ogm emesso da una ricerca che ha raccolto dati relativi a 21 anni di coltivazioni in tutto il mondo. Pubblicato sulla rivista Scientific Reports e coordinato dall’Italia, con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa, lo studio è il primo ad analizzare le ricerche condotte in pieno campo tra il 1996, anno di inizio della coltivazione del mais transgenico, e il 2016. I dati provengono da Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa, Australia. Per mancanza di bibliografia (sull'argomento esiste solo una ricerca: Accinelli, C., Abbas, H. K., Vicari, A. & Shier, W. T. Aflatoxin contamination of corn under different agro-environmental conditions and biocontrol applications. Crop Protection 63, 9-14, 2014), non è stato possibile per gli studiosi valutare l’effetto (Ogm) sul contenuto in aflatossine.

Da sinistra Elisa Pellegrino, Stefano Bedini, Marco Nuti, Laura Ercoli

Nessuna controindicazione

«Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente», ha detto la coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna. Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.
Tutti gli autori rilevano che lo studio ha riguardato esclusivamente l'elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l'interpretazione politica dei medesimi e ritengono che i dati appena pubblicati permettono di trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate. Dall'analisi di 11.699 dati raccolti in ricerche condotte in pieno campo in tutti i cinque continenti e contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6 al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi per i raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%). Inoltre, le varietà transgeniche non hanno effetto sugli organismi non-target (cioè non bersagli della modificazione genetica), tranne la naturale diminuzione del “Braconide parassitoide” dell’insetto dannoso target “Ostrinia nubilalis”. Non sono state rilevate alterazioni dei cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di CO2 dal suolo.

L'impatto delle coltivazioni di mais geneticamente modificato nel mondo

Gli Ogm nel mondo: centuplicati in 20 anni

Quelle Ogm sono le colture che il mondo agricolo ha adottato rapidamente: dal milione e mezzo di ettari del 1996 ai 185,1 milioni di ettari nel 2016, pari al 12% delle coltivazioni; di queste oltre la metà (54%) si trova nei Paesi in via di sviluppo. Il mais considerato nello studio è una delle quattro principali colture, accanto a soia, colza e cotone, che sono state modificate in modo da resistere a erbicidi (95,9 milioni di ettari, pari al 53%), insetti (25,2 milioni di ettari, pari al 14%) e per avere entrambe le funzioni (58,5 milioni di ettari, 33%). Rispetto al 2015 c'è stato un aumento di 5,4 milioni di ettari (3%), secondo un documento pubblicato sulla rivista GMO Crops & Food, da Rhodora R. Aldemita e Randy A. Hautea, dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (Isaaa).
«Si tratta dell’area più estesa destinata alla coltivazione di colture biotecnologiche dal loro primo anno di commercializzazione, nel 1996, quando la superficie complessiva era pari a appena 1,7 milioni di ettari - ha dichiarato il coordinatore globale della Isaaa Hautea - nel rapporto annuale dell’organizzazione. Nell’arco di 21 anni c'è stato un incremento di 110 volte, che fa delle colture Ogm la tecnologia agricola adottata più rapidamente negli ultimi tempi».
Gli Ogm si coltivano in 26 stati, di cui 19 in via di sviluppo. Brasile, Stati Uniti, Canada, Sudafrica, Australia, Bolivia, Filippine, Spagna, Vietnam, Bangladesh, Colombia, Honduras, Cile, Sudan, Slovacchia, e Costa Rica hanno tutti aumentato la quantità di terra destinata alla coltivazione di colture geneticamente modificate, mentre Cina, India, Argentina, Paraguay, Uruguay, Messico, Portogallo, e Repubblica Ceca hanno diminuito l’area coltivata. Il Pakistan e il Myanmar non hanno registrato alcun cambiamento.
I ricercatori hanno attribuito gli aumenti e i cali della superficie destinata alla coltivazione di colture biotecnologiche all’accettazione e alla commercializzazione di nuovi prodotti, all’aumento della domanda di carne e di mangimi, al consumo di etanolo, alle condizioni meteorologiche, ai prezzi del mercato globale, alla pressione esercitata da malattie e parassiti, e alle politiche adottate dai governi, che consentono l’utilizzo delle biotecnologie. Gli Stati Uniti sono il principale produttore di colture Ogm, seguiti dal Brasile, dove il 93,4% di tutta la soia, il mais e il cotone è transgenico. Inoltre, Brasilia sta sviluppando varietà geneticamente modificate di fagioli, canna da zucchero, patate, papaya, riso e agrumi.
L’Argentina è il terzo maggior produttore, e coltiva soia, mais e cotone. Recentemente, ha approvato una patata resistente a determinate malattie, sviluppata da un ricercatore argentino. I ricercatori stanno, inoltre, lavorando su un tipo di frumento resistente alla siccità, e su una varietà di canna da zucchero in grado di tollerare gli erbicidi. Il Canada è il quarto maggior produttore, e coltiva colza, soia, mais e canna da zucchero Ogm. Di recente, ha approvato la commercializzazione della mela Arctic, che non annerisce dopo il taglio, della seconda generazione di patate InnateTM contenenti quattro caratteristiche, e di una nuova varietà di soia resistente agli erbicidi. Nelle Filippine, l’adozione del mais sviluppato geneticamente ha registrato un aumento del 65%, rispetto allo scorso anno, con i piccoli produttori agricoli che scelgono varietà resistenti agli erbicidi e alla siccità. Esperimenti su piccola scala vanno avanti per quanto riguarda la melanzana Bt, la papaya resistente ai virus, il cotone Bt, e il riso dorato.
All’interno dell’Unione europea solo quattro paesi hanno piantato colture modificate geneticamente, guidati dalla Spagna, alla quale si sono aggiunti Portogallo, Slovacchia e Repubblica Ceca. Nonostante il mais resistente agli insetti sia l’unica coltura sviluppata geneticamente la cui coltivazione è stata approvata dall’Ue, la superficie destinata alla produzione di questa coltura ha registrato un aumento del 17%, tra il 2015 e il 2016.
L’India resta il principale produttore mondiale di cotone, il 96% del quale è Ogm, con una caratteristica che lo rende resistente agli insetti. Tuttavia, per la prima volta in 14 anni, si è registrata una leggera contrazione della quantità di terra destinata alla coltivazione di cotone transgenico. È stata, inoltre, approvata la sperimentazione di ceci, riso, cotone, mais, canna da zucchero e brinjal biotecnologici, mentre l’adozione della mostarda geneticamente modificata è bloccata, a causa della ferma opposizione degli attivisti.

Coldiretti: 7 italiani su 10 non vogliono gli Ogm nel piatto

«Quasi 7 cittadini su 10, il 69%, considerano gli alimenti con organismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali, mentre l'81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente», sottolinea Coldiretti sulla base di una propria indagine realizzata con Ixè e diffusa in occasione della pubblicazione dei risultati di una ricerca sul mais Ogm. «Mentre continua il dibattito scientifico, i pareri dei cittadini restano fortemente diffidenti agli organismi geneticamente modificati nel piatto in italia ed anche in europa - evidenzia la confederazione - lo dimostra il fatto che sono rimasti solo due paesi a seminare Ogm nel vecchio continente dove si registra un ulteriore calo della superficie coltivata del 4,3% secondo l'analisi Infogm. La superficie europea coltivata a transgenico nel 2017 risulta, infatti, pari ad appena 130.571 ettari rispetto ai 136.338 dell'anno precedente, con le colture biotech che sopravvivono nell'Unione europea solo in Spagna e Portogallo, dove tuttavia si registra una riduzione delle semine del mais mon810, l'unico coltivato; anche Repubblica Ceca e Slovacchia hanno infatti abbandonato la coltivazione e si sono aggiunte alla lunga lista di paesi 'ogm free' dell'unione europea - prosegue Coldiretti - le scelte degli agricoltori europei sono la dimostrazione concreta della mancanza di convenienza nella coltivazione Ogm nonostante le proprietà miracolistiche propagandate dalle multinazionali che ne detengono i diritti. Per l'italia - conclude l'associazione presieduta da Roberto Moncalvo - gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy».

Cia: il futuro è nel genome editing

«Lo studio della rivista Scientific Reports in realtà non aggiunge nulla di nuovo ad altre ricerche sul tema già pubblicate negli ultimi anni». Così la Cia-Agricoltori Italiani, che sottolinea come sugli Ogm non ha mai avuto una posizione ideologica.
«Bisogna tutelare, però, quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani e scongiurare ripercussioni sui consumi legate alla comunicazione commerciale di queste tematiche. Parlare solo di Ogm, comunque, vorrebbe dire continuare a concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata -continua la Cia - sottovalutando la cisgenetica, nuova frontiera della ricerca, per un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale e della sicurezza alimentare. È in questa direzione che si devono concentrare gli investimenti se si vogliono tutelare consumatori e agricoltori.
Le nuove opportunità offerte dalla ricerca vegetale sono straordinarie. Il genome editing o editing genomico, per esempio, è un metodo che permette di selezionare caratteristiche migliorative delle piante senza introdurre tratti estranei alla pianta stessa, come avviene invece per gli Ogm. Questa tecnologia sembra cucita proprio sull’agricoltura italiana: la selezione delle piante, con questa metodologia, non intacca né la qualità né la tipicità delle nostre produzioni e delle nostre varietà locali, perché al di là del carattere desiderato non tocca null’altro del genoma della pianta».

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Confagricoltura: su Ogm serve approccio laico

Orgoglio, aspettativa e voglia di competizione. Queste le parole del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ai risultati della ricerca italiana sul mais Ogm. «Orgoglio, per i nostri ricercatori, che nonostante tutto sono tra i migliori al mondo - ha sottolineato Giansanti - ma del tutto bloccati, nella sperimentazione, nel nostro Paese. Abbiamo sempre sostenuto che, sugli Ogm, serve un approccio laico e aperto e comunque la scienza deve essere lasciata libera di studiare e sperimentare; l'assenza di ricerca diminuisce la capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi ed economici. Aspettativa perché lo scorso anno la superficie italiana coltivata a mais ha toccato un nuovo minimo storico - ha ricordato il presidente - la produzione maidicola nazionale è scesa al di sotto dei 6 milioni di tonnellate, il volume più basso degli ultimi venticinque anni; di contro, le importazioni di mais stanno crescendo a doppia cifra percentuale e supereranno quest'anno in valore i 900 milioni di euro. Un bel peso per la bilancia commerciale italiana; e questo anche grazie agli Ogm altrove utilizzati da più di due decenni e da noi bloccati del tutto. Competizione perché finora ci siamo trovati a misurarci sul mercato mondiale senza gli stessi strumenti della concorrenza, in condizioni già di per sé penalizzanti; vent'anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani; si calcolano più di 125 milioni di euro all'anno di mancato guadagno - ha aggiunto Giansanti - non saremo mai per 'no' ideologici, ma sempre per il dibattito, il confronto, su sviluppo e ricerca e ci battiamo per un'agricoltura che veda riconosciuto il suo ruolo trainante nella nostra economia e che solo con l'innovazione potrà essere competitiva a livello globale».

L'articolo Mais Ogm, più resa e meno tossine. Lo dimostra uno studio italiano è un contenuto originale di Terra e Vita.

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https://terraevita.edagricole.it/biotecnologie/mais-ogm-piu-resa-meno-tossine-studio-italiano/feed/ 0 Terra e Vita OGM
Quantità e qualità: uno studio italiano promuove il mais Ogm https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-cereali-e-colture-estensive/quantita-qualita-studio-mais-ogm/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-cereali-e-colture-estensive/quantita-qualita-studio-mais-ogm/#respond Fri, 16 Feb 2018 14:30:08 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008363 Ricerca coordinata dall'Università di Pisa ha elaborato 21 anni di dati sulle coltivazioni Ogm. Le associazioni di categoria: Italia investa in ricerca e innovazione

L'articolo Quantità e qualità: uno studio italiano promuove il mais Ogm è un contenuto originale di Terra e Vita.

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Ricerca coordinata dall'Università di Pisa ha elaborato 21 anni di dati sulle coltivazioni Ogm. Le associazioni di categoria: Italia investa in ricerca e innovazione

Rese in granella superiori dal 5,6 al 24,5% rispetto agli ibridi convenzionali, con concentrazioni inferiori di micotossine del 28,8%, fumonisina del 30,6% e tricoteceni del 36,5%. Ma anche minore incidenza della diabrotica dell'89,7%. Inoltre, non c’è nessuna evidenza di rischio per la salute umana, animale o per l'ambiente. Questo il verdetto sul mais Ogm emesso da una ricerca che ha raccolto dati relativi a 21 anni di coltivazioni in tutto il mondo. Pubblicato sulla rivista Scientific Reports e coordinato dall’Italia, con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa, lo studio è il primo ad analizzare le ricerche condotte in pieno campo tra il 1996, anno di inizio della coltivazione del mais transgenico, e il 2016. I dati provengono da Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa, Australia. Per mancanza di bibliografia (sull'argomento esiste solo una ricerca: Accinelli, C., Abbas, H. K., Vicari, A. & Shier, W. T. Aflatoxin contamination of corn under different agro-environmental conditions and biocontrol applications. Crop Protection 63, 9-14, 2014), non è stato possibile per gli studiosi valutare l’effetto (Ogm) sul contenuto in aflatossine.

Da sinistra Elisa Pellegrino, Stefano Bedini, Marco Nuti, Laura Ercoli

Nessuna controindicazione

«Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente», ha detto la coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna. Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.
Tutti gli autori rilevano che lo studio ha riguardato esclusivamente l'elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l'interpretazione politica dei medesimi e ritengono che i dati appena pubblicati permettano di trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate. Dall'analisi di 11.699 dati raccolti in ricerche condotte in pieno campo negli Stati Uniti, in Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia e contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6 al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi per i raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%). Inoltre, le varietà transgeniche non hanno effetto sugli organismi non-target (cioè non bersagli della modificazione genetica), tranne la naturale diminuzione del “Braconide parassitoide” dell’insetto dannoso target “Ostrinia nubilalis”. Non sono state rilevate alterazioni dei cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di CO2 dal suolo.

L'impatto delle coltivazioni di mais geneticamente modificato nel mondo

IL MAIS OGM POTREBBE ESSERE UNA SOLUZIONE PER L'AGRICOLTURA ITALIANA? PARTECIPA AL SONDAGGIO

Gli Ogm nel mondo: centuplicati in 20 anni

Quelle Ogm sono le colture che il mondo agricolo ha adottato rapidamente: dal milione e mezzo di ettari del 1996 ai 185,1 milioni di ettari nel 2016, pari al 12% delle coltivazioni; di queste oltre la metà (54%) si trova nei Paesi in via di sviluppo. Il mais considerato nello studio è una delle quattro principali colture, accanto a soia, colza e cotone, che sono state modificate in modo da resistere a erbicidi (95,9 milioni di ettari, pari al 53%), insetti (25,2 milioni di ettari, pari al 14%) e per avere entrambe le funzioni (58,5 milioni di ettari, 33%). Rispetto al 2015 c'è stato un aumento di 5,4 milioni di ettari (3%), secondo un documento pubblicato sulla rivista GMO Crops & Food, da Rhodora R. Aldemita e Randy A. Hautea, dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (Isaaa).
«Si tratta dell’area più estesa destinata alla coltivazione di colture biotecnologiche dal loro primo anno di commercializzazione, nel 1996, quando la superficie complessiva era pari a appena 1,7 milioni di ettari - ha dichiarato il coordinatore globale della Isaaa Hautea - nel rapporto annuale dell’organizzazione. Nell’arco di 21 anni c'è stato un incremento di 110 volte, che fa delle colture Ogm la tecnologia agricola adottata più rapidamente negli ultimi tempi».
Gli Ogm si coltivano in 26 stati, di cui 19 in via di sviluppo. Brasile, Stati Uniti, Canada, Sudafrica, Australia, Bolivia, Filippine, Spagna, Vietnam, Bangladesh, Colombia, Honduras, Cile, Sudan, Slovacchia, e Costa Rica hanno tutti aumentato la quantità di terra destinata alla coltivazione di colture geneticamente modificate, mentre Cina, India, Argentina, Paraguay, Uruguay, Messico, Portogallo, e Repubblica Ceca hanno diminuito l’area coltivata. Il Pakistan e il Myanmar non hanno registrato alcun cambiamento.
I ricercatori hanno attribuito gli aumenti e i cali della superficie destinata alla coltivazione di colture biotech all’accettazione e alla commercializzazione di nuovi prodotti, all’aumento della domanda di carne e di mangimi, al consumo di etanolo, alle condizioni meteorologiche, ai prezzi del mercato globale, alla pressione esercitata da malattie e parassiti, e alle politiche adottate dai governi, che consentono l’utilizzo delle biotecnologie. Gli Stati Uniti sono il principale produttore di colture Ogm, seguiti dal Brasile, dove il 93,4% di tutta la soia, il mais e il cotone è transgenico. Inoltre, Brasilia sta sviluppando varietà geneticamente modificate di fagioli, canna da zucchero, patate, papaya, riso e agrumi.
L’Argentina è il terzo maggior produttore, e coltiva soia, mais e cotone. Recentemente, ha approvato una patata resistente a determinate malattie, sviluppata da un ricercatore argentino. I ricercatori stanno, inoltre, lavorando su un tipo di frumento resistente alla siccità, e su una varietà di canna da zucchero in grado di tollerare gli erbicidi. Il Canada è il quarto maggior produttore, e coltiva colza, soia, mais e canna da zucchero Ogm. Di recente, ha approvato la commercializzazione della mela Arctic, che non annerisce dopo il taglio, della seconda generazione di patate InnateTM contenenti quattro caratteristiche, e di una nuova varietà di soia resistente agli erbicidi. Nelle Filippine, l’adozione del mais sviluppato geneticamente ha registrato un aumento del 65%, rispetto allo scorso anno, con i piccoli produttori agricoli che scelgono varietà resistenti agli erbicidi e alla siccità. Esperimenti su piccola scala vanno avanti per quanto riguarda la melanzana Bt, la papaya resistente ai virus, il cotone Bt, e il riso dorato.
All’interno dell’Unione europea solo quattro paesi hanno piantato colture modificate geneticamente, guidati dalla Spagna, alla quale si sono aggiunti Portogallo, Slovacchia e Repubblica Ceca. Nonostante il mais resistente agli insetti sia l’unica coltura sviluppata geneticamente la cui coltivazione è stata approvata dall’Ue, la superficie destinata alla produzione di questa coltura ha registrato un aumento del 17%, tra il 2015 e il 2016.
L’India resta il principale produttore mondiale di cotone, il 96% del quale è Ogm, con una caratteristica che lo rende resistente agli insetti. Tuttavia, per la prima volta in 14 anni, si è registrata una leggera contrazione della quantità di terra destinata alla coltivazione di cotone transgenico. È stata, inoltre, approvata la sperimentazione di ceci, riso, cotone, mais, canna da zucchero e brinjal biotecnologici, mentre l’adozione della mostarda geneticamente modificata è bloccata, a causa della ferma opposizione degli attivisti.

Coldiretti: 7 italiani su 10 non vogliono gli Ogm nel piatto

«Quasi 7 cittadini su 10, il 69%, considerano gli alimenti con organismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali, mentre l'81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente», sottolinea Coldiretti sulla base di una propria indagine realizzata con Ixè e diffusa in occasione della pubblicazione dei risultati di una ricerca sul mais Ogm. «Mentre continua il dibattito scientifico, i pareri dei cittadini restano fortemente diffidenti agli organismi geneticamente modificati nel piatto in italia ed anche in europa - evidenzia la confederazione - lo dimostra il fatto che sono rimasti solo due paesi a seminare Ogm nel vecchio continente dove si registra un ulteriore calo della superficie coltivata del 4,3% secondo l'analisi Infogm. La superficie europea coltivata a transgenico nel 2017 risulta, infatti, pari ad appena 130.571 ettari rispetto ai 136.338 dell'anno precedente, con le colture biotech che sopravvivono nell'Unione europea solo in Spagna e Portogallo, dove tuttavia si registra una riduzione delle semine del mais mon810, l'unico coltivato; anche Repubblica Ceca e Slovacchia hanno infatti abbandonato la coltivazione e si sono aggiunte alla lunga lista di paesi 'ogm free' dell'unione europea - prosegue Coldiretti - le scelte degli agricoltori europei sono la dimostrazione concreta della mancanza di convenienza nella coltivazione Ogm nonostante le proprietà miracolistiche propagandate dalle multinazionali che ne detengono i diritti. Per l'italia - conclude l'associazione presieduta da Roberto Moncalvo - gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy».

Cia: il futuro è nel genome editing

«Lo studio della rivista Scientific Reports in realtà non aggiunge nulla di nuovo ad altre ricerche sul tema già pubblicate negli ultimi anni». Così la Cia-Agricoltori Italiani, che sottolinea come sugli Ogm non ha mai avuto una posizione ideologica.
«Bisogna tutelare, però, quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani e scongiurare ripercussioni sui consumi legate alla comunicazione commerciale di queste tematiche. Parlare solo di Ogm, comunque, vorrebbe dire continuare a concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata -continua la Cia - sottovalutando la cisgenetica, nuova frontiera della ricerca, per un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale e della sicurezza alimentare. È in questa direzione che si devono concentrare gli investimenti se si vogliono tutelare consumatori e agricoltori.
Le nuove opportunità offerte dalla ricerca vegetale sono straordinarie. Il genome editing o editing genomico, per esempio, è un metodo che permette di selezionare caratteristiche migliorative delle piante senza introdurre tratti estranei alla pianta stessa, come avviene invece per gli Ogm. Questa tecnologia sembra cucita proprio sull’agricoltura italiana: la selezione delle piante, con questa metodologia, non intacca né la qualità né la tipicità delle nostre produzioni e delle nostre varietà locali, perché al di là del carattere desiderato non tocca null’altro del genoma della pianta».

ogm

Confagricoltura: su Ogm serve approccio laico

Orgoglio, aspettativa e voglia di competizione. Queste le parole del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ai risultati della ricerca italiana sul mais Ogm. «Orgoglio, per i nostri ricercatori, che nonostante tutto sono tra i migliori al mondo - ha sottolineato Giansanti - ma del tutto bloccati, nella sperimentazione, nel nostro Paese. Abbiamo sempre sostenuto che, sugli Ogm, serve un approccio laico e aperto e comunque la scienza deve essere lasciata libera di studiare e sperimentare; l'assenza di ricerca diminuisce la capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi ed economici. Aspettativa perché lo scorso anno la superficie italiana coltivata a mais ha toccato un nuovo minimo storico - ha ricordato il presidente - la produzione maidicola nazionale è scesa al di sotto dei 6 milioni di tonnellate, il volume più basso degli ultimi venticinque anni; di contro, le importazioni di mais stanno crescendo a doppia cifra percentuale e supereranno quest'anno in valore i 900 milioni di euro. Un bel peso per la bilancia commerciale italiana; e questo anche grazie agli Ogm altrove utilizzati da più di due decenni e da noi bloccati del tutto. Competizione perché finora ci siamo trovati a misurarci sul mercato mondiale senza gli stessi strumenti della concorrenza, in condizioni già di per sé penalizzanti; vent'anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani; si calcolano più di 125 milioni di euro all'anno di mancato guadagno - ha aggiunto Giansanti - non saremo mai per 'no' ideologici, ma sempre per il dibattito, il confronto, su sviluppo e ricerca e ci battiamo per un'agricoltura che veda riconosciuto il suo ruolo trainante nella nostra economia e che solo con l'innovazione potrà essere competitiva a livello globale».

Edagricole presenta il libro: Biotecnologie Sostenbili

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A Fieragricola “cose mai viste” per la zootecnia 4.0 https://terraevita.edagricole.it/allevamento-zootecnia/fieragricola-cose-mai-viste-zootecnia/ https://terraevita.edagricole.it/allevamento-zootecnia/fieragricola-cose-mai-viste-zootecnia/#respond Sat, 03 Feb 2018 12:31:03 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008249 Dalla realtà virtuale per entrare nello stomaco dei bovini al cloud per raccogliere e condividere i dati raccolti in stalla fino ai robot di mungitura per aumentare il benessere degli animali. Alla rassegna scaligera sono state proposte molte innovazioni per il settore zootecnico

L'articolo A Fieragricola “cose mai viste” per la zootecnia 4.0 è un contenuto originale di Terra e Vita.

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fieragricola
Dalla realtà virtuale per entrare nello stomaco dei bovini al cloud per raccogliere e condividere i dati raccolti in stalla fino ai robot di mungitura per aumentare il benessere degli animali. Alla rassegna scaligera sono state proposte molte innovazioni per il settore zootecnico

La zootecnia è il cuore di Fieragricola. Molte le innovazioni proposte tra i padiglioni nei quattro giorni della fiera. A partire dalla realtà virtuale allo stand del Consorzio agrario del Nordest e Calv Alimenta. Un visore 3D permette di entrare nel rumine, il pre-stomaco del bovino, per osservare attraverso la realtà aumentata come gli ingredienti di un nuovo mangime interagiscono con i batteri responsabili della digestione dell’animale.

La mucca nel cloud

L’innovazione alla rassegna internazionale dell’agricoltura di Verona è presente anche con MooMonitor+. Un collare per la vacca, in grado di effettuare 36 misurazioni al secondo attraverso un accelerometro, registrando calori, ruminazioni, tempi impiegati per magiare e riposare. Ogni giorno vengono raccolti 3 milioni di dati, salvati incloud su un server della ditta produttrice irlandese, Dairy master, che vengono elaborati ogni 15 minuti. Ogni anomalia è segnalata in tempo reale all’allevatore sullo smartphone, grazie ad una app specifica.

Zootecnia 4.0

Così la zootecnia digitale fa il pieno a Fieragricola. È evidente dal boom di richieste per la robotica e tutti quegli strumenti che spingono verso l’automazione, come le macchine semoventi per avvicinare il foraggio alle corsie di alimentazione in stalla e quelle per la distribuzione della razione alimentare.
A spingere sull’acceleratore dell’innovazione sono, indubbiamente, i finanziamenti previsti dai Programmi di sviluppo rurale, ma anche, come ha spiegato il vicepresidente dell’Associazione italiana allevatori (Aia) Claudio Destro «le richieste dei consumatori, particolarmente attenti a tematiche come il benessere animale, la sostenibilità ambientale, l’uso consapevole del farmaco e la sicurezza alimentare. Qui si inserisce il ruolo di Aia, che deve aiutare gli allevatori in tale percorso e allo stesso tempo deve rassicurare i consumatori sulle attività che si fanno negli allevamenti». In questa linea si muoverà anche la riorganizzazione del sistema Aia, illustrata a Verona dal presidente Roberto Nocentini.

Benessere animale «scientifico»

La questione del benessere animale è stato uno dei temi al centro del Milk Day di Fieragricola, organizzato da Edagricole, affrontato con Luigi Bertocchi, responsabile del Centro di referenza nazionale sull’Animal welfare dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. «Il benessere animale è un concetto dinamico e uno stato biologico che si valuta su parametri scientifici – ha spiegato –. Le stalle che sono interessate a migliorare i propri parametri possono richiedere una valutazione all’Istituto zooprofilattico, attraverso il nostro sito internet e i nostri valutatori».
È stata proprio la leva del benessere animale ad aver spinto Sara Pasetto, allevatrice di Trevenzuolo (Verona) con 300 ettari e 320 capi in mungitura, a percorrere tre anni fa la strada dei robot di mungitura, come ha raccontato allo stand di Lely. «Volevamo animali più sani e controllati e incrementare la produzione, dopo la fine delle quote latte – ha specificato Pasetto –. Oggi sono molto soddisfatta della scelta, che ha avuto effetti positivi anche sulla qualità del latte e sullo stato di salute delle bovine».

Obiettivo redditività

I produttori cercano di ottimizzare i costi di produzione in stalla e il robot di mungitura sembra essere una risposta efficace. Ne è convinto Tiziano Ganz, direttore vendite DeLaval Italia. «Mai abbiamo installato così tanti robot di mungitura come lo scorso anno e saremmo contenti di ripetere lo stesso successo anche nel 2018 – ha affermato –. L’installazione di queste apparecchiature in stalle permette anche di eliminare i costi della manodopera ed è la ragione per cui la robotica sta avendo successo, oltre alla possibilità di verificare lo stato di salute della mandria e i livelli produttivi in tempo reale».
Oltre al robot di mungitura a mono-box, la ditta Bellucci Orlando e C. srl, importatore della tedesca Gea, ha presentato a Verona un robot per avvicinare il fieno agli animali su un percorso predefinito e una pulitrice automatizzata per eliminare le deiezioni zootecniche dal pavimento grigliato.

Innovazione per la tracciabilità

In linea con le esigenze del consumatore di essere informato, l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno ha presentato a Fieragricola il nuovo sistema di tracciabilità della Mozzarella di bufala campana Dop. «Attraverso il Qr code, consultabile nel punto vendita dallo smartphone – ha raccontato il direttore generale del centro e coordinatore di tutti gli Istituti zooprofilattici italiani Antonio Limone – possiamo sapere da quale stalla proviene la materia prima, quale caseificio lo ha lavorato, quale bufala ha prodotto il latte. Anche il consorzio di tutela ha compreso che questi controlli sono un antidoto al de-marketing, perché forniscono elementi in più sulla provenienza. Un sistema che abbiamo applicato a diversi prodotti campani e questo per scagionarli dalle accuse mosse contro la Terra dei fuochi».

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Biogas, a Fieragricola le soluzioni per mettere il turbo https://terraevita.edagricole.it/energie-rinnovabili/biogas-fieragricola-soluzioni/ https://terraevita.edagricole.it/energie-rinnovabili/biogas-fieragricola-soluzioni/#respond Fri, 02 Feb 2018 13:03:42 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008233 Alla fiera di Verona le innovazioni in grado di aiutare a centrare gli obiettivi Ue sulle rinnovabili e incrementare il reddito degli agricoltori che producono biogas

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biogas
Alla fiera di Verona le innovazioni in grado di aiutare a centrare gli obiettivi Ue sulle rinnovabili e incrementare il reddito degli agricoltori che producono biogas

"Ce lo chiede l'Europa". Si potrebbe prendere in prestito questa frase dal mondo politico ed economico per spiegare perché le bioenergie siano così importanti per l'agricoltura del terzo millennio. Difatti, di recente il Parlamento europeo ha posto dei nuovi obiettivi vincolanti a livello Ue, che prevedono un miglioramento del 35% dell’efficienza energetica, una quota minima, pari almeno al 35% di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia, e una quota del 12% di energia da fonti rinnovabili nei trasporti entro il 2030.
In particolare, in una risoluzione legislativa separata, approvata nei giorni scorsi con 492 voti favorevoli, 88 contrari e 107 astensioni, i deputati europei hanno affermato che nel 2030 la quota di energie rinnovabili deve essere pari al 35% del consumo energetico dell’Unione europea. Dovrebbero inoltre essere fissati obiettivi nazionali, dai quali gli Stati membri sarebbero autorizzati a discostarsi, a determinate condizioni, fino a un massimo del 10%.

Rimboccarsi le maniche

Per raggiungere gli obiettivi Ue sull’energia, ogni Stato membro dovrà notificare alla Commissione un piano nazionale integrato per l’energia e il clima alla Commissione dell’Ue entro il 1° gennaio 2019 e, successivamente, ogni 10 anni. Il primo piano deve coprire il periodo dal 2021 al 2030. E nel 2030, secondo il Cib (Consorzio italiano biogas e gassificazione), il potenziale della produzione nazionale di biometano potrebbe essere di 8 miliardi di metri cubi. Ma per centrare queste cifre servono impianti moderni ed efficienti, capaci anche di garantire una fonte alternativa di reddito alle imprese agricole. E proprio di come rendere più efficienti gli impianti che producono biogas e biometano si è parlato a Fieragricola, sia tra gli stand dove le ditte del settore hanno presentato le loro soluzioni più innovative, sia in alcuni convegni e workshop organizzati dal Cib.

Il micro-biogas

A Fieragricola sono presenti i micro impianti di biogas Bioeletric, un sistema che permette agli allevatori di piccole dimensioni con almeno 50 vacche in lattazione di generare energia e dare valore aggiunto ai propri liquami. L’impianto (da 11, 22, 33 o 44 kW), arriva in azienda prefabbricato e le operazioni di montaggio della parte tecnologica sono completate in pochi giorni. La produzione di biogas avviene attraverso un processo di digestione anaerobica ed è possibile sfruttare l’energia termica prodotta in eccesso per le necessità domestiche.
Bst propone invece l’impianto di biogas con stalla climatizzata. In questo caso il sistema prevede di sfruttare la componente termica prodotta da un impianto di biogas per produrre aria fredda che, immessa in un sistema di areazione, serve per climatizzare la stalla e garantire un migliore benessere degli animali durante le stagioni più calde.

Più efficienza per gli impianti

Durante il workshop dal titolo "L'efficientamento degli impianti biogas: le soluzioni delle aziende Bietifin, Corradi&Ghisolfi, Ecidistribution", organizzato dal Cib, sono state presentate alcune soluzioni per migliorare le prestazioni degli impianti. In particolare, Bietifin ha illustrato il sistema che permette di verificare la presenza, la quantità e la tipologia di eventuali depositi nel miscelatore, determinare il volume fermentativo reale, migliorare l'efficienza del sistema di miscelazione e valutare la convenienza economica di un intervento di pulizia e svuotamento. Corradi&Ghisolfi ha spiegato come dal biogas, attraverso un processo di raffinazione, è possibile ottenere biometano. Ecidistribution ha invece spiegato i vantaggi economici che gli imprenditori agricoli possono ottenere utilizzando i motori realizzati dall'azienda con sede a Innsbruck. Secondo i dati forniti dai tecnici, un impianto che lavora al massimo dell'efficienza, tra risparmi e maggior produzione può dare un vantaggio anche di 60.000 euro l'anno.

Un futuro sempre più tecnologico

Per quanto riguarda la ricerca e la sperimentazione, il responsabile ricerca e sviluppo del Cib Francesco Maggioni ha ricordato il lavoro che si sta facendo per il recupero della CO2 per fini agricoli (la concimazione carbonica delle serre) o alimentari. Un esempio di questo tipo è l'impianto della Montello Spa (Bergamo), a oggi il primo esempio di impianto industriale presente in Italia in grado di produrre biometano esclusivamente dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata urbana e capace al tempo stesso di recuperare l'anidride carbonica. C'è poi l'esempio dell'impianto "power to gas", capace di produrre biometano partendo dall'energia elettrica generata dall'eolico e dal solare: si genera idrogeno che unito alla CO2 produce biometano.

 

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Innovazioni per la zootecnia, ecco i tour di Nova a Fieragricola https://terraevita.edagricole.it/featured/innovazione-zootecnia-tour-fieragricola/ https://terraevita.edagricole.it/featured/innovazione-zootecnia-tour-fieragricola/#respond Mon, 29 Jan 2018 13:46:17 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008200 Alla fiera di Verona Edagricole organizza nove appuntamenti dedicati alle più importanti novità in fatto di bioenergie, razione e benessere animale

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fieragricola
Alla fiera di Verona Edagricole organizza nove appuntamenti dedicati alle più importanti novità in fatto di bioenergie, razione e benessere animale

Edagricole e Nova Agricoltura organizzano nove tour guidati tra gli stand di Fieragricola per far scoprire ai visitatori le più interessanti novità presentate dalle aziende espositrici in fatto di zootecnia. In particolare le visite avranno come tema il futuro delle bioenergie, i carri miscelatori per la somministrazione dell'unifeed e il benessere degli animali. Ecco il dettaglio del programma:

◗ Il futuro delle bioenergie passa dall’innovazione

31 Gennaio ore 10.00 – 11.30
1 Febbraio ore 15.30 – 17.00
2 Febbraio ore 12.30 – 14.00

◗ Il segreto di un buon unifeed sta nel carro miscelatore

31 Gennaio ore 12.30 – 14.00
1 Febbraio ore 10.00 – 11.30
2 Febbraio ore 15.30-17.00

◗ Nuove tecnologie e nuove strutture per un migliore benessere animale

31 Gennaio ore 15.30 – 17.00
1 Febbraio ore 12.30 – 14.00
2 Febbraio ore 10.00 – 11.30

ISCRIVITI  ALLE VISITE GUIDATE

Punto di ritrovo da cui partiranno le visite
Padiglione 9 | stand E16 “LA NUOVA STALLA DA LATTE”

Chi è interessato a partecipare è invitato a raggiungere il punto di ritrovo un quarto d’ora prima del proprio turno con un documento di riconoscimento valido.

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Difesa della vite, decifrato il codice genetico della peronospora https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agrofarmaci-difesa/20008191/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agrofarmaci-difesa/20008191/#respond Thu, 25 Jan 2018 09:38:50 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008191 Importante scoperta di un gruppo di ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele All'Adige che apre nuove prospettive per la lotta alla peronospora

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peronospora
Importante scoperta di un gruppo di ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele All'Adige che apre nuove prospettive per la lotta alla peronospora

La Fondazione Edmund Mach ha decifrato il codice genetico del patogeno che provoca la peronospora della vite, malattia responsabile ogni anno di gravi danni in Italia e nel mondo. Si tratta della Plasmopara viticola, il cui genoma è stato  appena pubblicato sulla rivista Scientific reports (gruppo Nature).
I ricercatori hanno scoperto, nell'ambito di un progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Trento,  che la peronospora passa piccoli Rna e microRna alla pianta ospite, i quali regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. Inoltre, è stata identificata una proteina della peronospora che interagisce direttamente con un gene di resistenza di vite.
Il genoma pubblicato riguarda uno specifico isolato di P. viticola che infetta la vite in Trentino e tramite l’uso di sofisticati approcci genomici ha prodotto una serie di risultati che potranno avere ricadute importanti nella lotta contro questo patogeno riducendo così l’uso di fungicidi di sintesi.

peronospora

«Questa pubblicazione – sottolinea il presidente Fem, Andrea Segrè - ci sprona a continuare a lavorare in attacco, ovvero nella ricerca più avanzata sul miglioramento genetico, per avere piante più resistenti. Nei nostri laboratori di San Michele stiamo anche investendo nella difesa, cioè nella protezione dalle principali patologie vegetali. In sostanza, il nostro è un lavoro a tutto campo per vincere la partita della sostenibilità».
I ricercatori hanno scoperto una nuova comunicazione bi-direzionale fra P.viticola e il suo ospite che coinvolge i piccoli Rna. Questo scambio di piccoli Rna porta a una regolazione genica inter-specie che coinvolge geni che contribuiscono alla difesa dell’ospite contro patogeni e fornirà ai ricercatori degli importanti strumenti per utilizzare nuovi fungicidi basati sull’Rna per la lotta contro la peronospora.

«P.viticola è un patogeno obbligato, il che significa che non può vivere autonomamente -spiega Azeddine Si Ammour il principale autore dell’articolo - P.viticola ricava energia sottraendo i nutrienti dalle cellule della vite ospite connettendosi alle cellule di quest’ultima mediante delle strutture chiamate “austori”. Con i miei collaboratori abbiamo mostrato che P.viticola passa piccoli Rna e microRna alla pianta ospite i quali regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. Per controbattere all’attacco la vite usa esattamente lo stesso processo per silenziare geni che sono coinvolti nella patogenicità».
Gli autori spiegano che piccoli Rna e microRna sono acidi nucleici di piccole dimensioni in termini di lunghezza che possono legarsi a Rna messaggeri che codificano per proteine. Questo legame di piccoli Rna all’Rna messaggero previene la sintesi della proteina corrispondente. Oltre ad Azeddine Si Ammour, il gruppo di ricerca alla Fondazione Edmund Mach include Matteo Brilli, Elisa Asquini, Mirko Moser e Michele Perazzolli afferenti al Centro di Ricerca ed Innovazione  e Pier Luigi Bianchedi afferente al Centro di Trasferimento Tecnologico.

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Agricoltura, infortuni in forte calo anche grazie all’innovazione https://terraevita.edagricole.it/nova/agricoltura-infortuni-calo-innovazione/ https://terraevita.edagricole.it/nova/agricoltura-infortuni-calo-innovazione/#respond Wed, 24 Jan 2018 15:26:05 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008042 Rispetto al 2016 l'agricoltura è il comparto che ha fatto registrare la maggior contrazione di denunce: 5,2%

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Rispetto al 2016 l'agricoltura è il comparto che ha fatto registrare la maggior contrazione di denunce: 5,2%

Nel 2017 in Italia le denunce di infortuni sul lavoro nel settore dell'agricoltura sono calate del 5,2% rispetto al 2016, un risultato nettamente migliore rispetto alla media generale che ha ha registrato una contrazione dello 0,2%. Il risultato, almeno in parte, è dovuto all'ammodernamento delle aziende agricole. A comunicare i dati è l'Inail: tra gennaio e dicembre dello scorso anno nel nostro Paese le denunce di infortuni sul lavoro presentate all'istituto sono state 635.433 (-0,2% rispetto al 2016), 1.029 delle quali con esito mortale (+1,1%). Restringendo il campo all'agricoltura si sono contate  1.848 segnalazioni in meno, pari al 5,2%. Sono però aumentati gli eventi mortali, saliti da 133 a 141 (+6%). Nel settore agricolo si registra inoltre - aggiunge ancora l'Inail - il calo maggiore delle denunce di malattia professionale, passate in dodici mesi da 12.590 a 11.287.

La soddisfazione di Coldiretti

«Il trend registrato nelle campagne conferma il prezioso lavoro di ammodernamento delle imprese agricole fatto in questi anni per rendere il lavoro in agricoltura tecnologicamente più avanzato, ma anche più sicuro - evidenzia la Coldiretti, per la quale - molto resta tuttavia ancora da fare e per questo è necessario continuare con decisione sulla strada intrapresa con interventi per la semplificazione, la trasparenza, l'innovazione tecnologica e la formazione, che sappiano accompagnare le imprese nello sforzo di prevenzione in atto. Questo anche grazie alle risorse dei bandi Inail che hanno messo a disposizione delle imprese agricole risorse a fondo perduto per rinnovare ed ammodernare il parco macchine attualmente in circolazione - sottolinea la Coldiretti, precisando che si tratta di - un risultato che è frutto dell'impegno degli imprenditori e dei lavoratori per lo sviluppo di un'agricoltura al servizio della sicurezza della salute, dell'ambiente e dell'alimentazione, che vuole conciliare gli interessi delle imprese, degli occupati e dei consumatori».

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Più vitamine nelle patate grazie alla ricerca genetica https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-frutticoltura-e-orticoltura/piu-vitamine-patate-ricerca-genetica/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-frutticoltura-e-orticoltura/piu-vitamine-patate-ricerca-genetica/#respond Wed, 24 Jan 2018 14:02:24 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008062 Sperimentati due sistemi capaci di arricchire i tuberi di carotenoidi che prevengono la degenerazione maculare legata all’età

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patate
Sperimentati due sistemi capaci di arricchire i tuberi di carotenoidi che prevengono la degenerazione maculare legata all’età

Una collaborazione tra i ricercatori dell’Enea (Agenzia italiana per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), Crea (il Consiglio per la ricerca in agricola e l’analisi dell’economia agraria) e Osu (l’Ohio State University), ha portato a due pubblicazioni sulla rivista Plos One che aprono nuove prospettive per arricchire le patate con due importanti vitamine.

Nel primo lavoro, una collaborazione tra Enea e Crea, è stato utilizzato il miglioramento genetico classico per arricchire le patate con luteina e zeaxantina, due carotenoidi che si accumulano nella macula lutea dell’occhio umano e prevengono la degenerazione maculare legata all’età, che è la causa principale di cecità nei paesi sviluppati. La luteina si accumula anche nel cervello umano e diete ricche in luteina sono associate al miglioramento delle funzioni cognitive nei neonati e negli anziani. La luteina si trova solitamente in verdure a foglia verde, come gli spinaci mentre le fonti dietetiche di zeaxantina sono più rare. Tra i risultati di questa ricerca è la nuova varietà Melrose di patate, arricchita con luteina e la scoperta che i tuberi di questa varietà mostrano una ridotta germinazione e perdita di peso durante l’immagazzinamento a lungo termine, riducendo sostanzialmente l’utilizzo dei prodotti chimici e della refrigerazione durante la conservazione post-raccolta.
Nel secondo lavoro, la Osu ha unito le forze con quelle di Enea e Crea per studiare la quantità di vitamina A da patate arricchite in beta-carotene (“patate d’oro”) prodotte in precedenza attraverso una collaborazione tra Enea e l’Università di Friburgo. Il beta-carotene è la principale fonte di vitamina A negli alimenti di origine vegetale e la avitaminosi A è tra le cause principali di cecità e mortalità infantile in molti Paesi in via di sviluppo. Aumentando il contenuto di beta-carotene dei principali alimenti consumati in questi Paesi attraverso un processo chiamato “biofortificazione”, il consumo di vitamina A può essere migliorato, salvando molte vite umane.

patate

La biofortificazione con beta-carotene di una serie di piante di largo consumo, come il riso, il mais, la patata e la cassava, è una delle priorità principali indicate nel Copenaghen Consensus Report.
I ricercatori Osu hanno usato un sistema simulato di digestione da loro creato per studiare la bioaccessibilità del beta-carotene nelle “patate d’oro”. Lo studio ha rivelato che i tuberi contengono livelli di vitamina E dieci volte superiori rispetto alle patate normali. Lo studio suggerisce anche che una porzione da 150 g di “patate d’oro” bollite può fornire il 42% della dose giornaliera di vitamina A e il 34% di vitamina E di un bambino, sufficiente a prevenire lo stato di avitaminosi. «La biofortificazione con carotenoidi era stata dimostrata nel riso e nel mais - ha detto il coordinatore degli studi Giovanni Giuliano - la patata è la terza coltura di ampio consumo a essere biofortificata. La tecnologia da utilizzare è dipendente dalla specie: per arricchire il mais e la cassava con beta-carotene, il miglioramento genetico tradizionale funziona, mentre per riso e patate le strategie transgeniche sembrano essere, per ora, l’unica opzione. È importante mantenere un’apertura mentale, ricordando che le esigenze nutrizionali differiscono in diversi paesi e che il nostro obiettivo finale è quello di fornire cibo sicuro e nutriente ai 9 miliardi di persone che popoleranno il mondo».
«La caratterizzazione dettagliata del germoplasma di patate ad alto contenuto di carotenoidi ha portato alla scoperta di nuove varianti geniche presenti nelle patate non Ogm che controllano la biosintesi dei carotenoidi - ha dichiarato il coordinatore dello studio del Crea Giuseppe Mandolino - queste varianti possono essere utilizzate per la generazione di patate non-Ogm, biofortificate con carotenoidi ad alto valore nutrizionale come la zeaxantina e la luteina. La varietà Melrose, rilasciata da Crea durante il progetto in collaborazione con Enea, è un primo esempio di tali nuove varietà».

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Agricoltura 4.0, Italia al top per tecnologia disponibile, ma i campi non sono smart https://terraevita.edagricole.it/featured/agricoltura-4-0-italia-tecnologia-campi-smart/ https://terraevita.edagricole.it/featured/agricoltura-4-0-italia-tecnologia-campi-smart/#comments Wed, 24 Jan 2018 13:33:19 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008064 Nonostante la presenza di un elevato numero di imprese che offrono soluzioni per l'agricoltura digitale, solo l'1% della superficie agricola è gestita in modo intelligente

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trasformazione digitale
Nonostante la presenza di un elevato numero di imprese che offrono soluzioni per l'agricoltura digitale, solo l'1% della superficie agricola è gestita in modo intelligente

Sessanta su 480 delle nuove imprese fornitrici di tecnologie per migliorare l'efficienza e la sostenibilità delle produzioni agricole nate dal 2011 in poi in tutto il mondo sono italiane, vale a dire il 12,5% del totale. Una percentuale molto alta che pone il nostro Paese al top in fatto di offerta di soluzioni innovative per gli imprenditori agricoli che vogliano praticare un'agricoltura più moderna, redditizia e meno impattante sull'ambiente. Ma questa offerta, per ora, non si trasferisce in campo: infatti, solo l'1% della superficie agricola della penisola è gestita con sistemi avanzati, troppo poco per una nazione che fa dell'agricoltura e dell'agroalimentare di qualità un pilastro dell'economia (produzione, trasformazione e distribuzione valgono 300 miliardi di euro, l'11,3% del Pil). Queste alcune delle evidenze contenute nella ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università degli Studi di Brescia presentati al convegno “Coltiva dati. Raccogli valore. La trasformazione digitale dell’agroalimentare”.

Oltre 300 applicazioni a disposizione

Dai sensori nei campi a quelli sui trattori, dai droni in campo alla logistica controllata, dallo smart packaging alle etichette intelligenti: sono oltre 300 le applicazioni di Smart AgriFood già diffuse in Italia tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumo. Soluzioni che migliorano la competitività del settore agricolo e agroalimentare, garantendo più qualità ai prodotti e ottimizzazione delle filiere. E che, grazie al digitale, possono contribuire a far partecipare il nostro Paese alla sfida della crescita alimentare globale. L'Agricoltura 4.0 - l’utilizzo di diverse tecnologie per migliorare resa e sostenibilità delle coltivazioni, qualità produttiva e di trasformazione, nonché condizioni di lavoro – ha un mercato in Italia di circa 100 milioni di euro, il 2,5% di quello globale: ma nonostante i benefici in termini di riduzione dei costi, di qualità e resa del raccolto, la diffusione di queste soluzioni è ancora limitata e oggi meno dell’1% della superficie coltivata complessiva è gestito con questi sistemi.

Agricoltura di precisione al top

Le tecnologie dell'agricoltura di precisione (che sfrutta Internet of Things e Big Data Analytics) e quelle dell'agricoltura interconnessa (il cosiddetto Internet of Farming) costituiscono l’Agricoltura 4.0 che, attraverso l’analisi incrociata di fattori ambientali, climatici e colturali, consente di stabilire il fabbisogno irriguo e nutritivo delle coltivazioni, prevenire patologie, identificare infestanti prima che proliferino, compiere interventi mirati, risparmiare di tempo e risorse, incidere sulla qualità dei prodotti, oltre a migliorare la resa delle coltivazioni e le condizioni di lavoro. L’Osservatorio Smart AgriFood ha censito 220 soluzioni offerte in Italia da più di 70 aziende, di cui soltanto l’11% abilita l’Internet of Farming, mentre l’89% supporta verticalmente l’agricoltura di precisione. Circa l’80% delle soluzioni offerte è applicabile in fase di coltivazione e solo il 12% in quella di pianificazione. La grande maggioranza delle soluzioni, il 73%, sfrutta dati e analytics, il 41% l’Internet of Things e il 57% sistemi software di elaborazione e interfaccia utenteLa maggior parte delle soluzioni (50%) è utilizzabile a prescindere dal settore agricolo, mentre il 27% è specificamente rivolto all’ortofrutticolo, il 25% al cerealicolo, il 16% al vitivinicolo. In termini di attività, il 48% delle soluzioni abilita mappatura e monitoraggio di terreni e coltivazioni, il 42% monitoraggio e controllo del movimento e delle attività di macchine e attrezzature in campo e il 35% irrigazione e fertilizzazione mirata.
Per quanto riguarda la capacità di ottenere finanziamenti, se a livello mondiale è l'agricoltura di precisione a raccoglierne di più (37%), in Italia questo comparto è al secondo posto (35% dei fondi), preceduto dalla sostenibilità ambientale che riesce a farne suoi la metà.

agricoltura 4.0
I vantaggi dell'agricoltura 4.0

Scarsa applicazione: problemi infrastrutturali e culturali

L’adozione dell’agricoltura 4.0 in Italia incontra diversi ostacoli. Innanzitutto una barriera culturale nei confronti dell’innovazione e una limitata consapevolezza dei benefici, ma anche una certa immaturità da parte degli attori dell’offerta, che solo oggi si stanno strutturando per offrire soluzioni effettivamente in linea con i fabbisogni delle aziende, abituate a intrattenere relazioni con pochissime e consolidate aziende (es. concessionario di fiducia, agronomo amico di famiglia). C'è poi la ridotta dimensione media delle aziende agricole, con la difficoltà a investire e apprezzare i benefici delle tecnologie di precisione.
«Perché le tecnologie digitali dispieghino completamente il proprio potenziale però occorre che si realizzino alcune condizioni – avverte Andrea Bacchetti, condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood – innanzitutto, è necessaria l’estensione della banda larga ed extra-larga anche alle zone rurali per garantire l’interconnessione della filiera. Poi, servono sensibilità, competenza e propensione all’investimento da parte delle imprese, un fatto non scontato, considerando le esigue dimensioni medie. Infine, è imprescindibile la competenza degli operatori sia dell’offerta sia della domanda. Per questa ragione emerge con forza la necessità di lavorare sulla formazione ma prima ancora sulla sensibilizzazione delle aziende agricole – spiega Bacchetti, condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood – che devono poter apprezzare appieno i benefici potenziali della rivoluzione 4.0, toccando con mano i benefici concreti ottenuti da chi ce l’ha già fatta».
«I soli trattori in Italia generano oltre un milione di Gigabyte in un anno, a cui si aggiungono i dati ambientali, di magazzino, degli allevamenti e quelli più generali di carattere aziendale, ma oggi queste informazioni sono scarsamente valorizzate – ha fatto notare il condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood Filippo Renga – sono fondamentali la raccolta dei dati, la loro integrazione e valorizzazione all’interno delle aziende agricole e delle filiere. È necessario cioè che le aziende adottino una logica di piattaforma integrata, per far confluire al proprio interno i dati, elaborarli e armonizzarli per supportare decisioni e azioni tempestive».

Massimo Salvagnin

Porto Felloni: "precisi" da vent'anni e i conti tornano

Rese del mais aumentate del 20% e input produttivi (carburante, sementi, concimi, agrofarmaci e ora lavorate) scesi di quasi un terzo. Queste le due cifre più significative per quantificare i vantaggi dell'agricoltura di precisione ottenuti dall'azienda agricola Porto Felloni, 500 ettari in provincia di Ferrara dove si coltivano orticole, cereali e noci. «Siamo partiti nel 1997 con l'agricoltura di precisione dopo aver visto come la applicavano negli Usa - spiega il titolare Massimo Salvagnin - abbiamo cominciato con la realizzazione di mappe di resa raccogliendo i dati con le mietitrebbie, poi abbiamo cercato di interpretare i dati per capire le zone più e meno performanti e gestire la variabilità, in seguito ci siamo dotati di software cartografici e gestionali per la lettura dei dati». Nel 2006 a Porto Felloni hanno iniziato ad adattare le macchine per la guida semiautomatica per tutte le lavorazioni: dalla preparazione alla semina, dalla concimazione al raccolto. Nello stesso anno è iniziata anche la concimazione a rateo variabile.
Il passaggio successivo è stata un'indagine sulla conducibilità elettrica dei suoli per avere una fotografia nitida della struttura fisica dei terreni. Da qui sono passati nel 2012 a creare mappe di prescrizione per la densità semina di mais, grano e di concimazione e completare la distribuzione a rateo variabile di tutti gli input prroduttivi. Dal 2014 a oggi Porto Felloni ha investito per implementare ulteriormente le tecnologie con l'acquisto di una seminatrice di precisione, l'introduzione di sonde di rilevazione dell'umidità del terreno per gestione l'irrigazione con sensori e l'utilizzo di immagini satellitari e droni.

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Biogas con gli scarti dell’olivicoltura, ecco come fare https://terraevita.edagricole.it/energie-rinnovabili/biogas-scarti-olivicoltura/ https://terraevita.edagricole.it/energie-rinnovabili/biogas-scarti-olivicoltura/#respond Mon, 22 Jan 2018 10:05:24 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008032 La valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione delle olive a fini energetici offre al settore oleario un’opportunità dalle rilevanti ricadute economiche.

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La valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione delle olive a fini energetici offre al settore oleario un’opportunità dalle rilevanti ricadute economiche.

L’energia può essere considerata un prerequisito dello sviluppo economico e sociale delle moderne società e uno dei fattori più importanti per incrementare e garantire il benessere delle persone. Non è casuale che la dieta energetica, cioè l’andamento dei consumi mondiali, evidenzi una crescita costante (+56% dal 1990 fino al 2015), principalmente dovuta negli ultimi anni allo slancio del continente asiatico (grafico 1) mentre il Nord America e l’Unione Europea riducono leggermente la domanda di energia dal 2008, in quanto continenti afflitti della nota crisi economico-finanziaria. È intuibile che tale andamento, crescente con episodiche eccezioni (cfr. 2008), non è compatibile con il ricorso dissennato alle risorse energetiche di origine fossile, sia perché queste costituiscono un patrimonio non rinnovabile (e quindi a termine), sia perché il loro utilizzo è concorrente al mutamento dell’eco-equilibrio del nostro pianeta.

Squilibri da ordinare

Tuttavia, che vi siano squilibri e distorsioni nell’utilizzo dell’energia è evidente anche dall’analisi dei dati che mostrano che il livello di energivorità specifica, cioè il consumo energetico per ciascun individuo, di alcuni degli stati più rappresentativi, è gravemente disuniforme, soprattutto se confrontato con la percentuale di popolosità degli stessi rispetto alla numerosità mondiale (grafico 2). Tali differenze sono alla base di molte tensioni sociali e spesso fonte di conflittualità tra i popoli (cfr., per esempio, la “I guerra del Golfo del 1990”). La sfida è rappresentata da una progressiva sua diminuzione che, affinché non determini regressione di benessere, dovrà livellarsi verso l’alto, ovvero determinando un consumo medio di energia pro-capite al pari per tutti i paesi. Tuttavia, tale livellamento, appare oggi irraggiungibile proprio stante la popolosità degli stati meno energivori, ponendo la questione rilevante dell’approvvigionamento di risorse energetiche, ad oggi non fruibili nell’immediato sul nostro pianeta.

Grafico 1: Fabbisogno energetico mondiale (Mtoe), fonte “Energy Data - Global Energy Statistical Yearbook 2015”
Grafico 2: Quantità di energia consumata pro-capite (Tep/pro-capite) e popolosità percentuale dei principali stati

Le fonti energetiche rinnovabili

Stante queste considerazioni, un cambio di paradigma è strettamente necessario per garantire le stesse opportunità di sviluppo in ogni zona del nostro pianeta. Tale nuovo scenario non può non vederci impegnati in un nuovo modo di immaginare l’impiego e la produzione dell’energia. Per quanto concerne l’impiego, la sfida della ricerca è determinare processi ad alta efficienza che minimizzino gli sprechi. Per quanto attiene alla produzione, l’obiettivo non può non essere quello di progettare sistemi produttivi in grado di produrre gran parte del proprio fabbisogno energetico a partire da fonti rinnovabili, ovvero la cui capacità di rigenerazione sia almeno pari alla velocità del suo utilizzo. Fortunatamente, in particolare negli ultimi 20 anni, la produzione di energia da fonti rinnovabili è aumentata pressoché continuamente (grafico 3). Particolarmente virtuosa appare l’Unione Europea che presenta l’incremento più rappresentativo, se confrontato al più tiepido atteggiamento dell’America del Nord, i cui dati, tra l’altro, si riferiscono all’era Obama.
Lo scenario italiano (grafico 4) è un buon esempio di produzione da rinnovabili, in parte dovuto alla grande disponibilità di impianti idroelettrici realizzati fin dall’inizio del ‘900. La leggera diminuzione della produzione di energia rinnovabile evidente nel 2015 (in controtendenza rispetto al 2014) è dovuta ad una diminuzione della piovosità ed un impoverimento dei bacini di accumulo disponibili per l’alimentazione delle turbine idrauliche.

Grafico 3: Produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (Fonte: Energy Data - Global Energy Statistical Yearbook 2015)

Nonostante i trend mondiali forniscano qualche cauto ottimismo, le fonti rinnovabili non sono ancora in grado di superare le altre fonti di energia per la produzione di massa, e questo a causa della loro disponibilità “occasionale”. Ad esempio, la continuità di produzione di biogas da biomasse vegetali si basa sulle prestazioni delle coltivazioni, la generazione eolica e solare è caratterizzata dalla disponibilità di vento e soleggiamento.
Un ulteriore aspetto determinante ai fini della scelta delle fonti è quello che generalmente le curve di carico determinate dalle attività antropiche non seguono le curve di disponibilità di energia, ma sono ovviamente determinate da esigenze produttive scandite dai ritmi circadiani della nostra società. Di conseguenza, il consumo diretto di energia proveniente da fonti rinnovabili può essere molto inefficiente e complesso, giacché spesso una grande quantità di energia è sovraprodotta e quindi comunemente sprecata, mentre in altre occasioni non è contemporaneamente disponibile. La produzione asincrona rispetto alla domanda può rappresentare un fattore limitante per l’ulteriore sviluppo delle energie rinnovabili senza un contestuale sviluppo delle tecniche di stoccaggio.

Grafico 4: Domanda energetica dell’Italia (Fonte: Gse data 2015)

Il contesto italiano

Il grafico 5 evidenzia la ripartizione dei consumi energetici del nostro paese. Da essa si evince chiaramente che la richiesta del settore agricolo è assai modesta al confronto con gli altri settori produttivi. Sicuramente tale andamento non è frutto di un sistema altamente efficiente, bensì dal fatto che il settore è ancora modestamente automatizzato e modestamente coadiuvato dal giusto grado di innovazione tecnologica. Tuttavia la spinta propulsiva introdotta dal modello di industria 4.0, può rappresentare un’irrinunciabile opportunità per traghettare il settore in area di comfort più compatibile con le richieste del mercato.
Anche dal punto di vista energetico il settore agricolo può determinare un importante cambiamento. Il ricorso alle energie rinnovabili può essere un’opportunità per il comparto che ne consenta la riduzione dei costi produttivi e una alternativa possibile per una produzione integrata.
Tra le energie rinnovabili maggiormente integrabili nel comparto agricolo si annoverano sicuramente tutte quelle applicazioni che coinvolgano il riutilizzo delle biomasse. Ai sensi della legislazione comunitaria e nazionale (Direttiva 2001/77/Ce e D.Lgs. 387/2003, modificati dalla Direttiva 2009/28/Ce e D.Lgs. 28/2011), con il termine biomassa si intende ogni “frazione biodegradabile dei prodotti (vegetali o animali), rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

Grafico 5: Consumi energetici nazionali divisi per settore (%)

La risorsa dei sottoprodotti

Tra i sottoprodotti organici più abbondanti delle produzioni agro-industriali vi sono i derivati dalla trasformazione delle olive, costituiti da acque di vegetazione e da sansa vergine. Solo la regione Puglia produce annualmente oltre 100.000 tonnellate di sansa vergine, il cui reimpiego e valorizzazione alternativa all’ottenimento di olio di sansa dai sansifici costituirebbe una innovazione, con rilevanti ricadute economiche sulla filiera.
Oggigiorno il reimpiego delle sanse è caratterizzato da una più bassa redditività rispetto al recente passato e determina, oltre a numerose problematiche logistiche e normative, elementi di rischio ambientale. Si aggiunga che olivicoltori e frantoiani non hanno sufficienti vantaggi economici nel conferimento della sansa vergine ai sansifici ed il prodotto che se ne ricava, l’olio di sansa, di qualità inferiore all’extravergine, è uno dei suoi maggiori competitor in quanto ne rappresenta un “prodotto sostituto” a basso prezzo. Al contrario, tale sottoprodotto può rappresentare una fonte integrativa di redditività. Recentemente, infatti, l’attività di ricerca industriale ha condotto alla realizzazione di impianti di estrazione che generano un sottoprodotto innovativo non ancora completamente caratterizzato e valorizzato: la sansa vergine denocciolata. Come si evince dal progetto della Regione Puglia Know (Knowing a New Olive Waste), essa si può ottenere attraverso tre differenti sistemi impiantistici: molendo le olive con l’impiego della denocciolatrice posta in testa all’impianto; inserendo un denocciolatore a valle di un decanter a due o tre fasi; impiegando un decanter multifase che separa autonomamente il nocciolino dalla polpa della sansa. Il sottoprodotto così ottenuto è costituito dalla polpa e dall’acqua di vegetazione, senza tracce di nocciolino, e presenta un buon contenuto in fibra e in proteina grezza, un residuo grasso ricco in acido oleico e linoleico, e un contenuto elevato di composti fenolici (75-100 g/kg), con una umidità variabile tra il 35% e il 75% a seconda del sistema di separazione impiegato.

L’opportunità del biogas

Uno degli scenari maggiormente interessanti è la digestione anaerobica di questo prodotto per produrre un biocombustibile (biogas), costituito principalmente da metano e anidride carbonica. Il biogas rappresenta un ottimo combustibile per impianti di valorizzazione di piccola taglia finalizzati alla realizzazione di un modello di economia circolare e allo sviluppo di un sistema per garantire autonomia energetica ai frantoi di media taglia, tipici dell’areale italiano. D’altra parte il nocciolino, separato dalla polpa, si può destinare alla combustione diretta e costituire un’ulteriore attrattività per i frantoiani.
Molti sono gli scenari impiantistici fino a oggi proposti e molti di essi non rappresentano più un mero esercizio di ricerca ma possono realmente costituire un'opportunità. Tuttavia un fattore limitante è la complessità del quadro normativo, che confonde e disorienta tanto i poteri autorizzativi, quanto i possibili investitori. Dall’esame delle norme in vigore appare evidente che gli impianti con maggiori chance autorizzative siano quelli di piccola potenza (< 50 kWe), per una produzione basata su un approvvigionamento locale, sicuramente compatibile con scenari di autoconsumo dell’energia prodotta e che quindi semplificano notevolmente i problemi di controllo delle reti elettriche. Tali taglie di potenza sono sicuramente ottenibili con motori a combustione interna in assetto cogenerativo, a ciclo Otto, e che consentono la combustione del biometano prodotto dai digestori anaerobici.

Gli impianti combinati

Una possibile alternativa alla precedente, meno consolidata nella pratica, e in via di sperimentazione in un progetto del Politecnico di Bari denominato Zero, è quella di ricorrere a impianti combinati di piccola taglia a combustione esterna, composti da sistemi turbogas e cicli a vapore d’acqua, oppure da impianti turbogas e sistemi Orc (Organic Rankine Cycle) entrambi che siano in grado di bruciare sia biogas sia biomasse solide (cippato della potatura e/o nocciolino). Nella prima configurazione l’impianto combinato è composto da un ciclo topping Joule Brayton a combustione esterna ottenuta da combustibili a biomassa solida o biogas, seguito da un ciclo a vapore d’acqua (bottoming), il cui utilizzo può essere finalizzato in una turbina a vapore accoppiata con un alternatore o anche essere impiegato a scopi tecnologici. Nel progetto Zero, il ciclo di topping, stante le piccole taglie di potenza, è realizzato da un turbogruppo di sovralimentazione derivato dall’industria automobilistica (quindi a basso costo), al posto delle più onerose micro-turbine commerciali, a valle del quale l’entalpia residua del fluido evolvente (aria) viene valorizzata in una seconda turbina, quest’ultima accoppiata con un generatore di corrente, e poi utilizzato come comburente nel combustore. L’uso di biomassa solida (cippato della potatura g50, cioè con dimensioni della fibra non maggiori di 50 mm, nocciolino, ecc.), nell’impianto è consentito dalla presenza del combustore esterno e di uno scambiatore di calore gas-gas. I fumi della combustione, dopo il passaggio nello scambiatore di calore, vengono sfruttati per produrre vapore in una caldaia a recupero che alimenta la turbina a vapore.

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Fig. 1: Schema unifilare dell’impianto combinato a combustione esterna realizzato nel proggeto Zero del Politecnico di Bari

I rendimenti ottenibili con tali impianti sono apprezzabili potendo garantire un rendimento elettrico di circa il 19%, un rendimento di primo principio del 57% e un rendimento di secondo principio del 22%. Tuttavia i principali vantaggi di un impianto di tal genere (fig. 1) sono relativi all’economicità della loro realizzazione e alla possibilità di rendere autosufficiente dal punto di vista energetico la realtà produttiva e consentire una filiera circolare che si chiuda nell’ambito del medesimo frantoio. Si tenga presente che il beneficio complessivo potrà essere ampliato considerando che la digestione anaerobica della sansa privata della frazione ligneo cellulosica (nocciolino) spunta tempi di residenza più bassi di quella ottenibile con la sansa integrale. Da numerosi lavori di letteratura appare ulteriormente enfatizzabile la produttività del digestore se la sansa denocciolata viene sottoposta ad un pretrattamento agli ultrasuoni a bassa frequenza. Tale trattamento può determinare un incremento di biogas di circa il 15%.

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Impianto combinato di piccola taglia con turbogas a combustione esterna

*Politecnico di Bari
**Università di Bari

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Mietitrebbie, l’evoluzione verso l’agricoltura 4.0 https://terraevita.edagricole.it/featured/mietitrebbie-levoluzione-verso-lagricoltura-4-0/ https://terraevita.edagricole.it/featured/mietitrebbie-levoluzione-verso-lagricoltura-4-0/#respond Thu, 18 Jan 2018 15:04:37 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008028 In quattro punti analizziamo le linee di tendenza generale che stanno caratterizzando lo sviluppo di queste macchine da raccolta

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In quattro punti analizziamo le linee di tendenza generale che stanno caratterizzando lo sviluppo di queste macchine da raccolta

Qualunque analisi delle innovazioni introdotte sul mercato dai principali costruttori di mietitrebbie rischia di dare risultati contraddittori, sia a causa del limitato numero di esemplari venduti, sia dei diversi obiettivi di progetto.
Gli esemplari acquistati nell'ultima campagna di commercializzazione sono relativamente pochi (circa 370 unità), ma se guardiamo all'Europa scopriamo che siamo agli stessi livelli della Spagna, che pure ha una superficie a cereali maggiore della nostra. A parte il fatto che il nostro non è un mercato marginale, l'Italia può vantare un primato culturale e tecnico nel settore, con diversi costruttori di mietitrebbie di portata globale, oltre a vari stabilimenti di produzione, sia di macchine complete sia di componentistica. Come per altri prodotti, vanto della nostra industria manifatturiera, il mercato italiano è una goccia nel mare; la qualità dei nostri prodotti e delle nostre idee sostiene infatti un massiccio flusso commerciale verso i più remoti angoli del globo. È quindi naturale che i progettisti non pensino solo alle esigenze dell'agricoltura italiana, ma si rivolgano a tutti gli ambienti agricoli, dalle sterminate distese di grano dell'Europa orientale (la Russia è ormai il secondo granaio del mondo), fino alle enormi estensioni coltivate a mais e soia del continente americano.
È interessante ricordare che il principio della separazione della granella dalla pianta tramite un dispositivo rotante risale, niente meno, che all'inizio della Rivoluzione Industriale di 250 anni fa. Nel secolo successivo, in Nord America, è nata la prima combinazione fra mietitrice e trebbiatrice, che ha lasciato una traccia anche nella lingua (in inglese si dice ancora “raccoglitrice combinata”), ma solo nel secondo dopoguerra ha iniziato a diffondersi in Europa, dove ha stabilito solide radici. In tutto questo tempo la mietitrebbia si è evoluta continuamente, sia sul piano meccanico sia su quello dell'automazione; tante soluzioni d'avanguardia si ispirano, è vero, a idee e proposte del passato, ma solo con le attuali tecniche di progettazione e di costruzione sono stati eliminati i difetti che ne avevano bloccato lo sviluppo, trasformandosi in innovazioni valide e affidabili.
Il progresso è continuo e non si arresta mai: è quindi impossibile enumerare tutte le novità esposte nelle ultime esposizioni fieristiche internazionali, da Eima a Fieragricola, dal Sima ad Agritechnica. Tuttavia le proposte dei costruttori che dominano il mercato, almeno a livello nazionale ed europeo, mostrano alcune tendenze generali che è bene evidenziare.

  1. Prosegue la corsa all'aumento delle potenze e delle rese orarie: un fenomeno che tende a marginalizzare l'Europa e soprattutto l'Italia.
  2. La mietitrebbia tende a integrarsi nei modelli di agricoltura conservativa.
  3. Aumenta il livello di automazione e di conoscenza del prodotto raccolto, che stanno alla base del concetto di agricoltura digitale.
  4. Le tecnologie informatiche si estendono alle macchine di minore potenza.
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La corsa all'aumento delle potenze e delle rese orarie nelle mietitrebbie è un fenomeno ancora in atto.

Aumento della potenza e delle dimensioni

La prima tendenza non è una vera novità, anche se il superamento del “muro” dei 500 kW porta a riconsiderare il ruolo della mietitrebbia nel processo produttivo, spingendo verso un decisivo e indifferibile riassetto fondiario. Le macchine oltre i 3-400 kW di potenza sono realmente sfruttabili solo se hanno piattaforme di taglio di almeno 7-9 metri di larghezza di lavoro, nei terreni più produttivi, e larghezze ancor maggiori dove le rese sono più basse (fino a 43 piedi, circa 13,20 m). La sistemazione corretta, per impiegare macchine di queste dimensioni, dovrebbe contare su campi di almeno 20-30 ha, un valore di fatto incompatibile con la costruzione di un'adeguata rete di scolo, a meno di non ricorrere al drenaggio sotterraneo.
Inoltre, l'accorpamento fondiario si scontra con il frazionamento delle proprietà, che costringe a seguire il reticolo catastale, creando appezzamenti di forma irregolare. Nessun proprietario, nonostante la diffusione della telemetria satellitare, accetterebbe mai di condividere un appezzamento “fisico” diviso solo da un confine virtuale, che non segua limiti visibili come possono essere una siepe o un fossato. Questa rigidità nella trasformazione fondiaria porta di fatto a un aumento ingiustificato dei costi: se il contoterzista acquista una macchina troppo grande, paga il prezzo di una resa oraria che si rivela puramente teorica, senza riuscire a sfruttare tutte le potenzialità offerte dalla mietitrebbia.
Sarebbe poi necessario che la larghezza di lavoro fosse un sottomultiplo della larghezza del campo; diversamente una passata dovrà essere effettuata sfruttando solo una parte della larghezza utile, nel caso in cui il confine longitudinale del campo non sia superabile.

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Integrazione con le tecniche di agricoltura conservativa

La maggior parte dei costruttori tende ad incrementare la velocità di lancio del trinciapaglia e a lavorare sulla direzione del flusso per adeguare l'ampiezza della distribuzione alla larghezza della barra di taglio. Un fatto su cui tutti insistono e che fa riflettere sulla necessità di distribuire accuratamente i residui sull'intera larghezza di lavoro, per favorire l'uniforme arricchimento del terreno in sostanza organica, sia che si opti per l'interramento, sia che si scelga il regime a sodo, in cui i residui colturali si decompongono in superficie.
Questa tendenza dimostra che le tecniche di agricoltura conservativa partono proprio dall'apporto di sostanza organica, per ricostituire quella riserva che può combattere il fenomeno della desertificazione, che affligge una parte sempre più consistente dei suoli in tutti gli ambienti agricoli. La perdita di sostanza organica e delle sostanze che la compongono produce, infatti, una distruzione della struttura del terreno, venendo a mancare il “collante” che tiene unite le particelle minerali, rendendo il terreno più sensibile all'erosione e al dilavamento dei nutrienti.
La raccolta delle paglie e degli stocchi, se da un lato può determinare un incremento della resa economica, dovrebbe essere limitata solo ai terreni destinati a ricevere un apporto di deiezioni animali o di digestato. Un fatto che tuttavia non si verifica quando le aree cerealicole sono distanti da quelle in cui le paglie vengono impiegate per lettiera, e non rientrano in circolo attraverso il letame o il digestato. Dove però si sceglie di lasciare i residui in campo, è utile che gli stessi siano distribuiti in modo uniforme sul terreno, evitando il costoso passaggio della trinciatura dell'andana, che non sempre garantisce una perfetta uniformità della distribuzione superficiale.

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Grazie a sensori operanti sulle lunghezze d'onda del cosiddetto “infrarosso vicino” (near infrared), è possibile analizzare la granella anche dal punto di vista qualitativo.

Avanza l'agricoltura digitale

In principio erano solo applicazioni poco più che sperimentali, frutto del genio di qualche ricercatore universitario e proposte sul mercato da spin off sorte nell'ambiente scientifico, poi con il tempo si sono diffuse, arrivando a destare l'interesse dei maggiori costruttori. Stiamo parlando dei sistemi di analisi della granella, non limitate ai soli parametri quantitativi come quantità e umidità, che già esistono da decenni. Grazie a sensori specifici, operanti sulle lunghezze d'onda del cosiddetto “infrarosso vicino” (near infrared), in cui la vicinanza è riferita alla luce visibile, è divenuto possibile analizzare la granella anche dal punto di vista qualitativo.
Parametri come il contenuto di proteine o il futuro comportamento della farina che si ricaverà dalla molitura, in fase di lievitazione o di trasformazione in pasta alimentare, sono oggi rilevabili con i sensori NiR, che sfruttano la riflessione di un flusso costante e calibrato di granella. I sensori di questo tipo sono installati all'interno di un condotto che deriva la granella dall'elevatore che la porta nel serbatoio: grazie a una opportuna taratura è possibile così avere un'analisi accurata del prodotto mentre viene trebbiato.
La precisione di questi sensori è assai elevata e, in alcuni Paesi, ha addirittura valore legale nelle transazioni commerciali; un minimo errore di calibrazione non incide sulla valutazione della partita, in quanto la misura complessiva deriva da una serie di misurazioni che annullano gli errori di campionamento, sempre possibili con il prelievo dal rimorchio. Il bello è che la valutazione qualitativa viene eseguita istante per istante: ogni misurazione è quindi riferibile alla porzione di terreno su cui è stata fatta la raccolta, tenendo conto del ritardo dovuto al transito del prodotto dal momento del taglio a quello in cui lo stesso passa dinanzi al sensore.
Integrando tali sensori con il sistema di navigazione satellitare, è possibile aggiungere alla mappa delle rese anche i parametri qualitativi, creando una banca dati utilizzabile, per esempio, per la concimazione mirata per gli anni successivi. Molto importante è il fatto che le macchine siano predisposte all'origine per il montaggio di questi sensori; se il costo di tali apparati venisse ritenuto eccessivo (magari perché si è preferito optare per qualche cavallo in più...) in sede di acquisto, è sempre possibile acquistarli in seguito, cosa assai difficile da realizzare con le mietitrebbie di qualche anno fa.

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Oggi le tecnologie informatiche si sono estese alle macchine di minore potenza.

Tecnologia anche per le “piccole”

Fino a poco tempo fa queste tecnologie erano disponibili solo sulle mietitrebbie di alta gamma, ma da qualche anno sono accessibili anche su macchine meno potenti e costose. Un ostacolo, questo, alla diffusione della tecnologia digitale: perché limitare l'agricoltura di precisione solo alle macchine più grandi, tralasciando una fascia importante del mercato? Può stupire il fatto che l'evoluzione tecnica si stia finalmente spostando su macchine più semplici ed economiche, ma non bisogna dimenticare la lezione appresa dalla cosiddetta elettronica di consumo. I navigatori satellitari per impiego stradale hanno avuto una dinamica di costi inversamente proporzionale alla loro diffusione: fino a che sono stati un optional per vetture di lusso, se ne vendevano pochi pezzi, che costavano moltissimo. Ma quando gli stessi strumenti sono stati integrati nei telefoni cellulari, il mercato è passato dalla scala delle migliaia a quello dei milioni, riducendone i costi di produzione a pochi euro. Nel settore delle macchine agricole i volumi di vendita sono estremamente inferiori, e questo si verifica soprattutto per quelle da raccolta; ma se si aumenta il numero degli esemplari, il costo di servocomandi e schermi a sfioramento diminuisce drasticamente, pesando sempre meno anche sul prezzo di una mietitrebbia “entry level”.
È proprio ciò che sta accadendo ai modelli più economici, quelli destinati, per intenderci, a una grossa azienda agricola o a un'impresa agromeccanica di piccole dimensioni, o che opera in un contesto poderale molto frazionato. Ai costruttori conviene sempre meno mantenere una linea di produzione tutta “meccanica” solo per le macchine più piccole, in stabilimenti che fanno già un largo uso di componenti elettronici ed elettro-idraulici; a volte può convenire di più unificare la componentistica e le tecniche costruttive che mantenere due linee indipendenti.
Nel frattempo le nuove tecnologie, lentamente ma inesorabilmente, diventano di normale impiego, esattamente come ci sono divenute familiari nei dispositivi di comunicazione individuale o in altre applicazioni commerciali. In ogni caso, non si tratta di “giocattoli”, ma di strumenti che consentono di aumentare la produttività della macchina, di semplificare il lavoro e di ridurre le occasioni di intervenire sulla meccanica, riducendo i rischi per l'incolumità dell'operatore.

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Dalla ricerca un passo avanti verso l’enologia di precisione https://terraevita.edagricole.it/featured/ricerca-enologia-precisione/ https://terraevita.edagricole.it/featured/ricerca-enologia-precisione/#respond Wed, 17 Jan 2018 15:15:23 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20008018 Lo studio pubblicato su Scientific Reports dimostra che l’impatto dell'anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino a oggi

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enologia
Lo studio pubblicato su Scientific Reports dimostra che l’impatto dell'anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino a oggi

Sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori della Fondazione Edmund Mach, Università di Trento con il Dipartimento di Fisica e Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, che permette di comprendere l’importanza di alcune reazioni chimiche di solfonazione che avvengono nei vini, e che coinvolgono il principale conservante, l’anidride solforosa.

Un nuovo modello quantitativo

In particolare i ricercatori hanno validato un nuovo metodo quantitativo per misurare su un ampio campione di circa 200 vini del commercio, una serie di derivati solfonati dei composti del vino, recentemente scoperti dallo stesso team di ricerca. In questo modo, sono stati approfonditi alcuni aspetti finora sconosciuti delle reazioni nei vini dell'anidride solforosa, il principale conservante usato in enologia, come anche per moltissimi alimenti. Una migliore comprensione di queste reazioni, di cui ora si è rivelata appieno l’importanza, potrebbe condurre verso una enologia di precisione.
L'aggiunta di solforosa ai mosti e ai vini è pratica comune e indispensabile per tutti gli enologi, principalmente per proteggere i vini dall’ossigeno e dai microorganismi durante tutte le fasi della produzione ed affinamento. Allo stesso tempo, solforosa e solfiti sono allergenici e per questo motivo il loro uso è controllato da limiti legali, riportato in etichetta, e una loro limitazione desiderabile.

 

Solforosa: è tutto da rifare

Lo studio pubblicato su Scientific Reports dimostra che l’impatto della anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino oggi. La solforosa infatti reagisce con numerosi composti dei vini, con un impatto sulla qualità. Nei vini rossi, si produce una lenta reazione di solfonazione dei tannini, dai quali dipende il corpo, la struttura e la sensazione dell’astringenza o/e morbidezza dei vini rossi. La concentrazione dei prodotti di questa reazione aumenta con l’invecchiamento e potrebbe aiutarci a capire uno dei meccanismi attraverso la quale importanti vini rossi con il tempo migliorano loro qualità. Infatti, è stato scoperto che i prodotti di questa reazione sono componenti importanti di vari famosi vini rossi italiani ed internazionali invecchiati (per esempio Amarone, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco e Tannat).
Diversamente, nel caso dei vini bianchi e spumanti la reazione di solfonazione coinvolge diversi metaboliti indolici derivati dall’amminoacido triptofano. Questa reazione è particolarmente veloce, una evidenza che sembra essere direttamente correlata con i fenomeni che causano il veloce e precoce invecchiamento, in particolare dei vini bianchi.

Rivoluzione per l'enologia

Oggi le raccomandazioni per le minime necessarie dosi di solforosa necessarie ad assicurare una corretta conservazione sono largamente basate sulle conoscenze empiriche.
Gli autori spiegano che l'importanza di questo studio riveste diversi aspetti. Innanzitutto aspetti che riguardano i fondamenti della chimica enologica: la scoperta e la comprensione di importanti nuove reazioni chimiche indotte dalla presenza dell’anidride solforosa può finalmente dare una spiegazione della significativa anche se parziale scomparsa di questo additivo nel vino. La scoperta implica, però, anche diversi aspetti applicativi dell’enologia in quanto alcune delle reazioni evidenziate possono contribuire a spiegare alcune modifiche della qualità dei vini. Non va neppure certamente trascurato il fatto che una migliore conoscenza della reattività di questi composti che sottraggono la solforosa, dovrebbe permettere calibrare al meglio il contenuto di anidride solforosa nei vini, tenendo conto della diversa capacità di ciascun vino di consumarla.

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Più facile assicurarsi contro i danni alle colture e novità per le officinali https://terraevita.edagricole.it/colture-alternative/assicurazioni-danni-officinali/ https://terraevita.edagricole.it/colture-alternative/assicurazioni-danni-officinali/#respond Fri, 29 Dec 2017 11:10:52 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40421034 Facilitazioni per gli imprenditori agricoli che vogliono assicurarsi contro i danni alle colture e riordino del settore delle piante officinali per far crescere il comparto

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Facilitazioni per gli imprenditori agricoli che vogliono assicurarsi contro i danni alle colture e riordino del settore delle piante officinali per far crescere il comparto
Poco prima di Natale sono stati approvati due decreti legislativi che introducono disposizioni relative alla gestione dei rischi in agricoltura e nuove norme in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali.

Più facile tutelarsi contro i danni alle produzioni

In particolare, il primo decreto prevede la revisione della normativa esistente per favorire lo sviluppo di strumenti assicurativi innovativi a copertura dei danni alle produzioni, alle strutture e ai beni strumentali delle aziende agricole; la disciplina dei fondi di mutualità per la copertura dei danni da avversità atmosferiche, epizoozie, fitopatie e per la tutela del reddito degli agricoltori nonché per compensare gli agricoltori che subiscono danni causati da fauna selvatica. Infine, si interviene per rilanciare gli strumenti di gestione del rischio, integrando le misure finanziate nel quadro della nuova programmazione europea 2014-2020.

Testo unico per le officinali

Riguardo alle piante officinali, viene costituito il nuovo Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione che dà un nuovo assetto al settore per favorirne la crescita e lo sviluppo e per valorizzare le produzioni nazionali, nell’ottica di una maggiore trasparenza per i consumatori. Viene fornita poi una nuova definizione di piante officinali, prevedendo l’istituzione dei registri varietali delle specie, nei quali sono elencate le piante officinali ammesse alla commercializzazione e stabilite le modalità e le condizioni per la certificazione delle sementi. Inoltre, viene disciplinata la raccolta spontanea per evitare il depauperamento delle aree e stabilito che, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, deve essere adottato il Piano di settore della filiera delle piante officinali, che costituisce lo strumento programmatico strategico diretto a individuare gli interventi prioritari per incentivare lo sviluppo di una filiera integrata dal punto di vista ambientale, definire forme di aggregazione professionale e interprofessionale capaci di creare condizioni di redditività per l’impresa agricola e realizzare un coordinamento della ricerca nel settore. Infine, si prevede la possibilità per le Regioni di istituire, nel rispetto della normativa Ue, marchi finalizzati a certificare il rispetto di standard di qualità nella filiera delle piante officinali.

Aiuto per i piccoli produttori

«Investire di più sugli strumenti di gestione del rischio e semplificarli. È in questa direzione che continuiamo a lavorare – ha affermato il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina – per aumentare la redditività del settore agricolo e tutelare i piccoli produttori. Lo abbiamo ribadito anche nel corso del G7 agricoltura di Bergamo e il decreto di oggi si inserisce proprio in questo contesto. C’è bisogno di consolidare e introdurre strumenti adeguati a fronteggiare le nuove sfide che abbiamo davanti, in particolare quella del cambiamento climatico. Bene anche il testo unico che disciplina il settore delle piante officinali, con interventi attesi da più di ottant'anni».

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Robot e droni insieme per una difesa “precisa” dei frutteti https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-di-precisione/robot-droni-difesa-frutteti/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-di-precisione/robot-droni-difesa-frutteti/#respond Thu, 28 Dec 2017 11:26:21 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007923 Un sistema integrato di robot e droni che fungono da guardiani dei frutteti per rendere ancora più efficace e precisa la difesa fitosanitaria. Questo è Pantheon, il progetto di ricerca guidato dall'Università Roma Tre e finanziato dal programma Ue Horizon 2020

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Un sistema integrato di robot e droni che fungono da guardiani dei frutteti per rendere ancora più efficace e precisa la difesa fitosanitaria. Questo è Pantheon, il progetto di ricerca guidato dall'Università Roma Tre e finanziato dal programma Ue Horizon 2020

Un sistema integrato in cui i robot e droni senza equipaggio si muovono all'interno di un frutteto per raccogliere dati e svolgere in conseguenza attività agricole di precisione. E’ questo, in sintesi, il Progetto Pantheon sviluppato da un consorzio coordinato dal professor Andrea Gasparri del Dipartimento d’Ingegneria dell’Università degli Studi Roma Tre, composto da quattro università (Roma Tre, Université libre de Bruxelles, Universität Trier e Università degli Studi della Tuscia) e da due partner industriali (Sigma Consulting e Ferrero) con competenze che spaziano dalla robotica e la teoria dei controlli all’agronomia, il telerilevamento e big data.

Controlli mirati su ogni pianta

«Pantheon è un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma quadro H2020 - spiega il professor Gasparri - l’obiettivo è quello d’introdurre un nuovo paradigma per l’agricoltura di precisione nei frutteti, e in particolare per la gestione di noccioleti. L’idea alla base del progetto è quella di sviluppare un sistema robotico in grado di monitorare lo stato fitosanitario di ogni singola pianta presente nel frutteto per effettuare interventi mirati. Questo comporterà una gestione più ecologica del frutto con un aumento della resa e un utilizzo più mirato delle risorse». 

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Il gruppo di ricerca coordinato dal professor Gasparri

Un cervellone elabora i dati e propone le azioni

Il Progetto Pantheon sviluppa dunque un sistema di controllo e di acquisizione di dati (Scada) per l'agricoltura di precisione dei frutteti. Le informazioni rilevate sul campo dai robot sono raccolte in un'unità operativa centrale che integra i dati per eseguire le azioni di feedback automatico (ad esempio per regolare il sistema di irrigazione) e per sostenere le decisioni degli agronomi. Ciò consentirà di aumentare drasticamente il rilevamento di fattori limitanti per ogni singola pianta, come la mancanza d'acqua o la presenza di parassiti e di malattie, e di reagire di conseguenza.

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Edagricole al centro dell’agricoltura del futuro https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-innovazioni-agricoltura-prodotti-aziende/edagricole-centro-agricoltura-del-futuro/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-innovazioni-agricoltura-prodotti-aziende/edagricole-centro-agricoltura-del-futuro/#respond Thu, 21 Dec 2017 17:31:43 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007918 Una storia lunga 80 anni e tanta voglia di raccontare l’evoluzione che rende il settore primario decisivo per lo sviluppo del Paese. Parte da Fico il 19 gennaio un format inedito di informazione e intrattenimento

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Una storia lunga 80 anni e tanta voglia di raccontare l’evoluzione che rende il settore primario decisivo per lo sviluppo del Paese. Parte da Fico il 19 gennaio un format inedito di informazione e intrattenimento

C’è terra per tutti. Per il biologico e per le biotecnologie sostenibili. Per gli entusiasti della digitalizzazione e dell’agricoltura 4.0 e per i fan degli orti urbani e del km zero. Per i seguaci della sostenibilità a tutti i costi e per chi affronta la competitività dei mercati internazionali. Le pretese di chi oggi si sforza di alimentare un confronto manicheo tra presunta buona e presunta cattiva agricoltura si scontrano con una realtà dei fatti in cui la superficie agraria utile italiana continua a calare in modo impressionante. Sintomo che lo scontro strumentale non fa bene al comparto primario.
Il paradosso dell’era dei millennial è che non si è mai parlato così tanto di agricoltura e di alimentazione e non si è mai coltivato così poco.
Edagricole è dal 1937 il marchio di riferimento per l’informazione tecnica, economica e politica in agricoltura. Il nostro gruppo di lavoro è erede di una tradizione di studiosi e di comunicatori che hanno saputo affrontare con le giuste parole e i giusti suggerimenti tutti i punti nodali della storia agricola del nostro Paese.
Dall’avvento della rivoluzione verde alla lieta novella del biologico. Dall’apertura dei mercati internazionali alla progressiva affermazione dell’agricoltura di precisione.
Chi ci segue dalle pagine di questa rivista sa che l’agricoltura del futuro è già in campo e che la sua affermazione può essere decisiva per le sorti del nostro Paese. Per fare in modo che questi germogli non vengano soffocati dalle erbacce della cattiva informazione e delle fake news occorre trovare un nuovo modo per comunicare gli sforzi dei produttori a tutta la società civile.
Edagricole raccoglie questa sfida. Abbiamo nel corso dell’ultimo anno intensificato gli sforzi di convergenza multimediale affiancando ai 37 numeri del nostro settimanale l’aggiornamento di 11 portali internet tematici e newsletter quotidiane che possono raggiungere produttori e consumatori in ogni momento della loro giornata. Abbiamo costruito comunità social sempre più affollate e stiamo intensificando la nostra funzione di servizio anche attraverso una collana sempre più ricca di eventi Nova in campo.

Un inedito format

Perciò, per celebrare l’80° compleanno di Edagricole, non vogliamo parlare del passato, ma trovare nuovi modi per descrivere il futuro. La “Nuova Generazione Edagricole” è formata da giovani tecnici, terzisti e produttori vivaci e intraprendenti. Le loro esperienze e le loro aspirazioni compongono il tema al centro di un numero speciale di questa rivista, in distribuzione, e soprattutto di un format che intende unire informazione e intrattenimento. Una catena di eventi che avrà il suo esordio il prossimo 19 gennaio nell’anfiteatro di Fico, la Fabbrica italiana contadina appena inaugurata a Bologna.
Riflessioni e risate per seppellire i pregiudizi che impediscono alla nuova agricoltura di decollare. La democrazia in agricoltura si realizza tutelando sia il diritto dei produttori a coltivare con il metodo ritenuto più sicuro ed efficace. Sia quello dei consumatori di scegliere i prodotti ottenuti con le tecniche più gradite.

Smart, green, social e Nova

L’agricoltura del futuro deve essere SMART: deve utilizzare tutta l’innovazione e tutte le sinergie con la ricerca per ribadire un ruolo economico e imprenditoriale che va al di là della mera produzione di cibo ed energia. I luoghi di produzione si stanno trasferendo in città con le vertical farm. Il territorio è nelle mani dei produttori: per trasformare i propri punti di debolezza in punti di forza occorre trovare nuove formule di gestione, aperte e partecipative.
Biodiversità, paesaggio, qualità delle acque e dell’aria, anti-erosione del suolo. L’agricoltura è il settore che sembra pesare meno sull’economia attuale, ma che vale di più sull’ecologia futura.
Un ruolo green ribadito da mille vincoli di sostenibilità. Ma la sostenibilità è un cappello molto largo. La chiave sta nel calcolo e nella valorizzazione dei servizi ecosistemici dell’agricoltura per condividerne onore e oneri con tutta la società civile.
Dall’emergenza terremoto a quella inquinamento. Dai problemi dell’immigrazione a quelli del degrado del tessuto sociale ed economico dell’alta collina. Il ruolo social si risolve nella capacità di risolvere almeno tre ordini di problemi: l’occupazione e l’accrescimento professionale, con colture a forte richiesta di manodopera; l’opposizione all’abbandono delle zone collinari marginali, il contributo all’inclusività, offrendo occasioni a classi di popolazioni svantaggiate.
Produrre più beni e più servizi, ma con meno. Anche con meno contributi diretti, viste le difficoltà a fare tornare i bilanci europei post-Brexit. Per riuscirci Bruxelles auspica maggiori sinergie tra le politiche agricole e quelle di ricerca e innovazione. L’agricoltura è davanti alla svolta della precisione (3.0), della digitalizzazione (4.0) e della robotica (5.0). Nova è il brand con cui Edagricole descrive da qualche anno questo sforzo di unire sostenibilità e competitività.

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https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-innovazioni-agricoltura-prodotti-aziende/edagricole-centro-agricoltura-del-futuro/feed/ 0 Terra e Vita La nuova generazione di tecnici e produttori studia e frequenta gli istituti agrari. Fico il prossimo 19 gennaio aprirà anche a loro le porte per raccontare esperienze e aspirazioni nel corso dell’evento Edagricole 80
I cereali non rendono? Allora usiamoli per produrre birra https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/cereali-non-rendono-si-usino-per-birra/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/cereali-non-rendono-si-usino-per-birra/#respond Mon, 18 Dec 2017 17:21:04 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007883 Da un'azienda cerealicola dell'Irpinia che non produceva più reddito è nato un birrificio artigianale che impiega orzo e luppolo coltivati in proprio per produrre quattro tipi di birra

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Da un'azienda cerealicola dell'Irpinia che non produceva più reddito è nato un birrificio artigianale che impiega orzo e luppolo coltivati in proprio per produrre quattro tipi di birra

Trenta ettari coltivati a cereali nella zona di Monteverde, in provincia di Avellino. Un’azienda agricola che a metà degli anni Novanta comincia a sentire il peso della globalizzazione e del calo della redditività. Così Vito Pagnotta, giovane diplomato in agraria che sta per ereditare l’attività dal padre e dal nonno decide di fare qualcosa di diverso per diversificare l’attività ed evitare la chiusura. L’idea è quella di produrre birra agricola partendo dai cereali coltivati sui propri terreni. Un progetto che avrà una lunga gestazione: le prime birre risalgono al 2011, poi la produzione si è ampliata e diversificata: oggi le etichette sono quattro, per un totale di 70mila bottiglie (da 0,75 e da 0,33 litri), l’anno. «Inoltre – racconta Vito – stiamo per completare la conversione dei terreni in biologico».

Prima lo studio poi il progetto

I terreni di Serrocroce, questo il nome dell’azienda agricola che prende il nome dal più alto dei tre colli di Monteverde, quello che domina la valle dell’Osento, dove l’Irpinia tocca Puglia e Basilicata, si trovano a un’altezza di 750 metri sul livello del mare. Per realizzare la sua “idea meravigliosa” Vito si laurea in Agraria, poi segue un master in imprenditoria agricola, quindi trascorre sei mesi in Belgio per imparare i segreti del metodo trappista. Non ancora contento della propria formazione, segue un corso del Cerb di Perugia (il primo centro italiano di ricerca sulla birra) per diventare mastro birraio.

L'orzo e il luppolo

Oggi nei terreni di Serrocroce si coltivano due varietà di orzo da malto, Scarlett e Otis: «Per ottenere un prodotto di qualità la selezione è molto accurata – spiega Pagnotta – possiamo arrivare a scartare anche la metà del raccolto». L’orzo selezionato viene conferito a una malteria che lo trasforma in malto con il quale si producono le birre, il resto viene venduto. Dal prossimo anno Pagnotta impianterà alcuni filari di luppolo per soddisfare le esigenze del birrificio, aderendo al Progetto luppolo del Crea.

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Le quattro etichette Serrocroce

Le birre sono prodotte senza filtraggi, pastorizzazione o chiarificazione: «Facciamo due rifermentazioni, una in cisterna e una molto lenta in bottiglia che dura circa venti giorni – sottolinea l’imprenditore campano – l’intero ciclo produttivo dura circa due mesi».
Queste le quattro varietà targate Serrocroce: “Fresca” è una bionda semplice e profumata, molto dissetante è adatta per i periodi caldi. Chiara è una bionda da 5,2 °C più strutturata, ideale per pizza, pesce e formaggi. “Ambrata” è una doppio malto da 6 °C che lascia sentire la tostatura del malto e l’amaro del luppolo. Infine, l’ultima nata “Granum”, 5,8 °C, realizzata con grani antichi e spezie come il coriandolo, tutti coltivati nei terreni aziendali.

Apprezzate anche in Giappone

L’investimento complessivo per mettere in piedi il birrificio è stato di circa un milione di euro, in parte sborsati di tasca propria e in parte finanziati, ma senza alcun contributo dal Psr. Ma oggi Pagnotta si dice del tutto soddisfatto della scelta fatta, perché le sue birre sono apprezzate e il ritorno economico è soddisfacente: «Il 60% dei volumi è commercializzato in Campania – precisa Vito – il 30% nel resto d’Italia e il 10% all’estero, in particolare in Giappone, con tanto di etichetta in giapponese». I canali sono ristoranti, pizzerie, enoteche e negozi specializzati.

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Se sei un agricoltore innovatore e vuoi segnalarci la tua storia scrivi a: simone.martarello@newbusinessmedia.it

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https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/cereali-non-rendono-si-usino-per-birra/feed/ 0 Terra e Vita Vito Pagnotta
Una task force per la ricerca in viticoltura https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-viticoltura-ed-enologia/una-task-force-per-la-ricerca-in-viticoltura/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-viticoltura-ed-enologia/una-task-force-per-la-ricerca-in-viticoltura/#respond Fri, 15 Dec 2017 16:10:53 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007877 Quattro università e tre istituti di ricerca lavoreranno insieme per il rinnovo della piattaforma varietale e il miglioramento delle tecniche di coltivazione della vite

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Quattro università e tre istituti di ricerca lavoreranno insieme per il rinnovo della piattaforma varietale e il miglioramento delle tecniche di coltivazione della vite

Rinnovo della piattaforma varietale e del miglioramento delle tecniche di coltivazione della vite con l’obiettivo primario di migliorare la sostenibilità della viticoltura dal punto di vista ambientale, economico e sociale. È questo l’obiettivo dell’accordo sottoscritto dalle Università degli studi di Padova, Verona e Udine, la Libera Università di Bolzano, l’Iga Udine, la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e il Crea Viticoltura ed Enologia di Conegliano.
Il protocollo, firmato a Pordenone, nell'ambito di Expo Rive 2017, il Salone internazionale dedicato alla viticoltura e all’enologia, è preliminare a una raccolta di fondi che vedrà tutti gli stakeholder, pubblici e privati, coinvolti nel finanziamento di un piano di lavoro di durata almeno quinquennale. Con questa firma, le università e gli enti di ricerca sulla vite e sul vino del Triveneto hanno dichiarato il loro comune impegno verso lo sviluppo di un progetto di ricerca dal titolo Viticoltura 4.0.

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I rappresentanti delle istituzioni che faranno rete per la ricerca

L'unione farà la forza

Le sette istituzioni rappresentano eccellenze a livello nazionale e internazionale che hanno già dato importanti contributi nella ricerca in viticoltura che si sono anche già tradotti in applicazioni con un notevole impatto sul settore vitivinicolo del Triveneto e nazionale. Dieci anni dopo l’importante risultato ottenuto dalla ricerca italiana con il sequenziamento del genoma della vite, che ha visto protagonisti i “magnifici 7” della ricerca, questo accordo rappresenta un’altra pietra miliare su cui costruire il futuro della viticoltura. D'ora in poi, lavorare congiuntamente su questi temi di ricerca consentirà di mettere a fattor comune risorse intellettuali e strumentali e grazie a ciò accelerare il processo di trasferimento dei risultati della ricerca dai laboratori ai vigneti con benefici per i viticoltori, per i consumatori e per l’ambiente.

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Ecco come si coltiva il riso biologico nella piana di Catania https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/riso-biologico-sicilia/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/riso-biologico-sicilia/#comments Fri, 15 Dec 2017 09:04:39 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007858 Attenzione alle pratiche colturali, dalla semina all'irrigazione fino alle rotazioni e utilizzo di strumenti di precisione. Così Sebastiano Conti è riuscito a coltivare riso biologico in asciutta nella piana di Catania

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Attenzione alle pratiche colturali, dalla semina all'irrigazione fino alle rotazioni e utilizzo di strumenti di precisione. Così Sebastiano Conti è riuscito a coltivare riso biologico in asciutta nella piana di Catania

Cento ettari di risaia in biologico coltivati con successo nella piana di Catania, grazie a una sapiente e attenta gestione delle pratiche colturali e all’ausilio di strumenti di precisione. Questa la ricetta di Sebastiano (Nello) Conti, imprenditore agricolo di Lentini (Sr), che dal 1988 gestisce assieme al padre Giovanni un’azienda composta da un unico appezzamento. I Conti sono anche allevatori, possiedono infatti una mandria di Pezzate rosse austriache per la produzione di latte, oltre a bovini da carne e ovini per un totale di 2.100 capi. Il latte viene lavorato nel caseificio di proprietà, dove si producono ricotta e formaggi.
Agribioconti (questo l’odierno nome dell’azienda agricola che da 25 anni è stata convertita al metodo biologico), nasce 45 anni fa per merito di due fratelli emiliani (Ettore e Agostino Ferrari), che comprarono le terre nella zona meridionale della piana di Catania, già in provincia di Siracusa. Nel 1988 Giovanni Conti, padre di Sebastiano, le prese in affitto, poi nel 2006 Nello ha acquistato tutta la superficie, pari a 450 ettari. Oltre al riso Conti coltiva grano duro, tenero, sulla, trifoglio, grani antichi, orzo, lenticchie e ceci. I dipendenti sono una dozzina, il parco macchine è composto da 5 trattori John Deere (alcuni dotati di guida satellitare), due mietitrebbia sempre della casa statunitense e altri attrezzi di servizio.

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Sebastiano "Nello" Conti in compagnia del padre Giovanni

Ricerca e passione

Se la rinascita della risicoltura in Sicilia è merito di Giuseppe Manna, che nel 2009 decise di ricreare una risaia nella zona di Leonforte, in provincia di Enna, a Nello Conti va il merito di aver scommesso sul riso biologico. Il primo test risale al 2016 con sei ettari, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con l’Università di Catania (in particolare dal professor Salvatore Luciano Cosentino, direttore del Dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente, coadiuvato da Paolo Guarnaccia e Paolo Caruso) e con lo studio agronomico Pappalardo. La stagione 2017 ha visto la semina di 30 ettari con le varietà Carnaroli, Brio e Opale. «È andata molto bene – afferma con orgoglio Nello Conti – abbiamo ricevuto visite di agricoltori piemontesi che sono venuti a osservare il nostro lavoro, rimanendo stupiti dai risultati».

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Semplicità e precisione

Per coltivare il riso biologico “in asciutta” Conti procede così: «Facciamo un’aratura leggera, non oltre i 15 cm di profondità a fine aprile, inizio di maggio – racconta Sebastiano – poi con una livellatrice laser livelliamo il terreno con una pendenza dello 0,02% (operazione molto importante per l’irrigazione a scorrimento), poi piantiamo con seminatrice di precisione ad aria. Dopo passiamo con l’erpice e in seguito con un rullo dentato, per ridurre il compattamento. In seguito creiamo delle scoline a 40 metri di distanza una dall’altra e pratichiamo la prima irrigazione – continua Nello – poi in base alle temperature del suolo e dell’ambiente decidiamo come e quando somministrare ancora acqua». Dopo la semina Conti non esegue altri interventi fino alla raccolta di settembre. Per la concimazione l’azienda Agribioconti impiega lo stallatico autoprodotto. Un altro aspetto importante della tecnica agronomica sono le rotazioni. Di solito Conti applica la seguente successione: grano, sulla, riso, trifoglio, veccia o grano. Un paio d’anni fa ha piantato per la prima volta il grano tenero. «Grazie a queste rotazioni – sottolinea Conti – abbiamo anche incrementato la sostanza organica». Il terreno della zona è a medio impasto/argilloso.

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L’acqua non è un problema

A proposito di acqua: ma com’è possibile coltivare una coltura come il riso in una terra abbastanza avara di precipitazioni come la Sicilia? Sebastiano Conti rivela un dato sorprendente: «Con il nostro sistema di irrigazione a scorrimento usiamo circa il 40% di acqua in meno rispetto a una coltivazione di mais, sorgo o erba medica».
Per l’approvvigionamento idrico l’azienda è servita da una condotta del consorzio di Bonifica di Catania, ma possiede anche 5 invasi di cinque ettari di superficie ciascuno da cui attinge: «Mai avuto problemi di acqua – assicura Conti – nemmeno la scorsa estate, nonostante sia stata particolarmente arida, proprio grazie alle riserve accumulate nei nostri invasi, collegati da un sistema di tubature sotterranee che ci permette di estrarre l'acqua senza utilizzare pompe e quindi senza consumo di carburante».

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Sullo sfondo la condotta del consorzio di Bonifica di Catania

Rese più che soddisfacenti

E le rese? «La media è di 80 quintali per ettaro – afferma Nello – per la precisione quest’anno abbiamo fatto 60 quintali con Opale e Carnaroli, mentre Brio ha prodotto 110 quintali: una quantità davvero eccezionale».
Per le altre colture, invece, sempre in biologico, le rese medie sono di 45/50 quintali per ettaro per il grano duro con semita stretta: «Invece di 180 kg di semente per ettaro ne usiamo 250. La semina stretta serve anche per contrastare le malerbe, perché la competizione con la coltura è molto più forte e le infestanti non riescono a svilupparsi. In alcune annate particolarmente positive – precisa Conti abbiamo registrato rese quasi pari a quelle del convenzionale».

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Ok, il prezzo è giusto

«Oggi mi offrono 100 euro al quintale per il risone biologico – conclude Sebastiano – contro i 30 del convenzionale». Una quotazione che ripaga ampiamente i costi di produzione e sopperisce abbondantemente alle rese inferiori del biologico. E poi bisogna aggiungere gli incentivi del Psr per il biologico, che in Sicilia superano i 300 euro a ettaro.

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Agricoltura biodinamica, al via la versione 4.0 https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-concimazione/biodinamica-al-via-versione-4-0/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-concimazione/biodinamica-al-via-versione-4-0/#respond Mon, 11 Dec 2017 08:47:56 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007850 Con il progetto Agrifour.0 della Regione Toscana l'agricoltura biodinamica si avvale di un approccio innovativo, che richiede un cambio di paradigma, nuovi mezzi tecnici, macchinari e indirizzi gestionali

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Con il progetto Agrifour.0 della Regione Toscana l'agricoltura biodinamica si avvale di un approccio innovativo, che richiede un cambio di paradigma, nuovi mezzi tecnici, macchinari e indirizzi gestionali

L’innovazione tecnologica diventa patrimonio diffuso dell’agricoltura italiana, da potenziare e poi diffondere innanzitutto tra le future generazioni di tecnici e consulenti. È su questa mission che si colloca l’innovativo intervento voluto dalla Regione Toscana Agrifour.0, con capofila l’Istituto Agrario di Firenze, tecnico d’eccellenza nel panorama nazionale, e con la collaborazione di Apab, lo storico istituto di formazione della biodinamica. Insieme ad essi un panel di scuole e aziende di rilievo, tra cui grandi nomi come l’azienda agricola biodinamica La Vialla, 1.400 ettari certificati con il marchio Demeter, la Fattoria di Corazzano, Frescobaldi e Antinori.

Studenti e insegnanti analizzano il terreno

«Partner del progetto sono anche due istituti del Cnr, Ibimet e Ivalsa, importanti centri di ricerca, e aziende specializzate nelle nuove tecnologie - specifica Ugo Virdia, preside dell’Istituto Agrario di Firenze - perché questa sperimentazione ha l’obiettivo di fecondare i contenuti scolastici tradizionali del curricolo con ambiti di frontiera e in un ambiente di ricerca, per offrire ai ragazzi che parteciperanno la possibilità di sviluppare le loro attitudini dal laboratorio al campo».

E non solo. «Agrifour.0 è il primo progetto di messa a livello dei docenti e tutor delle scuole italiane dedicato alle nuove tecnologie e all'agricoltura rigenerativa - afferma Carlo Triarico, direttore dell’agenzia formativa Apab e presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica Italiana -, un binomio che renderà possibile l’integrazione dell’innovazione tecnologica nei processi produttivi dell'agricoltura moderna, nel rispetto del patrimonio ambientale affidato alle aziende agricole. Anche questo conferma l’agricoltura biologica e biodinamica come la più grande corrente d'innovazione agricola del momento».

Approccio innovativo

L’agricoltura biodinamica si avvale di un approccio innovativo, che richiede un cambio di paradigma, nuovi mezzi tecnici, macchinari e indirizzi gestionali. Il progetto si propone di costruire un modello di programmazione, realizzazione e valutazione dell’alternanza scuola lavoro attraverso il riferimento a un preciso ambito tematico: l’agricoltura di precisione.

Dal laboratorio al campo

L’agricoltura di precisione nei prossimi anni sarà fondamentale per affrontare la sfida dell'innovazione per le imprese del settore agricolo, in prima fila le aziende biologiche e biodinamiche. Infatti, per rispondere ai fabbisogni e alle necessità della popolazione mondiale, il settore primario è chiamato a qualificare la produttività. Produttività che dovrà, oltre ad essere guidata dalle innovazioni, essere messa in relazione ad un uso sostenibile dell'ambiente.

L’utilizzo delle nuove tecnologie “intelligenti”, apre quindi scenari di grande interesse e potenzialità per l’agricoltura ecologica, evidenziandone il ruolo di settore trainante per l’innovazione e l’occupazione.

Attorno al focus tecnologico il progetto propone un percorso di formazione, informazione e valutazione degli interventi con l’obiettivo di preparare adeguatamente gli istituti di formazione agraria del futuro, attraverso tutti gli attori dell’alternanza, dagli insegnanti, ai tutor scolastici, agli agricoltori, perché siano in grado di comprendere le opportunità offerte da uno scenario tecnologico in continua e rapida evoluzione. Allo stesso tempo Agrifour.0 vuole creare uno stabile dialogo tra sistema scolastico e mondo delle imprese perché le opportunità offerte dall’alternanza siano pienamente sfruttate a favore degli studenti, futuri attori del mondo del lavoro e dell’innovazione.

Modello di formazione

Il progetto si prefigge quindi di definire un modello di formazione per tutor scolastici e aziendali, promuovendo un lessico comune orientato alle potenzialità dell’alternanza scuola lavoro nel settore dell’agricoltura di precisione. In tale percorso saranno coinvolti anche gli allievi per la promozione di conoscenze trasversali oltre che dei fondamenti degli aspetti principali di relazione in un contesto aziendale e di autoimprenditorialità.

Studenti e tutor in azienda

Le attività formative, propedeutiche all’alternanza scuola lavoro, si svolgeranno tramite lezioni in aula e soprattutto laboratori esperienziali, per lo sviluppo delle facoltà critiche, sulle seguenti tematiche: Ict, sostenibilità, sistemi cyberfisici e monitoraggio micro meteorologico.

In riferimento all’Information and Communication Technology gli studenti impareranno a utilizzare i Big Data ed effettuare analisi statistiche di dati ricavati da analisi su prodotti agroalimentari. Le fitopatologie e il loro controllo nel rispetto del suolo e delle risorse idriche, saranno esaminati nell’ambito della tematica sostenibilità, mentre per quanto riguarda i sistemi cyberfisici i partecipanti affronteranno l’utilizzo dei droni per aerofotogrammetria di precisione ed altri interventi mirati, l’introduzione all’uso di strumenti Gis, le immagini satellitari ad altissima risoluzione e i sensori ottici a terra.
Infine sarà approfondito il monitoraggio micro meteorologico relativo al rilevamento ed alla valutazione ed elaborazione dei dati acquisiti e come applicare queste informazioni in campo agricolo.
Al fine di favorire la sostenibilità del modello proposto e l’efficacia delle azioni, sarà inoltre posta attenzione agli aspetti di comunicazione sia per i soggetti direttamente coinvolti nella sperimentazione che per tutti i potenziali stakeholders, in particolare le imprese che operano nel settore agricolo e tecnologico.

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Barbabietola biologica: come si coltiva e quanto rende https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/barbabietola-biologica-si-coltiva-quanto/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/barbabietola-biologica-si-coltiva-quanto/#respond Mon, 27 Nov 2017 11:38:11 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007750 Sfruttando le potenzialità dell’agricoltura di precisione, affidandosi a buone pratiche agronomiche e grazie al supporto di prodotti di nuova generazione come i biostimolanti, è possibile ottenere risultati più che soddisfacenti dal punto di vista colturale ed economico

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Sfruttando le potenzialità dell’agricoltura di precisione, affidandosi a buone pratiche agronomiche e grazie al supporto di prodotti di nuova generazione come i biostimolanti, è possibile ottenere risultati più che soddisfacenti dal punto di vista colturale ed economico

È possibile coltivare barbabietola da zucchero biologica? Sembra proprio di sì a giudicare dall’esperienza di un giovane agricoltore emiliano, socio di Coprob, che da un paio d’anni ha iniziato la sperimentazione su un ettaro e mezzo di terreno con risultati più che incoraggianti, tanto che il consorzio ha deciso di avviare un progetto che in un paio d’anni prevede di arrivare a coltivare circa 1.500 ettari di barbabietole in bio.
Del resto saper innovare significa anche cercare di assecondare le richieste del mercato. E i numeri dicono che oggi sono circa 25mila le tonnellate di zucchero biologico consumate in Italia ogni anno, con ritmi di crescita a doppia cifra, senza contare l’export. E mentre le quotazioni dello zucchero bianco tradizionale sono in continuo calo, con prezzi che dopo la fine del regime delle quote saranno soggetti a un'elevata volatilità, il biologico si vende alle industrie a 1.200/1.300 euro alla tonnellata, contro i circa 360 del convenzionale.

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L’idea di un giovane lungimirante e con i piedi per terra

Fabio Guzzetti è un giovane imprenditore agricolo di 30 anni, perito agrario, che assieme al padre Angelo coltiva 220 ettari nella zona di San Giovanni in Persiceto, tra le province di Modena e Bologna.
L’azienda nacque per volere del nonno Giuseppe e di suo fratello Mario nella prima metà del Novecento. All’inizio si affidarono al lavoro dei contoterzisti, pratica che fu poi abbandonata per dedicarsi alla gestione diretta dei fondi. Oggi le colture principali sono cereali autunno-vernini (grano duro e tenero), cereali primaverili (sorgo), che variano in base alla rotazione e alla tipologia di terreno, colture da seme (cicoria e pisello, pomodoro da industria e barbabietola da zucchero).
«Da qualche anno parte dell’azienda è stata convertita in biologico per andare incontro alle esigenze del mercato – spiega Guzzetti – e per una sana diversificazione aziendale, a mio avviso fondamentale per una responsabile gestione imprenditoriale».
Da sempre socia di Coprob l’azienda Guzzetti coltiva bietole mediamente su una superficie di 45-50 ettari ogni anno, in base anche alle esigenze delle rotazioni.
«L’idea di applicare il metodo biologico a una coltura come la barbabietola è nata non per caso ma per necessità – sottolinea Fabio – il mercato e l’industria chiedono sempre più materie prime biologiche per soddisfare le richieste dei consumatori e noi non possiamo che adeguarci».

barbabietola
Fabio Guzzetti mostra una delle barbabietole biologiche da lui prodotte

L’importanza di tecnica e innovazione

Lavorazione del terreno, semina, irrigazione, nutrizione e biostimolazione, difesa da patogeni e gestione delle malerbe. Tutti elementi chiave per ottenere risultati ottimali in generale, ma ancora di più nel biologico. Guzzetti ha iniziato la sua sperimentazione su un ettaro e mezzo circa di terreno a medio impasto. «In autunno ho praticato un’aratura profonda a 45 cm – racconta – poi ho eseguito un affinamento con erpice rotante e vibrocoltivatore. In primavera, a ridosso della semina, ho fatto due ulteriori passaggi con mini vibro munito di rullo posteriore per l’abbattimento meccanico delle infestanti. La posa del seme è stata posticipata ai primi di aprile proprio per eliminare i germogli delle malerbe». Prima della semina sono stati distribuiti dieci quintali di concime organico con un titolo di azoto dell’11%. Il seme è stato conciato con un prodotto a base di micorrize.
E la cercospora? «La difesa è stata eseguita con due trattamenti a base di rame e zolfo – specifica l’imprenditore emiliano – inoltre, tra fine aprile e maggio ho eseguito una fresatura e una sarchia-rincalzatura. Infine, si è reso necessario un passaggio di zappatura manuale per colpire le malerbe nate sulla fila dell’impianto». Dal 2008 nell'azienda agricola è stata introdotta la guida satellitare, collegata anche a barra irroratrice e spandiconcime. Sull'importanza delle nuove tecnologie per la conduzione in biologico Guzzetti non ha dubbi «Sono di grande aiuto, soprattutto quando si deve sarchiare in modo veloce e preciso».

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I risultati in campo e il conto economico

La campagna 2016 ha dato una resa media di 52 tonnellate per ettaro di radici con una polarizzazione media del 16,7% per una Plv di 2.310 euro a ettaro. I costi colturali sono stati di 1.590 euro, quindi con un margine netto di 720 euro per ettaro. A questi bisogna aggiungere i contributi Psr per il biologico (Misura 11): in Emilia-Romagna sono di 357 euro a ettaro per la conversione e 321 per il mantenimento. Quindi il margine finale della bietola bio è di 1.077 euro/ettaro in conversione e di 1.041 euro/ettaro a regime. «Non solo – precisa Guzzetti – queste cifre si riferiscono a un prodotto non pagato come biologico, quindi la marginalità può essere ancora superiore». Le cifre del 2017 sono ancora in fase di elaborazione, ma non dovrebbero discostarsi molto da quelle dell’anno precedente.
Per quanto riguarda la barbabietola convenzionale, nel 2017 la Plv è stata di 3.419 euro/ettaro, a fronte di 2.576 euro di costi: il margine è stato quindi di 843 euro.
Numeri che parlano chiaro e che hanno convinto Coprob ha dare vita a un programma di conversione in biologico di una parte delle superfici dei propri soci. Nel 2018 saranno circa 150 gli ettari dedicati, mentre nel 2019 dovrebbero essere 1.500. Le aziende che aderiranno dovranno rispettare un disciplinare messo a punto da Coprob insieme a Federbio. Trattandosi di una fase sperimentale con superficie ridotta, finora Guzzetti non ha acquistato attrezzature specifiche per la conduzione dei terreni in biologico, ma non esclude di farlo nel prossimo futuro.

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Un’agricoltura che non fa rima con immobilismo

«La superficie da investire a biologico dipende delle possibilità di gestione aziendali che devono tenere conto della manodopera di cui si dispone e soprattutto delle necessità agronomiche prima fra tutte una rotazione quinquennale – spiega Guzzetti – i risultati positivi ottenuti in questi due anni mi portano però a pensare che grazie alla professionalità di Beta (la società di ricerca e sperimentazione del consorzio bolognese ndr) e dei tecnici Coprob in collaborazione con FederBio, potremo sicuramente crescere. Per ottenere soddisfazioni economiche con l’agricoltura nel mondo di oggi – conclude Fabio – credo sia fondamentale che gli imprenditori agricoli non rimangano chiusi dentro vecchi schemi e ideologie, ma sappiano cogliere i cambiamenti».

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Da un seme congelato il nuovo cece madrileno https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-frutticoltura-e-orticoltura/da-seme-congelato-nuovo-cece/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-frutticoltura-e-orticoltura/da-seme-congelato-nuovo-cece/#respond Wed, 22 Nov 2017 14:32:20 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007710 Da un progetto dell'associazione madrilena di coltivatori di ceci e dell'istituto spagnolo di ricerca rurale, è nata una nuova cultivar che sta riscuotendo notevole successo in cucina

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Da un progetto dell'associazione madrilena di coltivatori di ceci e dell'istituto spagnolo di ricerca rurale, è nata una nuova cultivar che sta riscuotendo notevole successo in cucina

Le varietà di ceci Pedrosillano, Fuentesauco, Castellano e Blanco hanno un nuovo concorrente in tavola: il Madrileno. Un cece piccolo, aranciato e adatto al cocido (il piatto tipico madrileno, uno stufato di carni e verdure, tra cui sempre presenti sono proprio i ceci) che, dopo quasi due anni di lavoro, è stato recuperato per la commercializzazione dall'associazione Garbancera Madrilena (garbanzo è la parola spagnola che indica il cece) - formata da 14 comuni - insieme all'Istituto di Madrid per la ricerca e lo sviluppo rurale (Imidra). La prima produzione ha raggiunto i 250 quintali del legume che è già in vendita. La notizia è riportata in un articolo del quotidiano spagnolo El Pais del 19 novembre scorso.

La sperimentazione

Brunete, Quijorna e Villamantilla sono le località responsabili dell'attuazione di
questo progetto. Tutte condividono l'area geografica, a ovest di Madrid. Il primo passo è
stato quasi due anni fa, quando sono entrate in contatto con l'Imidra, che aveva semi
congelati di questo legume. Il processo è iniziato con la coltivazione di 350 grammi del
seme che ha dato origine a due chili e mezzo di ceci. Da allora, 18 agricoltori sono stati
responsabili della produzione.
Ma molto prima, Josè Francisco Brunete, agricoltore e presidente dell'associazione
Garbancera, lo coltivava già. «Tradizionalmente veniva seminata una varietà del cece
Castellano - racconta - ma negli anni Sessanta e Settanta la coltivazione fu abbandonata
a causa dell'immigrazione degli agricoltori verso la città».
Negli anni '80, Imidra ha raccolto alcuni di questi semi mentre selezionava circa 20
linee di materiale genetico da un centro di sviluppo. «Quando hanno dovuto
registrarli, hanno dato alle varietà i nomi delle donne che lavoravano nel centro - dice
Brunete - quest'anno hanno piantato la varietà Eulalia; il prossimo sarà Amelia». Intanto
studiano per recuperare la varietà originale: «Bisognerà aspettare alcuni anni, perché
c'è ben poco e il processo di moltiplicazione è lungo. Era un cece meno resistente;
dovremo vedere come si comporta».

Ettari in crescita

Quest'anno gli ettari di coltivazione aumenteranno passando da 130 a 250. «Questo
cece ha qualità gastronomiche eccezionali - spiega l'imprenditore agricolo spagnolo - dovute, tra l'altro, alle caratteristiche del terreno della regione, leggermente acido». La catena di supermercati Ahorra Mas ne ha comprato 12.000 chili (escono a 2,5 euro al chilo), mentre il resto è stato diviso tra i ristoratori.
Il ristorante Casa Maria ne ha acquistato 3.000 chili: «Ne abbiamo consumato già
quasi 500 chili - afferma Carlos Sotos, proprietario dell'esercizio - il successo è enorme.
Per cucinarlo bisogna bagnarlo tra le 24 e le 48 ore e poi tra le otto e le nove ore a
fuoco basso. Questo è il tempo richiesto perché i sapori del cocido si integrino
con il legume senza che questo perda la pelle. La sua cremosità finale lo rende un cece
unico».
Attualmente stanno certificando la qualità, ma il sindaco di Brunete vuole la
Denominazione d'origine: «Vogliamo esportarlo e desideriamo che la gastronomia dei
nostri comuni diventi un'attrazione turistica».

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Luppolo, alternativa dal grande potenziale economico https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/luppolo-alternativa-dal-grande-potenziale-economico/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltori-innovatori/luppolo-alternativa-dal-grande-potenziale-economico/#comments Mon, 20 Nov 2017 15:23:43 +0000 https://novagricoltura.edagricole.it/?p=20007656 Due giovani agronomi emiliani stanno contribuendo alla rinascita della coltivazione del luppolo, ingrediente sempre più richiesto dall'industria della birra e capace di remunerare in maniera adeguata gli imprenditori agricoli

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luppolo
Due giovani agronomi emiliani stanno contribuendo alla rinascita della coltivazione del luppolo, ingrediente sempre più richiesto dall'industria della birra e capace di remunerare in maniera adeguata gli imprenditori agricoli

Una coltura molto simile alla vite per ciclo colturale, impianto, lavorazioni e difesa. Un’alternativa che può dare soddisfazioni ad aziende agricole che vogliano diversificare il loro portafogli produttivo, soprattutto in un periodo nel quale i grandi classici dell’agricoltura italiana, come cereali e mais, segnano il passo, con risultati economici scarsi e a volte addirittura negativi. Stiamo parlando del luppolo, pianta appartenente alla famiglia delle Cannabacee, coltivata un po’ in tutto il mondo e fino all’Ottocento anche in Italia. Poi venne abbandonata, ma ora si sta riscoprendo, grazie anche a due giovani imprenditori modenesi che qualche anno fa hanno iniziato la coltivazione in via sperimentale e a un deciso interesse dei birrifici, soprattutto artigianali, per materie prime del territorio.

L’idea di due giovani modenesi

Nata come spin off dell’Università di Parma, Italian Hops Company è la società fondata nel 2014 da Eugenio Pellicciari e Gabriele Zannini, due agronomi che freschi di laurea hanno deciso di puntare sul luppolo, piantando un paio di ettari a Marano sul Panaro, in provincia di Modena. «Mentre frequentavo Agraria all’Università di Parma scoprii da alcune fonti storiche che tra Settecento e Ottocento proprio nella zona di Marano sul Panaro si coltivava il luppolo – racconta Pellicciari – così decisi di buttare giù un progetto per riprendere la coltivazione, coinvolgendo l’ateneo e il Comune. Ottenemmo l’attenzione di entrambi e all’inizio del 2012 mettemmo a dimora il primo campo sperimentale con 70 genotipi autoctoni e 10 di luppoli esteri. Il primo raccolto con le varietà Cascade e Nugget risale al 2015».

Luppolo
Eugenio Pellicciari e Gabriele Zannini

Come fare per coltivare il luppolo

Italian Hops Company offre un servizio di consulenza agli imprenditori agricoli che vogliano cimentarsi con la coltivazione di luppolo, inoltre, possiede un impianto per processare il raccolto, che può essere conferito direttamente dagli agricoltori. «L’importante è che i luppoleti siano non troppo lontani da qui – spiega Eugenio, per non compromettere le caratteristiche del prodotto – mentre se qualcuno volesse realizzare anche gli impianti per la lavorazione e il confezionamento, gli investimenti sarebbero molto ingenti». Difatti è necessario creare poli di essiccamento distanti al massimo una decina di km dai campi per non compromettere la qualità organolettiche dei fiori raccolti.
Oggi sono poco meno di tre gli ettari coltivati da IHC a Marano sul Panaro, ma presto si aggiungeranno cinque ettari di un agricoltore di Campogalliano e entro il 2018 altri due ettari, sempre in zona.
Oltre a coltivare e offrire consulenza tecnica, IHC importa macchine e tecnologie ma si occupa anche di importazione e commercializzazione di luppolo tedesco e statunitense.
«La gestione degli impianti è molto simile a quella dei vigneti – precisa Pellicciari – infatti per un’azienda viticola è più facile avvicinarsi a questo tipo di coltura. Tra marzo e maggio c’è il grosso del lavoro, con potatura e trattamenti vari. Poi ogni anno bisogna aggiungere un filo di crescita per seguire lo sviluppo della pianta. Da giugno si fa solo mantenimento con gestione delle infestanti, a settembre si raccoglie. Le malattie a cui è più sensibile il luppolo sono Peronospora e Oidio».
Attenzione: al di sotto di certe latitudini il luppolo inizia ad avere qualche problema, quindi è una coltivazione non adatta al sud, più che altro per una questione di caratteristiche: con climi caldi si rischia sia troppo amaro. Secondo Pellicciari in Italia il limite oltre il quale non andare è il Lazio, anche se esistono coltivazioni più a meridione.

Luppolo
L’impianto di IHC a Marano sul Panaro

Quanto rende un luppoleto

«Per realizzare gli impianti ci avvaliamo di aziende tedesche – ammette Pellicciari – sono esperte e affidabili. L’altezza delle piante pienamente sviluppate è di circa sei metri, ci vogliono quattro anni per portarle alla piena produzione, ma già dal secondo anno si può iniziare a raccogliere con rese del 50/60% e dal terzo dell’80%».
Per mettere a dimora un ettaro di luppolo il costo tutto compreso (piante, attrezzature e manodopera) è di circa 34mila euro. Le rese medie (variano a seconda della varietà e delle condizioni pedoclimatiche) sono comprese tra 1,8 e due tonnellate per ettaro, il che equivale a ricavi che oscillano tra 16 e 20mila euro a ettaro che tolte le spese di gestione fruttano un guadagno di 6-8mila euro a ettaro. In quattro anni si possono quindi ammortizzare le spese per la realizzazione dell’impianto e considerato che la vita media delle piante di luppolo è di 25 anni, il tempo per far fruttare l’investimento c’è tutto. Inoltre, IHC propone agli imprenditori agricoli contratti di ritiro della durata di dieci anni: una bella garanzia per chi voglia cimentarsi con questa coltivazione.

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Le macchine

Ecco alcuni macchinari indispensabili alla coltivazione e alla raccolta del luppolo:

  • Cutting Machine, serve per la potatura primaverile. L'usato ha un costo compreso tra 1000 e 2.500 euro;
  • Esfogliatrice – Hop-picking Machine, serve per la raccolta. L'usato ha un costo compreso tra 9.000 e 16.000 euro. Il costo del nuovo varia tra 20 e 30.000 euro, una scelta che si può fare se si decide di usufruire di fondi Psr (o di altra fonte) per l'acquisto di macchine;
  • Cestello, serve per realizzazione e manutenere impianto, fissare i fili di coltivazione, e per la raccolta. Il prezzo approssimativo dell'usato varia tra mille e 2.500 euro;
  • Macchinari agricoli generici per la lavorazione del terreno.

 

luppolo

 

Un prodotto sempre più apprezzato

Il luppolo è un ingrediente essenziale nella produzione della birra. I birrai lo utilizzano da secoli per donare amaro e aroma alle proprie birre, bilancia la dolcezza del malto – altro ingrediente fondamentale – e aggiunge un bouquet unico. Inoltre, ha qualità conservanti, stabilizza e rafforza la formazione della schiuma. La coltivazione di luppolo commerciale è diffusa in tutti i continenti. Oltre a Stati Uniti, Germania e Cina – primi produttori mondiali - si trovano distretti più o meno sviluppati in Repubblica Ceca, Polonia, Slovenia, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Ucraina, Giappone, Belgio e addirittura in Spagna, Francia e Portogallo. Esistono molte cultivar ed ogni Paese ha le proprie con peculiari caratteristiche in base alle quali vengono suddivise in aromatiche con alta concentrazione di oli essenziali, o amaricanti con alta percentuale di alfa acidi. Grazie alla propria rusticità e alla grande capacità di adattamento questo rampicante si è sviluppato nelle più disparate condizioni evolvendo e diversificandosi. L'Italia non ha campi coltivati commercialmente a luppolo ormai da quasi un secolo, però il numero di produttori di birra sul territorio nazionale è aumentato da una decina nel 1996 agli ottocento di oggi. Questo aumento e il desiderio di utilizzare per la produzione di birra materie prime di produzione locale hanno fatto crescere la domanda, dando ai coltivatori la sicurezza di vendere i raccolti e di farlo a prezzi più che soddisfacenti.
Per approfondimenti si può consultare anche il portale creato dal Crea.

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L'interno di un birrificio

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L’innovazione al G7 Agricoltura: guarda il video https://terraevita.edagricole.it/mediagallery/innovazione-g7-agricoltura-guarda-video/ https://terraevita.edagricole.it/mediagallery/innovazione-g7-agricoltura-guarda-video/#respond Thu, 26 Oct 2017 10:35:11 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40419060 Dal prototipo di trattore a metano a quelli con guida automatica fino a spandiconcime a rateo variabile e droni. Ecco una carrelalta di macchine e attrezzature per l’agricoltura moderna che hanno sfilato a Treviglio in occasione del G7 Agricoltura

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Dal prototipo di trattore a metano a quelli con guida automatica fino a spandiconcime a rateo variabile e droni. Ecco una carrelalta di macchine e attrezzature per l’agricoltura moderna che hanno sfilato a Treviglio in occasione del G7 Agricoltura

Alla vigilia dell’incontro tra i grandi dell’agricoltura, nella operativa provincia agricola bergamasca, per la precisione a Treviglio, alcuni grandi costruttori mondiali di macchine agricole hanno messo in mostra le loro ultime produzioni. Teatro dell’evento, chiamato Farm Innovation Lab, è stato il Crea-IT (Centro di ricerca, ingegneria e trasformazione agroalimentare del Crea) di Treviglio, che ha organizzato la manifestazione in collaborazione con il brand Edagricole del Gruppo Tecniche Nuove. «Crediamo nella ricerca e nell’evoluzione tecnologica - ha spiegato Paolo Menesatti, direttore del Crea-IT – e questo evento è la conferma di quanti passi avanti stiamo facendo nel settore della meccanizzazione agricola e più in generale in agricoltura. Siamo inoltre davvero soddisfatti nel vedere una partecipazione di giovani così ampia».

Agricoltura di precisione e sostenibilità

A farla da padrona è stata l’agricoltura di precisione, ma più in generale si è voluto sottolineare il concetto di sostenibilità dell’agricoltura. Per questo, ad esempio, si è parlato anche di combustibili alternativi grazie alla presenza di un prototipo di trattore a metano della New Holland, mentre tutti gli altri trattori, da Case IH a McCormick, da Fendt a Deutz-Fahr, hanno sfilato mettendo in evidenza ognuno i propri sistemi per il precision farming. Particolare risalto è stato dato all’importanza di ridurre il compattamento del terreno, con specifico riferimento alla giusta pressione dei pneumatici (grazie alla prova con il dinamometro del Crea-IT e al dispositivo Vario Grip di Fendt), mentre le attrezzature presenti (spandiconcime Amazone, barra irroratrice Maschio e seminatrice Väderstad) erano all’insegna della distribuzione a rateo variabile (cioè, solo quanto, dove e quando serve). I sistemi di mappatura del terreno (Arvatec) e delle produzioni (prova di trinciatura di sorgo da biomassa) hanno attirato l’attenzione dei presenti, così come non potevano mancare i droni e le loro potenzialità nel settore  agricolo (Adron Technology). Dinamica Generale (dispositivo AgriNir) ha declinato la precisione nel settore zootecnico, mentre per il vigneto Same ha presentato il progetto Connected Vineyard e l’efficacia della sospensione anteriore Active Drive grazie al banco vibrante del Crea-IT.
«Il programma di riorganizzazione del Crea sta cominciando a dare i suoi frutti - ha detto il presidente del Crea Salvatore Parlato – e non può prescindere dalla sinergia con i costruttori. Solo una stretta collaborazione tra pubblico e privato, infatti, ci consentirà di esercitare un ruolo di rilievo nello sviluppo dell’agricoltura italiana».

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Droni, è qui il futuro? https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-di-precisione/droni-e-qui-il-futuro/ https://terraevita.edagricole.it/nova/nova-agricoltura-di-precisione/droni-e-qui-il-futuro/#respond Wed, 11 Feb 2015 15:29:23 +0000 http://nova.agricoltura24.ixpress.it//?p=9064 Nuove soluzioni tecnologiche all’orizzonte

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Nuove soluzioni tecnologiche all’orizzonte

Uav (Unmanned Aerial Vehicle, cioè veicolo
aereo senza pilota), Sapr (Sistemi Aeromobili
a Pilotaggio Remoto), Apr (Aeromobili a
Pilotaggio Remoto), quadricotteri, esacotteri,
octotteri. Sono solo alcuni degli acronimi e
dei sinonimi utilizzati per definire quelli che
più comunemente sono conosciuti come
droni e che, nati per l'utilizzo in campo militare,
stanno velocemente trovando spazio
anche in campo agricolo.

Ma a cosa è dovuto questo crescente interesse?
In cosa possono essere utili i droni
agli agricoltori? Fondamentalmente i droni
possono sostituirsi (o affiancarsi) ai satelliti
per fornire immagini, in quanto sono meno
costosi ed effettuano rilievi a più alta risoluzione.
Quali tipi di rilievi? Innanzitutto vedere
una coltura dall'alto fotografa lo stato
sanitario delle piante molto meglio che non
a occhio nudo. Ma soprattutto, grazie ai dispositivi
con cui si possono equipaggiare i
droni (termocamere, fotocamere, sensori
ecc.) si scattano immagini multispettrali e si
catturano dati nello spettro dell'infrarosso
e in quello visibile, creando così una visione
complessiva della coltura che mette in evidenza
differenze tra piante in salute e piante
stressate. Tutti i dati raccolti, infatti, vengono
gestiti da appositi software e, come per tutti
i sistemi di agricoltura di precisione, utilizzati
ai fini di una gestione agronomica ottimale.
Negli ultimi mesi si stanno rapidamente susseguendo
convegni e conferenze sull'utilizzo
di questi velivoli in agricoltura. L'ultimo si è
svolto a Roma, nell'ambito di un programma
dal nome “Roma Drone Conference”, e ha avuto
come protagonisti i costruttori di droni
(e accessori correlati). «Se c'è un settore in
cui i droni stanno passando rapidamente dalla
fase di sviluppo tecnologico a quelle applicativa
e commerciale è proprio l'agricoltura
di precisione» - ha sottolineato il presidente
di Roma Drone Conference, Luciano Castro
-. Questo settore, infatti, si sta rivelando di
grande interesse in Italia, in particolare per
la relativa semplicità dell'utilizzo dei droni
in aree agricole considerate 'non critiche' perché disabitate e prive di infrastrutture».
A questo proposito l'Enac (Ente nazionale
per l'aviazione civile) ha emanato di recente
un regolamento specifico per operare in
aree rurali non critiche con i droni. «Essere
in regola ha un suo valore e offre dei vantaggi,
soprattutto in agricoltura - ha ricordato il
presidente Enac Carmine Cifaldi. -. Il drone
trova la sua collocazione nobile in questo
settore e come Enac vogliamo supportarlo».
Oltre a certe regole da rispettare (ricordiamo
la più importante, non superare i 70 metri di
altezza e manovrare il drone entro un raggio
massimo di 200 metri), c'è l'obbligo di assicurarsi.
La Prs (Pagnanelli Risk Solution) ha
elaborato una polizza ad hoc per l'agricoltura,
la GrowGreen, che copre contro i rischi di responsabilità
civile terzi (con o senza l'irrorazione
di sostanze). Indicativamente, nel caso
di attività di monitoraggio i premi vanno dai
320 ai 370 euro, a seconda della durata, mentre
nel caso di attività di irrorazione si sale a
400-450 euro.

Quanto ai prezzi, sono molto variabili a seconda
dei modelli. In ogni caso, al momento
più che un acquisto da parte del singolo agricoltore,
sembra verosimile un servizio da
parte di un contoterzista o degli stessi costruttori.

I protagonisti

In occasione della Roma Drone Conference
erano presenti alcuni costruttori di droni,
molti dei quali sono partner delle ricerche
condotte a livello pubblico. A partire da Ital-Drone (di Ravenna), che come evidenziato nel
box in prima pagina, ha presentato assieme
ad Adron Technology (di Udine) quello che è
stato anche definito il drone contadino, perché
progettato appositamente per l'agricoltura.
Si chiama AgroDron ed è munito di un
sistema automatizzato per la distribuzione
di uova di Trichogramma, granuli, sementi e
fitofarmaci sotto forma di polveri. Viaggia a una
velocità di 8 m/s, per un'efficienza di 10 ettari/
ora, e il serbatoio ovuli ha una capacità di
500 pezzi, con cui si possono coprire 5 ettari.
AgroDron è progettato per volare in modo
continuativo sostituendo la batteria ogni 20
minuti, tempo che rappresenta l'autonomia
di volo. La precisione nella distribuzione è
di +/-1 m. Ovviamente AgroDron può anche
sorvolare i campi per funzioni più tradizionali
legate all'agricoltura di precisione, come l'acquisizione
fotogrammetrica e il rilevamento
multispettrale-termico per ricavare mappe di
vigore sullo stato di salute delle piante, rilevare
zone del terreno con eccessiva o carenza
idrica ecc. ItalDrone fornisce inoltre gli strumenti
necessari con cui equipaggiare i droni,
a partire dalla telecamera multispettrale, con
mini-PC per la registrazione dei dati, appositamente
sviluppato per la spettrometria
aerea: rosso, verde e bande Nir forniscono
le informazioni necessarie per l'estrazione
di indici come l'Ndvi (Normalized Difference
Vegetation Index) e il Savi (Soil Adjusted Vegetation
Index). Italdrone offre anche la telecamera
a infrarossi (termocamera), appositamente
sviluppata per la termografia aerea.
FlyTop (di Roma) è stata protagonista con
i suoi Apr equipaggiati di specifici sensori
per l'agricoltura di precisione. Grazie alla
partnership con 3D Target, ha potuto presentare
al suo stand una serie di FlyNovex
equipaggiati con diverse tipologie di sensori,
dalle camere multi-spettrali Tetracam e iperspettrali
Headwall ai sensori termici Flir, che
si integrano con il software di pianificazione
della missione FlyTop Manager e con l'elettronica
di bordo, al fine di restituire il dato grezzo
ottenuto dall'osservazione del terreno arricchito
di tutti i necessari metadati. In tema di
sensoristica per l'agricoltura FlyTop propone
sensori per stima delle produzioni, monitoraggio
del contenuto idrico e dell'efficienza delle
tecniche di irrigazione, stima dell'effetto dei
fertilizzanti, stima di danni biotici e abiotici,
piani di gestione forestale, studi di impatto
ambientale, stress idrico, analisi fotosintetica
delle piante, capacità di ritenzione idrica del
suolo e temperatura della copertura vegetale.
SkyRobotic (di Terni) ha presentato sistemi
Apr specifici per il rilievo ricorrente di dati
sulle colture: una piattaforma di gestione dei
dati in grado di ottimizzare l'elaborazione e la
restituzione di mappe di interpretazione (Nir,
Ndvi, di prescrizione) su principali supporti informatici.
I dati ad alta precisione rilevati con
frequenza dal drone vengono integrati con i
dati ricavati da altre eventuali metodologie di
rilievo. La piattaforma di storage e trasmissione
dei dati ne consente una gestione locale
o cloud. Attraverso l'attività di elaborazione
vengono prodotte tutte le mappe in terpretative a supporto delle scelte per i trattamenti.
I report e gli output vengono resi disponibili
su vari dispositivi informatici. Tra i
droni esposti da SkyRobotic il modello SF6
ad ala rotante, facile da usare anche dove il
terreno presenta asperità e ostacoli grazie al
decollo e all'atterraggio verticali. Pensato per
l'uso intensivo in ''campo'', ha un'autonomia
di 40 minuti di volo e la capacità di rilevare più
di 50 ettari per ogni singolo volo. Si possono
cambiare sensori in base all'esigenza di rilievo
e pianificare il volo in modo automatico
con funzioni specifiche per l'aerofotogrammetria.
I sensori sono customizzabili per poter
dare le risposte spettrali necessarie per il
calcolo degli indici, a partire dall'Ndvi.

A proposito di sensori, Menci Software (di Arezzo)
è leader nello sviluppo dei software di
fotogrammetria per l'elaborazione di dataset
di immagini acquisite da Sapr. Rivenditore esclusivo
per l'Italia di SenseFly, promuove la
sinergia del sistema Aps Suite sia con i dati
di acquisizione di eBee (drone SenseFly) che
con quelli di qualsiasi altro Sapr. In campo agricolo
Menci Software ha presentato il drone
eBeeAG, le cui caratteristiche principali
sono un'autonomia di volo di 45-50 minuti,
una velocità di crociera nominale di 10-25 m/s e la possibilità di equipaggiamento con
indicatore di biomassa, indice di area fogliare,
valutazione dello stress idrico e delle piante,
analisi di concentrazione dei pigmenti, concentrazione
dell'azoto, indice Ndvi / Savi, poligonazione
e conteggio piante.

Infine, Cloud-Cam by Nuovi Sistemi, specializzata
in progettazione, programmazione e
sperimentazione dei droni, tra i tanti servizi
offre quello del monitoraggio monti, parchi,
zone boschive, laghi, fiumi e paludi, oltre al controllo delle frodi agricole. Tra i modelli
proposti citiamo l'F8 (definito da Cloud-Cam
il drone più piccolo al mondo, portata minima
300 m, massima 1 km, autonomia 8 minuti a
pacco batteria), il Phantom2 (monta i sensori
di generazione più avanzata, autonomia di
16-18 minuti a batteria a seconda del vento,
può montare anche due camere) e l'x8 (un ibrido
tra un aliante e un tuttala a delta, ideale
per aerofotogrammetrie e monitoraggio di
aree molto vaste).

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Agricoltura a basso input, i benefici sono anche socio-economici https://terraevita.edagricole.it/biologico/agricoltura-a-basso-input-i-benefici-sono-anche-socio-economici/ https://terraevita.edagricole.it/biologico/agricoltura-a-basso-input-i-benefici-sono-anche-socio-economici/#respond Wed, 27 Mar 2024 15:12:14 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520845 Un grande studio italo-francese dimostra che i vantaggi dell'agroecologia riguardano anche reddito, ricavi, produttività ed efficienza

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agricoltura a basso input
Un grande studio italo-francese dimostra che i vantaggi dell'agroecologia riguardano anche reddito, ricavi, produttività ed efficienza

L'agricoltura a basso input apporta benefici socio-economici nella maggior parte dei casi. Lo dimostra uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Agronomy for Sustainable Development, condotto dal Gruppo di Agroecologia della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e da Isara (Institut supérieur d'agriculture Rhône-Alpes) di Lione e finanziato dal Centro comune di ricerca della Commissione europea (JRC). Si tratta del primo studio su questo argomento eseguito su larga scala, basato sui risultati di 13.000 ricerche svolte a livello mondiale.

Le pratiche agronomiche analizzate

Lo studio si è focalizzato sulle pratiche agronomiche impiegate nell'agricoltura a basso input, specificatamente nell'agroecologia. Questa consiste nell'applicazione dell'ecologia alla produzione agricola e alla gestione degli agroecosistemi. Alcuni esempi delle pratiche agroecologiche considerate sono: concimazione frazionata, uso di micorrize, irrigazione a goccia, impiego di agrofarmaci biologici, semina su sodo, consociazioni colturali, colture di copertura, fasce fiorite, ecc. L'elenco completo è riportato qui.

Come è stato condotto lo studio

Lo studio italo-francese ha preso in esame oltre 13.000 pubblicazioni. Tra queste, i ricercatori hanno selezionato 80 ricerche pubblicate tra il 2000 e il 2022 che forniscono solide prove scientifiche sui risultati sociali ed economici dell'agricoltura a basso input. La stragrande maggioranza di tali ricerche sono state condotte nei Paesi del Sud del mondo, in Asia (43%), Africa (41%) e America Latina (13%). Solo due in Europa e una negli Stati Uniti.

I ricercatori hanno analizzato parametri differenziati come il reddito, i costi di produzione, i ricavi, l'efficienza e la produttività. I parametri socioeconomici associati al capitale finanziario rappresentano la stragrande maggioranza dei parametri valutati (83% del totale).

I risultati ottenuti

Dai risultati dello studio emerge che il 51% delle metriche analizzate è associato a risultati positivi, il 30% a risultati negativi, il 10% a risultati neutri e il 9% a risultati inconcludenti. «Nel 51% dei casi abbiamo individuato risultati favorevoli in termini di reddito, produttività ed efficienza. Ciò indica un potenziale complessivamente favorevole delle pratiche agroecologiche per le aziende agricole» spiega Ioanna Mouratiadou, ricercatrice di Isara e autrice principale dello studio.

Inoltre, nella categoria del capitale finanziario, il 53% dei risultati sono positivi per le pratiche agroecologiche rispetto a quelle convenzionali. I risultati negativi sono pari al 27%, quelli neutri al 10% e quelli inconcludenti al 10%. Anche per quanto riguarda reddito e produttività, un gran numero di metriche indica risultati positivi: rispettivamente il 60% e il 56% dei risultati positivi contro il 20% e il 18% di quelli negativi. Risultati simili per i ricavi e la stabilità del reddito, con rispettivamente 54% e 78% dei risultati positivi contro 26% e 22% di quelli negativi.

A livello di pratiche agronomiche, i migliori risultati socioeconomici sono stati ottenuti adottando una gestione agroecologica di parassiti e malattie (67% di risultati positivi), la minima o nulla lavorazione del terreno (58% di risultati positivi), le colture di copertura e la pacciamatura (58% di risultati positivi), l’agroforestazione e la consociazione (53% di risultati positivi per ognuna). Gli autori sottolineano che per alcune pratiche i risultati si basano su un numero limitato di studi disponibili.

In molti dei casi valutati, le pratiche agroecologiche risultano associate a una maggiore necessità di manodopera e a costi più elevati rispetto alle pratiche convenzionali. «Nonostante i risultati incoraggianti, rimangono sfide aperte, in particolare per quanto riguarda la manodopera. Ciò richiede politiche appropriate per sostenere gli sforzi agroecologici» aggiunge Mouratiadou.

Infine va fatto notare che i risultati sociali ed economici dipendono dall'ambiente geografico, dalla scala temporale della transizione ecologica e dalle condizioni delle singole aziende agricole.

L'importanza di questo studio

Questo studio colma l’assenza di prove scientifiche consolidate sugli aspetti socio-economici dell'agricoltura a basso input. Dai dati emergono nuovi spunti per sostenere in modo ulteriore la transizione agroecologica, che i ricercatori identificano come necessaria e urgente per realizzare sistemi agroalimentari sostenibili.

Paolo Bàrberi, co-autore della pubblicazione, professore di Agronomia e coordinatore del Gruppo di ricerca di Agroecologia alla Scuola Superiore Sant'Anna, dichiara: «Questo studio dimostra che le recenti proteste degli agricoltori, svoltesi in tutta Europa, pur esprimendo un disagio reale, sono dirette verso l'obiettivo sbagliato. La transizione agroecologica, sostenuta dal Green Deal dell'Unione Europea, può in effetti migliorare il reddito degli agricoltori. Agricoltori e sindacati dovrebbero quindi abbracciare questa transizione senza timori, sapendo che porterà benefici per loro, per l'ambiente e per la società in generale».

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https://terraevita.edagricole.it/biologico/agricoltura-a-basso-input-i-benefici-sono-anche-socio-economici/feed/ 0 Terra e Vita Un esempio di agricoltura a basso input: grano tenero in consociazione con cece in prossimità di una fascia boschiva, nel Pisano. Foto di Gabriele Nerucci
Nuove soluzioni al servizio dell’agricoltura biologica https://terraevita.edagricole.it/notizie-dalle-aziende/concimi-bio-icl-nuove-soluzioni-al-servizio-di-agricoltura-biologica/ https://terraevita.edagricole.it/notizie-dalle-aziende/concimi-bio-icl-nuove-soluzioni-al-servizio-di-agricoltura-biologica/#respond Wed, 27 Mar 2024 13:32:16 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520778 In agricoltura biologica, una delle principali sfide è rappresentata dalla limitata disponibilità di fertilizzanti impiegabili e spesso molti dei nutrienti vengono apportati mediante ammendanti organici, prodotti estremamente utili per la vitalità microbiologica del suolo. Tuttavia, tali prodotti sono caratterizzati da bassi contenuti in elementi nutritivi, il cui rilascio avviene secondo tempistiche legate alla mineralizzazione della

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concimi bio icl

In agricoltura biologica, una delle principali sfide è rappresentata dalla limitata disponibilità di fertilizzanti impiegabili e spesso molti dei nutrienti vengono apportati mediante ammendanti organici, prodotti estremamente utili per la vitalità microbiologica del suolo. Tuttavia, tali prodotti sono caratterizzati da bassi contenuti in elementi nutritivi, il cui rilascio avviene secondo tempistiche legate alla mineralizzazione della frazione organica.

ICL, come leader mondiale nella produzione di fertilizzanti, ha investito risorse e conoscenze per la messa a punto e lo sviluppo di concimi minerali utilizzabili in agricoltura biologica in grado di integrare efficacemente gli apporti derivanti da ammendanti organici.

La famiglia di concimi biologici ICL

ICL accoglie con entusiasmo il nuovo cloruro di potassio BIO (Nova Ferti-K® BIO) nella sua già ampia famiglia di concimi biologici, che include Polysulphate®, Nova Quick-Mg, Nova SOP BIO e molti altri.

L’Importanza del potassio nell’agricoltura moderna

In un contesto climatico in continua evoluzione, il potassio rappresenta uno dei nutrienti chiave nella coltivazione di colture arboree, orticole ed estensive. Può essere apportato mediante diverse formulazioni (come nitrato, solfato, cloruro), ognuna delle quali si presta ad esigenze differenti.

Alcune delle principali funzioni svolte dal potassio riguardano:

  • attività fisiologiche sulla pianta, tra cui mantenimento del turgore cellulare, corretta regolazione delle aperture e chiusure stomatiche, crescita radicale e miglioramento della tolleranza al caldo e allo stress idrico;
  • miglioramento dei parametri qualitativi del frutto, in quanto il potassio partecipa ai processi di sintesi e traslocazione degli zuccheri;
  • sottoforma di cloruro, il potassio favorisce la colorazione dei frutti e migliora le proprietà organolettiche e sensoriali, quali ad esempio aromi, sapidità e composti organici volatili.

Nova Ferti-K® BIO

ICL, grazie all’inserimento in linea di Nova Ferti-K® BIO, fertilizzante cristallino ad elevata purezza e bassa impronta carbonica, mette a disposizione del settore biologico una soluzione ideale per apportare potassio in modo efficiente su tutte le colture cloro-tolleranti, agevolando nel contempo la preparazione della soluzione nutritiva grazie all’elevata solubilità (tripla rispetto al solfato di potassio).

Nova SOP BIO

Completa l’offerta Nova SOP BIO, solfato potassico ad elevata purezza, con reazione acida e basso indice salino, adatto a tutte le colture, anche in ambiente protetto.

Non solo potassio, ma anche zolfo, calcio e magnesio si aggiungono all’elenco dei nutrienti ammessi in biologico all’interno della gamma di fertilizzanti ICL.

Polysulphate®: il concime multinutriente

Polysulphate® offre specifici rapporti fra potassio, calcio, magnesio e zolfo, essenziali per una sana crescita delle piante. Disponibile in due varianti, granulare e premium, Polysulphate® è un minerale puro estratto, vagliato e insaccato senza alcun intervento chimico o processo industriale.

La versione premium si caratterizza per un’extra solubilità, ottenuta grazie a un processo di granulazione industriale che garantisce una maggiore velocità di azione ed una più agevole distribuzione rispetto alla versione granulare.

Nova Quick-Mg: potassio e magnesio per un assorbimento e risposta immediati

Nova Quick-Mg, grazie alla simultanea presenza di potassio e magnesio, consente di apportare entrambi i nutrienti in fertirrigazione mantenendo un corretto bilanciamento tra i cationi.

Derivato dai Sali del Mar Morto, Nova Quick-Mg è caratterizzato da un’elevata solubilità e un bassissimo contenuto di impurità, sodio e metalli pesanti, caratteristiche che fanno del prodotto un partner ideale anche per le colture di pregio.


Andrea Ghirotti, Agronomist ICL Growing Solutions Agriculture

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https://terraevita.edagricole.it/notizie-dalle-aziende/concimi-bio-icl-nuove-soluzioni-al-servizio-di-agricoltura-biologica/feed/ 0 Terra e Vita Carenza di potassio su vite
Agrofarmaci, in Italia si utilizza sempre meno chimica https://terraevita.edagricole.it/agrofarmaci-difesa/agrofarmaci-in-italia-si-utilizza-sempre-meno-chimica/ https://terraevita.edagricole.it/agrofarmaci-difesa/agrofarmaci-in-italia-si-utilizza-sempre-meno-chimica/#respond Tue, 26 Mar 2024 20:08:05 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520832 Crescono i prodotti fitosanitari di origine biologica. Tassani: «La strada è sempre più verso innovazione e sostenibilità». Presentati i dati dell’Osservatorio Agrofarma

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agrofarmaci
Crescono i prodotti fitosanitari di origine biologica. Tassani: «La strada è sempre più verso innovazione e sostenibilità». Presentati i dati dell’Osservatorio Agrofarma

Calano le quantità di agrofarmaci impiegate nell’agricoltura italiana, nonostante il mercato di essi cresca a ritmo costante. Si tratta di una crescita in valore, cui fa da contrappeso una riduzione dei quantitativi.

Come evidenziato dall’Osservatorio Agrofarma (l’Associazione che rappresenta 32 imprese italiane del comparto, associate a Federchimica) presentato a Palazzo Madama, su iniziativa del senatore Luca De Carlo, i dati di vendita in volume degli agrofarmaci mostrano una riduzione pressocché continua a partire dal 2015. Confrontando i volumi medi di vendita dei prodotti del triennio 2011-13 con quelli del 2019-21 si registra una contrazione complessiva del 12%.

Riduzione più marcata per i sottogruppi dei fungicidi (-16%, che rappresentano il 47% del volume totale venduto nel 2021) e degli insetticidi/acaricidi (-15%, pari al 21% del volume totale nel 2021).

Presentazione Osservatori Agrofarma. Da sx: Enrica Gentile, Luca De Carlo, Paolo Tassani.

Crescono i fitosanitari di origine bio

I dati dimostrano che l’unica categoria che segna una moderata espansione nello stesso intervallo temporale (+2% dei volumi venduti) è quella degli agrofarmaci “vari” – così come classificati dall’Istat – che comprende anche i prodotti di origine biologica, quindi non di sintesi chimica ma di origine naturale.

Questi numeri fotografano una tendenza verso una difesa più sostenibile. Virtuosismo accentuato se spostiamo l’attenzione dai volumi di prodotto commercializzati alle quantità di principi attivi in essi contenuti. In questo caso, la riduzione risulta ancor più evidente.

L’Osservatorio conferma che tra il 2011-13 e il 2019-21 le quantità di principi attivi nei prodotti commercializzati si sono ridotte del 17%. Anche qui i fungicidi (61% del quantitativo totale di principi attivi nel 2021) hanno registrato riduzioni rilevanti (-23%), così come gli insetticidi e acaricidi (8% del quantitativo totale nel 2021) -32%.

Come per i volumi di prodotto, anche nel caso dei quantitativi di principi attivi la macrocategoria che comprende quelli di origine biologica rappresenta un’eccezione: +102%, tra il triennio 2019-21 e quello 2011-13, delle vendite di agrofarmaci contenenti principi attivi consentiti in agricoltura biologica.

agrofarmaci
Fonte: Osservatorio Agrofarma.

Segno positivo per lo sviluppo di nuovi agrofarmaci sostenibili

Con riferimento alle attività di ricerca e sviluppo condotte dall’industria degli agrofarmaci in Italia, il report evidenzia che la spesa destinata all’incremento di nuovi agrofarmaci raggiunge 32 milioni di euro, pari, in media, al 2,9% del fatturato totale per azienda, di cui circa 1/3 per lo sviluppo di prodotti di origine naturale. L'indagine è stata svolta su un campione di 17 aziende.

Dai dati presentati risulta evidente come il mercato degli agrofarmaci stia cercando di intercettare la crescente propensione verso il bio. In merito, il fatturato delle vendite di nuovi prodotti autorizzati per l’agricoltura biologica nel 2023 è di 134 milioni di euro, pari a circa il 12% del fatturato totale delle imprese associate ad Agrofarma.

Come spiegato dal presidente di Agrofarma-Federchimica Paolo Tassani, «si tratta di una percentuale destinata a crescere. Oggi i prodotti impiegabili in agricoltura biologica rappresentano il 20% del totale, ma, tra quelli che verranno lanciati nell’arco dei prossimi tre anni, la quota potrebbe salire al 30%. Questo conferma l’impegno che come industria abbiamo assunto a livello europeo».

Agrofarmaci, fatturato supera un miliardo di euro

Fonte: Osservatorio Agrofarma.

Come specificato dal report Agrofarma, nonostante l’elevato numero di dati sottoposti a segreto statistico renda difficile avere numeri realistici per quanto riguarda il valore effettivo della produzione per categoria, è chiara la crescita in valore per il totale dei prodotti, che dal 2018 al 2022 ha registrato un +35,8%, raggiungendo il traguardo di 1,1 miliardi di euro di fatturato nel 2022.

Positivo il trend di import export, ma saldo commerciale negativo

Fonte: Osservatorio Agrofarma.

A partire dal 2018, import ed export nel settore degli agrofarmaci sono aumentati, raggiungendo un picco intorno al miliardo di euro nel 2022. Il saldo commerciale italiano nel settore degli agrofarmaci è tendenzialmente negativo, seppur in modo minimo rispetto ai volumi totali di scambio.

Un settore al passo con i tempi di transizione

In sintesi, il settore degli agrofarmaci fotografato dall’Osservatorio evidenzia una crescita protesa verso l’innovazione puntando su investimenti di nuovi prodotti in grado di soddisfare le esigenze di sostenibilità ambientale ed economica delle aziende agricole.

«La forte connessione con i settori altamente innovativi dell’agritech e delle biotecnologie, in espansione, e degli input agricoli a più basso impatto, fa sì che le imprese del comparto – ha affermato Enrica Gentile, ceo & founder Areté Srl e curatrice del report – giochino un ruolo di primo piano nell’accompagnare l’agricoltura e le relative filiere nel percorso della transizione ecologica».

Residui fitosanitari: i prodotti italiani sono sicuri

L’ultimo rapporto ufficiale del ministero della Salute sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti, pubblicato a novembre 2022, conferma che il 99% dei prodotti italiani è sicuro e a norma di legge.

L’analisi condotta su 8.410 campionamenti (4.759 di ortofrutta, 2.217 di cereali olio e vino, 96 di baby food e 1.338 hanno riguardato alimenti non compresi nelle precedenti categorie) mostra che il 67% dei campioni analizzati non presenta alcun residuo. Si assiste quindi a un miglioramento del +4% di cibi senza residui rispetto al Rapporto 2019 in cui la percentuale era 63% su 11.500 campioni analizzati.

Solo una percentuale molto esigua, pari allo 0,96% è risultata non conforme (nel Rapporto 2019 era 1,1%).

Il 31,7% dei campionamenti presenta residui a norma di legge, non pericolosi per l’uomo e nei limiti stabiliti dal regolamento CE n. 396/2005.

Nell’ambito dei campioni regolari dell’ortofrutta il numero di campioni privi di residui è pari a 2.600 (54,6%), mentre il numero di campioni con residuo entro il limite legale è pari a 2.087 (43,9%).

Una particolare attenzione è stata rivolta all’esame dei campioni di ortofrutticoli contenenti più principi attivi. Dall’elaborazione dei dati del 2020 risulta che sono stati eseguiti 1.336 campioni che presentano più residui pari al 28,1% rispetto al totale dei campioni analizzati, in diminuzione rispetto allo scorso anno in cui la percentuale era del 31,8%.

Relativamente ai risultati su cereali, oli e vino, su 2.217 campioni sono state rilevate 9 (0,4%) non conformità. I campioni privi di residuo sono stati 76% del totale mentre il 23,6% sono risultati presentare residui nei limiti legali.

 

 

 

 

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https://terraevita.edagricole.it/agrofarmaci-difesa/agrofarmaci-in-italia-si-utilizza-sempre-meno-chimica/feed/ 0 Terra e Vita
Le innovazioni in arrivo nell’alimentazione dei bovini https://informatorezootecnico.edagricole.it/bovini-da-latte/le-innovazioni-in-arrivo-nellalimentazione-dei-bovini-scarica-il-dossier-di-iz/ https://informatorezootecnico.edagricole.it/bovini-da-latte/le-innovazioni-in-arrivo-nellalimentazione-dei-bovini-scarica-il-dossier-di-iz/#respond Tue, 26 Mar 2024 18:07:48 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520829 L’applicazione di nuove tecnologie e tecniche sostenibili prefigura un futuro in cui l'alimentazione dei bovini risulterà più efficiente

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L’applicazione di nuove tecnologie e tecniche sostenibili prefigura un futuro in cui l'alimentazione dei bovini risulterà più efficiente

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Le fragole riprendono forza, radicchi al top, male le zucchine https://terraevita.edagricole.it/prezzi-grano-duro/fragole-riprendono-forza-radicchi-top-male-zucchine/ https://terraevita.edagricole.it/prezzi-grano-duro/fragole-riprendono-forza-radicchi-top-male-zucchine/#respond Tue, 26 Mar 2024 17:48:02 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520823 Secondo le rilevazioni Bmti aumenta anche la domanda di asparagi, ma i prezzi si abbassano. Stabili le patate, peperoni ancora giù

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fragole
Secondo le rilevazioni Bmti aumenta anche la domanda di asparagi, ma i prezzi si abbassano. Stabili le patate, peperoni ancora giù

Le notizie che arrivano dai mercati ortofrutticoli nella settimana di Pasqua vedono le fragole in ripresa rispetto alla scorsa settimana, seguite a ruota dai finocchi. Secondo i dati Bmti rimangono molto elevate le quotazioni dei radicchi, mentre continua la crisi per le zucchine e per i peperoni, che vanno incontro a nuove diminuzioni dei prezzi.

Arance, domanda sottotonograno duro

Per le arance Tarocco marzo si chiude con quotazioni stabili, su livelli inferiori alla scorsa campagna, soprattutto per il prodotto a calibro piccolo, che segna ancora un’alta disponibilità. Mentre si avvia verso il termine la campagna delle arance italiane, continuano ad arrivare quelle bionde dall’Egitto, in particolare la varietà Valencia late, con un prezzo nella media del periodo. La domanda comunque resta sottotono.

Asparagi in flessione

Deciso aumento della domanda per gli asparagi, con l’arrivo della Pasqua. I prezzi però fanno registrare un calo, per permettere una migliore vendita di questo ortaggio, presente in abbondanza quest’anno, con la stagione che è partita in leggero anticipo grazie al clima favorevole. Presente prodotto da diverse zone di produzione, come Campania e Puglia, ma anche dal Veneto con le varietà Verde e Bianco.

Carciofi, momento clou per le venditegrano duro

Il carciofo è un prodotto molto richiesto a Pasqua. I prezzi questa settimana non segnano particolari fluttuazioni, appunto per permettere una maggiore vendita in giornate cruciali per il mercato. Nel mercato di Roma sono molto richieste le varietà Romanesco e Life. Nei mercati del nord Italia invece ha una buona fetta di mercato lo Spinoso. La disponibilità in generale soddisfa a pieno la richiesta.

Fave, elevata disponibilità

Fave molto richieste per le festività pasquali, ma i prezzi segnano un deciso calo grazie all’alta disponibilità nei mercati. Le quotazioni nelle ultime settimane hanno perso terreno, arrivando alla fine di marzo con livelli di molto inferiori alla scorsa campagna. Qualità comunque buona del prodotto.

Fragole in ripresaTerra e Vita

La settimana di Pasqua segna un aumento della domanda per le fragole, che si traduce in un rialzo dei prezzi, i quali restano comunque su un trend inferiore agli scorsi anni, dovuto all’abbondanza di prodotto in squilibrio con la richiesta, che fino a questa settimana non è stata molto alta. Con l’arrivo anticipato della primavera, la qualità è ottima. Iniziata nel Lazio anche la campagna delle Favette.

Finocchi in tendenziale aumentoTerra e Vita

Sta per terminare la campagna dei finocchi in Campania. Ciò sta provocando un minore ingresso di prodotto nei mercati, che si traduce in leggeri rialzi in alcune piazze, come per esempio Roma. Scendono però i prezzi della qualità extra. I valori in questo mese sono stati molto bassi, a evidenziare una campagna senza problemi e con alti quantitativi, a fronte di una domanda contenuta.

Patate, sostanziale stabilitàgrano duro

Non si registrano al momento particolari variazioni per le patate. Continua con buoni quantitativi la vendita delle novelle, sia estere sia siciliane. La domanda sta aumentando in questa settimana, per la preparazione di piatti tipici.

I peperoni cedono ancora terreno

Perdono ancora terreno le quotazioni dei peperoni, sia siciliani sia spagnoli. La disponibilità è alta, a fronte di una domanda regolare. Con le buone temperature sta per partire, in diverse regioni oltre alla Sicilia, la nuova campagna in piena area. Iniziata anche la raccolta dei Friggitelli lunghi verdi.

Radicchi alle stelleTerra e Vita

Come avviene tipicamente in questo periodo, i prezzi dei radicchi segnano un lieve aumento dovuto a una riduzione della produzione in Veneto. Le quotazioni, così, si portano su livelli ancora più alti rispetto all'anno scorso. Un aumento più deciso si nota per i radicchi lunghi precoci e il Tondo, maggiormente richiesti nei mercati, soprattutto nel centro sud Italia.

Zucchine, la discesa prosegue

Non si riprende la domanda delle zucchine, che segnano un altro calo dei prezzi. Prodotto di buona qualità sia laziale sia siciliano, ma la domanda resta bassa portando con sé le quotazioni su livelli inferiori al 2023.

Leggi i prezzi dei prodotti ortofrutticoli del 25 marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Modifiche alla Pac, altro passo avanti in Europa https://terraevita.edagricole.it/economia-e-politica-agricola/modifiche-alla-pac-altro-passo-avanti-in-europa/ https://terraevita.edagricole.it/economia-e-politica-agricola/modifiche-alla-pac-altro-passo-avanti-in-europa/#respond Tue, 26 Mar 2024 14:47:33 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520775 La revisione punta a ridurre gli oneri amministrativi e a dare una maggiore flessibilità per il rispetto dei vincoli ambientali

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Pac
La revisione punta a ridurre gli oneri amministrativi e a dare una maggiore flessibilità per il rispetto dei vincoli ambientali

Via libera dei rappresentanti dei Paesi Ue riuniti nel Comitato speciale Agricoltura alla revisione mirata Pac proposta dalla Commissione europea per rispondere alle preoccupazioni degli agricoltori manifestate con le proteste dei trattori. La revisione punta a "ridurre gli oneri amministrativi e a dare una maggiore flessibilità per il rispetto dei vincoli ambientali", sottolinea il Consiglio Ue. Il prossimo passo sarà l'approvazione al Parlamento europeo che dovrebbe avvenire nella plenaria del 22-25 aprile. Il regolamento dovrà poi essere adottato formalmente dal Consiglio, firmato dai rappresentanti di Consiglio e Parlamento europeo e pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Ue. Se tutto andrà come previsto, il regolamento entrerà in vigore entro la fine di questa primavera.

Soddisfazione per l'ulteriore passo avanti della revisione è stata espressa da tutte le principali associazioni di categoria, seppur con toni diversi, e dal ministro dell'Agricoltura della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida.

Confagricoltura, primi risultati, ma c'è ancora tanto da fare

«Dopo la nostra assemblea del 26 febbraio a Bruxelles, dove abbiamo presentato un manifesto in dieci punti, abbiamo iniziato a raccogliere i primi risultati. Molto ancora c'è da fare, ma non posso che ovviamente plaudire a quelle che sono le prime soluzioni offerte dal Consiglio dei ministri e dalla Commissione».

Lo ha detto in un video-intervento il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in merito al Consiglio Agrifish in corso a Bruxelles. «Certo - ha sottolineato Giansanti - c'è ancora molto da fare, i lavori parlamentari di queste settimane, comunque, hanno anche dato alcuni segnali negativi, se pensiamo all'approvazione della legge sulle emissioni industriali. Quindi su questo ovviamente dobbiamo continuare a lavorare insieme alle Istituzioni per trovare delle soluzioni e rafforzare il settore primario. Oggi è fondamentale dare garanzia e stabilità al reddito degli agricoltori, ma soprattutto certezze a tutti i nostri consumatori».

Coldiretti: burocrazia occupa un terzo del tempo

«Il via libera degli Stati membri alla proposta di semplificazione della Pac rappresenta una prima risposta importante alle richieste della Coldiretti a tutela delle imprese agricole, alla quale deve ora seguire una moratoria sui debiti delle aziende – ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini –. Un primo passo che va ora rafforzato con una semplificazione ancora più profonda di tutte le regole della Pac che gravano su tutte le aziende, a prescindere dalla loro dimensione – ha aggiunto – considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche».

«La revisione della Pac è il risultato delle mobilitazioni pacifiche della Coldiretti che hanno portato migliaia di agricoltori in piazza a Bruxelles, ottenendo anche la proroga degli aiuti di stato, nell’ambito del quadro temporaneo per l’Ucraina – ha rivendicato Prandini –. Una misura necessaria per arrivare a una moratoria dei debiti per le imprese agricole colpite dall’aumento costante dei costi di produzione e un corrispondente calo dei prezzi agricoli».

Copagri, resta il problema della scarsa redditività

Bene l'approvazione del pacchetto di modifiche alla Pac che ridurrà gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori ma «è chiaro che i problemi sul tavolo restano ancora molti, a partire dalla scarsa redditività, dalla distribuzione del valore lungo la filiera e dagli alti costi di produzione, ma è indubbio che questa prima risposta delle istituzioni comunitarie rappresenti un passo avanti verso le legittime istanze delle migliaia di produttori agricoli che da mesi chiedono un rapido cambio di passo». Questo il commento del presidente di Copagri Tommaso Battista «il primario paga lo scotto di problematiche ataviche – ha concluso – che da tempo immemore ne frenano lo sviluppo».

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Parmigiano Reggiano, nel 2023 il fatturato ha superato i tre miliardi https://terraevita.edagricole.it/attualita/parmigiano-reggiano-nel-2023-il-fatturato-ha-superato-i-tre-miliardi/ https://terraevita.edagricole.it/attualita/parmigiano-reggiano-nel-2023-il-fatturato-ha-superato-i-tre-miliardi/#respond Tue, 26 Mar 2024 13:59:10 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520771 Vendite a volume cresciute dell'8,4% rispetto al 2022. Aumenti sia in Italia (+10,7%) sia all'estero (+5,7%)

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parmigiano reggiano
Vendite a volume cresciute dell'8,4% rispetto al 2022. Aumenti sia in Italia (+10,7%) sia all'estero (+5,7%)

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del 2023. I caseifici e gli operatori commerciali hanno collocato sul mercato la produzione più alta, quella del 2021 (4,1 milioni di forme), in un contesto legato alle incertezze macroeconomiche causate dai conflitti internazionali e al trend inflattivo che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. Nonostante queste premesse, il 2023 è stato un anno positivo - si legge in una nota del Consorzio. Nel complesso, il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro contro i 2,9 miliardi del 2022, con un aumento del 5%.

Risultati positivi per le vendite totali a volume (+8,4%), sostenute da un andamento positivo dell’export (+5,7%), e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%). Un exploit sorretto in modo particolare dalla convenienza relativa del Parmigiano Reggiano nei canali retail e ingrosso, dovuta a un calo delle quotazioni del prodotto stagionato e al contemporaneo aumento dei prezzi dei prodotti alternativi.

Tale tendenza ha coinvolto anche il mercato del “fresco”: per il Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore la media annuale delle quotazioni all’origine, pari a 10,12 €/kg, ha registrato nel 2023 un lieve calo del 5% rispetto alla media del 2022 (10,65 €/kg).

Produzione stabile

La produzione è risultata stabile rispetto al 2022: 4,014 milioni di forme contro i 4,002 milioni nel 2022 (+0,3%). Tra le provincie della zona di origine, prima per produzione è Parma (1.350.415 forme vs 1.357.224, -0,50%), seguita da Reggio Emilia (1.217.380 forme vs 1.245.159, -2,23%), Modena (860.971 forme vs 849.145, +1,39), Mantova (476.361 forme vs 455.439, +4,59) e Bologna (109.173 forme vs 95.303, +14,55%). Tale stabilizzazione costituisce un punto di forza per guidare il comparto verso condizioni di equilibrio negli anni di commercializzazione 2024 e 2025.

Cresce l'export, oggi vale il 43% delle vendite

La quota Italia si attesta al 57%. Per quanto riguarda i canali distributivi, la Gdo rimane il primo (65%), seguita dall’industria (17,1%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi con un enorme potenziale di sviluppo, attestandosi all’8,2% del totale. Il restante 9,9% è distribuito negli altri canali di vendita.

Le vendite dirette dei caseifici (per oltre l’85% in Italia, con circa 8.000 t vendute) rappresentano il 5% delle vendite totali e hanno registrato un forte aumento (+10,8%). La quota export rappresenta oggi il 43%, con una crescita del 5,7%. Risultati particolarmente positivi in Spagna (+7,8%), Francia (+6,9%), Stati Uniti, primo mercato estero per la Dop (+7,7%) e Australia (+21,8%). Uniche note negative sono quelle registrate in Canada (-6,5%) e Giappone (-8,2%), rispettivamente per problemi legati alle quote e al cambio.

Gli investimenti per la promozione

Con 31,8 milioni di euro investiti per marketing, comunicazione e sviluppo dei mercati nel 2023, Parmigiano Reggiano ha confermato il percorso avviato da alcuni anni per diventare un vero brand globale, pronto ad affrontare gli ostacoli posti da mercati estremamente vasti, ricchi di prodotti d’imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell’acquisto. Il Consorzio sta lavorando assiduamente per valorizzare la distintività della Dop, fornendo al consumatore più informazioni sulle sue caratteristiche: la stagionatura, la provenienza, il processo produttivo e il gusto, tutti particolari che offrono l’opportunità di differenziarsi dai concorrenti.

L'opportunità del turismo

La presentazione dei dati è stata anche l’occasione per discutere delle opportunità del turismo enogastronomico. Si tratta infatti di un vero e proprio pilastro valoriale per il Consorzio, che vede nell’esperienza diretta della visita in caseificio e in magazzino il veicolo più potente per spiegare i valori e le distintività del Parmigiano Reggiano. Nel 2023, i visitatori totali nei caseifici del comprensorio sono stati 170.000, in aumento del 10% sul 2022. Di questi, 44.600 visitatori (+19% sul 2022) hanno prenotato la visita tramite il portale dedicato sul sito del Consorzio, di cui la metà provenienti dall’estero.

A questi numeri contribuisce anche Caseifici Aperti, la manifestazione promossa dal Consorzio che due volte all’anno offre agli appassionati la possibilità di visitare i caseifici partecipanti e scoprire i segreti della lavorazione della Dop (l’edizione di primavera 2024 è prevista per sabato 20 e domenica 21 aprile). I due appuntamenti del 2023 hanno infatti registrato 24.500 partecipanti, con un aumento del 19,5% sul 2022. Il Consorzio ha dunque salutato con grande favore l’approvazione del nuovo testo unico europeo sulle produzioni di qualità, che entrerà in vigore nei prossimi mesi e rafforzerà ulteriormente il ruolo dei Consorzi nella promozione del turismo enogastronomico.

Bertinelli: «Continuiamo a investire sui mercati esteri»

«Il 2023 è stato un anno di grandi sfide per il Parmigiano Reggiano, ma si è concluso con risultati positivi, con vendite al +8,4% ed esportazioni al +5,7%», ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano. «Nel prossimo futuro, il Consorzio dovrà sempre più investire sulla crescita nei mercati esteri, che rappresentano il futuro della nostra Dop – ha aggiunto Bertinelli –. Ciò impone una partnership sempre più forte tra i produttori e quei commercianti che dispongono di una rete vendite e della forza per affrontare i mercati internazionali. È evidente come, in questo scenario, gli Usa svolgano un ruolo fondamentale – ha concluso – motivo per cui siamo particolarmente preoccupati dal risultato delle elezioni di novembre, in cui rischia di prevalere una politica di protezionismo».

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Zone montane: in Piemonte il bando per l’indennità compensativa https://terraevita.edagricole.it/attualita/zone-montane-in-piemonte-il-bando-per-le-indennita/ https://terraevita.edagricole.it/attualita/zone-montane-in-piemonte-il-bando-per-le-indennita/#respond Tue, 26 Mar 2024 12:00:38 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520817 Sul piatto 13 milioni di euro per la campagna 2024 della Misura 13 del Piano di sviluppo rurale 2014 - 2022

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zone svantaggiate
Sul piatto 13 milioni di euro per la campagna 2024 della Misura 13 del Piano di sviluppo rurale 2014 - 2022

La Giunta regionale del Piemonte, su proposta del vicepresidente e assessore alla montagna Fabio Carosso, ha approvato l’apertura del bando per la campagna 2024 della misura 13 del Piano di sviluppo rurale 2014-2022 ("indennità compensativa" agli agricoltori operanti nelle zone classificate montane). Il bando ha una dotazione finanziaria di 13.066.810,04 euro.

Un provvedimento che incentiva l'uso delle superfici

«Si tratta - dichiarano il presidente Alberto Cirio, il vice presidente Fabio Carosso e l’assessore all’agricoltura Marco Protopapa - di una misura importante per incentivare l'uso continuativo delle superfici agricole, la cura dello spazio naturale, il mantenimento e la promozione di sistemi di produzione agricola sostenibili e, di conseguenza, contrastare l'abbandono del territorio montano e sostenere soprattutto le aziende locali».

A chi sono destinati i contributi

Le indennità compensative sono destinate agli agricoltori operanti nelle zone montane e vengono erogate annualmente per ettaro di superficie agricola, per risarcire, in tutto o in parte, i costi aggiuntivi e il mancato guadagno dovuti ai vincoli cui è soggetta la produzione agricola nelle terre alte.

Il bando è rivolto agli agricoltori che si impegnano a proseguire l'attività agricola nelle zone classificate montane del Piemonte e che sono in possesso del requisito di “agricoltore in attività”, in base alla normativa comunitaria e nazionale.

Un premio per ettaro

Il contributo consiste in un premio per ettaro di superficie agricola aziendale ed è modulato sulla base di diversi parametri: tipologia colturale (pascoli, seminativi, coltivazioni legnose, etc.), classe di svantaggio dei terreni (fondovalle, alta quota, etc.) e stanzialità delle aziende in zona montana.

Qualora l’ammontare dei premi complessivamente richiesti risultasse superiore alla dotazione finanziaria assegnata per la campagna 2024, la Giunta regionale potrà operare un’integrazione della dotazione finanziaria del bando e/o una riduzione percentuale proporzionale dei premi, in base all’eccedenza delle richieste rispetto all’importo stanziato.

Circa 6.000 domande ogni anno

Annualmente sono presentate circa 6.000 domande: il premio va da un minimo di 500 ad un massimo di circa 13.000 euro per azienda. Si tratta dell’ultimo anno in cui il bando per l’indennità compensativa sarà attivato con le regole del Psr 2014-22, perché dal 2025 si transiterà allo Sviluppo Rurale 2023-27.

Il testo del bando sarà pubblicato nei prossimi giorni nella sezioni "Bandi e finanziamenti" del sito regionale www.regione.piemonte.it

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Agricoltura e futuro: il Piemonte punta sulla ricerca https://terraevita.edagricole.it/attualita/agricoltura-e-futuro-il-piemonte-punta-sulla-ricerca-agrion/ https://terraevita.edagricole.it/attualita/agricoltura-e-futuro-il-piemonte-punta-sulla-ricerca-agrion/#respond Tue, 26 Mar 2024 09:00:19 +0000 https://terraevita.edagricole.it/?p=40520756 Le nuove prospettive sono state al centro di un convegno organizzato da Agrion, con il patrocinio della Regione e di Unioncamere

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Le nuove prospettive sono state al centro di un convegno organizzato da Agrion, con il patrocinio della Regione e di Unioncamere

L’agricoltura di tutta Europa sta vivendo un momento molto complesso. I cambiamenti climatici, gli strascichi della recente pandemia da Covid-19, le tappe spesso forzate del Green Deal, i conflitti bellici più o meno distanti dalle frontiere della Ue stanno alterando la geopolitica dei mercati delle commodities, i fenomeni inflattivi e gli input produttivi. Tutte queste variabili, calate nel contesto piemontese e declinate anche con il tema della ricerca, sono state al centro del convegno “Agricoltura, Piemonte, Futuro. Tra innovazione e ricerca, gli strumenti per lo sviluppo dei nostri territori”, organizzato da Fondazione Agrion con il patrocinio dei soci fondatori Regione Piemonte e Unioncamere Piemonte.

Priorità: “Fare rete”

Un impegno e al contempo una traccia su cui lavorare per il futuro del settore primario nel contesto locale sono stati indicati già al momento dell’introduzione, quando è stato rilevato che sono molte e forse troppe le variabili che stanno scardinando le sicurezze dei vecchi modelli produttivi. Tuttavia, oggi dalla parte dei produttori ci sono anche inediti e potenti strumenti proposti dal mondo della ricerca. L’applicazione corretta di tutte le innovazioni tecnologiche e tecniche che mette a disposizione la scienza potrebbero evitare molti errori agli imprenditori e aiutare amministratori pubblici e politici a programmare meglio e operare scelte più armoniche e sinergiche per indirizzare percorsi di sviluppo sostenibili a livello economico, sociale e ambientale. Diventa quindi fondamentale, in tale ottica, “fare rete”. E realtà come Agrion, insieme ad altre, offrono un modello di ricerca, innovazione e sviluppo dell’agricoltura di un territorio che parte dall’interpretazione dei bisogni delle diverse filiere produttive locali.

 

La strada per la competitività

La sollecitazione espressa durante l’introduzione al convegno è stata prontamente accolta da Giacomo Ballari, presidente di Agrion, che dopo avere citato l’economista austriaco Joseph Alois Schumpeter (1883 – 1950) che disse: “Fare cose vecchie in modo nuovo, questa è innovazione”, ha argomentato tra l’altro: «Più ricerca applicata, strategie di sviluppo, nuove tecnologie, competenze e formazione, reti d’impresa e di territorio, nuovi strumenti di mercato, una logistica sostenibile, un’agricoltura produttiva di qualità sempre più sostenibile da un punto di vista ambientale, che sottrae le nostre eccellenze agroalimentari dall’assedio del clima e degli insetti alieni: se vogliamo essere competitivi in futuro, dovremo costruire un sistema di relazioni, di scambi di competenze, di rete di imprese e di sinergie tra aziende e istituzioni in grado di sostenere un’innovazione costante del nostro sistema economico e produttivo, fatto di eccellenze e primati che devono essere confermati giorno dopo giorno».

Giacomo Ballari, presidente di Fondazione Agrion

Ancora, Ballari ha aggiunto: «Il Piemonte è tra le prime regioni italiane in materia di ricerca e sviluppo: occorre intensificare ulteriormente gli sforzi con particolare riguardo per le aree interne e l’agricoltura, per rendere queste realtà sempre più competitive e al passo con i tempi…Inoltre, investire nella ricerca in agricoltura significa anche investire sulla nostra salute: il legame che unisce le abitudini alimentari dell’essere umano e i tre aspetti principali della sostenibilità (sociale, ambientale ed economica) è particolarmente stretto e può essere sintetizzato nel concetto di sostenibilità alimentare». Infine, Ballari ha evidenziato le ragioni perché oggi più che mai è fondamentale investire in ricerca. «A nuove conoscenze – ha detto – corrisponde un’evoluzione in più settori, dalla produzione di beni all’erogazione di servizi all’avanguardia. Da ciò ne consegue un incremento dei rendimenti, un aumento della competitività e, in ultima analisi, la crescita economica nel medio e lungo termine».

L’occasione di riflettere sul futuro della ricerca in agricoltura e sulla situazione in Piemonte è nata a seguito di due momenti di confronto che Fondazione Agrion ha organizzato a inizio 2024 a Manta (Cuneo) con il mondo produttivo e con gli enti per lo sviluppo territoriale. In entrambe le occasioni, sono infatti emersi i problemi che recentemente hanno messo a dura prova la plv di molte aziende e gli standard qualitativi delle produzioni.

Oltre a Ballari, al convegno sono intervenuti Marco Protopapa, assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Gian Paolo Coscia, presidente di Unioncamere Piemonte, e Claudio Leone, presidente della Commissione Agricoltura del consiglio regionale del Piemonte.

Le tavole rotonde

Dopo la presentazione del documento di sintesi presentato da Roberto Verano, consulente di direzione della Fondazione Agrion, è stata poi la volta di tre tavole rotonde. Fabrizio Voglino membro del Comitato direttori Assopiemonte Leader e direttore del Gal Borba, Piercarlo Rossi presidente di Iuse - Istituto universitario studi europei e Gianluca Vignale hanno riflettuto su “La crescita economica del territorio: quali strumenti di innovazione e ricerca a supporto degli attori di sviluppo?”. Mario Pezzotti dirigente di Fem (Crea), Paola Migliorini professore associato di unisg e presidente di Agroecology Europe 2018 – 2023, Paolo Balocco direttore del settore Agricoltura e Cibo della Regione Piemonte si sono invece confrontati su “Filiere agricole, transizione ecologica, cambiamenti climatici: quali strumenti di innovazione e ricerca per la sostenibilità e lo sviluppo economico delle filiere produttive?”. Maurizio Irrera vicepresidente vicario della Fondazione Crt, Guido Vezzani responsabile prestiti della Banca europea di investimenti, Francesco Licciardo ricercatore del Crea hanno invece portato l’attenzione sul tema: “Analisi degli strumenti finanziari a supporto della transizione”. La chiusura dei lavori è stata affidata al presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.

Le cifre dell’agroalimentare in Piemonte

L’agroalimentare è certamente uno dei comparti principali dell’economia piemontese, rappresentando il 9,4% in valore dell’import e il 14,9% dell’export agroalimentare nazionale (fonte: Agrion). Il 36% del territorio regionale è destinato alla produzione agricola, pari a 923.428 ettari. Negli anni 2017 – 2020 l’ammontare complessivo del sostegno pubblico al settore agricolo piemontese è stato di 885 milioni di euro. Il principale fattore di successo delle produzioni agroalimentari piemontesi sono i prodotti Dop e Igp: in Piemonte sono 23 le denominazioni nel settore alimentare e 59 quelle nel settore del vino. Le produzioni biologiche sono in crescita da alcuni anni, con 3.215 aziende piemontesi che aderiscono a questo regime di produzione e una superficie coltivata di poco superiore ai 51.000 ettari. La distribuzione tra le diverse colture è molto frammentata, con prevalenza di cereali, foraggere, vite e frutta a guscio.

Il decalogo di Fondazione Agrion

Sono 10 i concetti sviluppati e indicati da Agrion durante il convegno, per tracciare il futuro dell’agricoltura a livello regionale e non solo. In primis, Networking e Multidisciplinarietà (promuovere momenti di scambio e confronto), seguito da Sostenibilità (sfida cruciale per le aziende, che dovranno essere supportate in questo percorso), Transizione green (ripensare la ricerca e lo sviluppo anche in ottica di sfide future), Ricerca e sviluppo (impiegare maggiori risorse nella ricerca applicata), Innovazione tecnologica (accompagnare le aziende in un percorso di crescita delle competenze digitali), Protezione del suolo (anche in ottica di una maggiore difesa dai cambiamenti climatici), Selezione varietale (spesso garanzia di stabilità nella produzione agricola), Risparmio idrico (attraverso tecnologie avanzate), Formazione (promuovendo percorsi ad hoc), Informazione (che deve essere sempre più veloce ed affidabile).

Le assicurazioni

In chiusura del convegno, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha puntualizzato: «Lavoreremo anche sul tema delle assicurazioni. La nostra è un’agricoltura di eccellenza, per cui battiamoci per ridurre l’impatto e la gravità delle problematiche, sapendo però che il settore agricolo piemontese è sano e solido, con punte di eccellenze davvero uniche».

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Vite, curare l’agronomia per un buon germogliamento https://terraevita.edagricole.it/featured/vite-agronomia-buon-germogliamento/ https://terraevita.edagricole.it/featured/vite-agronomia-buon-germogliamento/#respond Tue, 26 Mar 2024 07:28:41 +0000 http://terraevita.edagricole.it/?p=40520389 La gestione della fisiopatia parte da una corretta tecnica agronomica, in particolare dalla gestione della nutrizione, dell'irrigazione e della quantità di luce che arriva alla pianta

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La gestione della fisiopatia parte da una corretta tecnica agronomica, in particolare dalla gestione della nutrizione, dell'irrigazione e della quantità di luce che arriva alla pianta

Il germogliamento dipende da fattori ambientali (essenzialmente la temperatura), biologici (posizione della gemma sul germoglio, vigoria, caratteristiche genetiche) e colturali. In genere, le gemme situate all’estremità del tralcio germogliano prima, mentre le viti molto vigorose e i tralci di maggior diametro tendono a germogliare più tardi; si nota, inoltre, un germogliamento più tardivo anche nelle viti che, nella stagione precedente, per cause diverse (accidenti parassitari, climatici ecc.) non hanno accumulato sufficienti riserve. Non tutte le gemme presenti su un tralcio si aprono alla ripresa vegetativa. La percentuale è tanto minore quanto più elevato è il numero delle gemme lasciate con la potatura, ma può dipendere anche da problematiche legate alla gemma stessa a causa di competizioni trofiche con i germogli in accrescimento, oppure da condizioni microclimatiche sfavorevoli.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Le gemme “cieche”

Un fenomeno particolarmente evidente sulle uve da tavola (ma anche su diversi vitigni da vino), specialmente se allevate a tendone e coperte con plastica, è quello delle “gemme cieche” o “mute”. Si tratta di una mancata apertura di numerose gemme della porzione basale del tralcio legata a fattori complessi e non ancora ben chiariti. Sono chiamati in causa elementi genetici, ambientali e colturali; tra questi il vitigno, le condizioni climatiche (in particolare quelle del periodo fine inverno), gli squilibri fisiologici legati alla forma di allevamento e alle modalità di potatura ecc. Come già ricordato, anche la lunghezza del tralcio, l’ordine delle gemme e la vigoria possono incidere sulla percentuale di germogliamento; spesso è possibile rilevare una mancata apertura delle gemme basali per cause parassitarie (es. escoriosi, acariosi ecc.).

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Cosa fare in campo per favorire il germogliamento

La differenziazione delle gemme fertili è condizionata anche da fattori climatici, quali la durata e l’intensità dell’illuminazione, la lunghezza d’onda della luce, la temperatura, la piovosità ecc.

La luminosità e la lunghezza del giorno sono fondamentali per la differenziazione; è evidente, quindi, come, negli impianti eccessivamente vigorosi, la penetrazione della luce sia insufficiente, con “turbe fisiologiche” a livello delle gemme e mancato germogliamento.

Da un punto di vista metabolico è importante il rapporto fra carbonio/azoto o, in modo più completo, quello fra sostanze organiche/sostanze minerali; questo è correlato con la produzione di ormoni, che possono agire, stimolando o inibendo la differenziazione a fiore.

Gli ormoni antogeni (auxine, citochinine) sono di origine fogliare e vi è un rapporto diretto tra produzione di ormoni e zuccheri, derivando i primi proprio dalle sostanze idrocarbonate.

Il rapporto C/N risulta determinante sulla differenziazione solo quando è equilibrato, in quanto eccessi di azoto possono provocare una elevata crescita vegetativa con conseguente eccesso di gibberelline e relativa azione inibitrice sulla differenziazione.

La crescita eccessiva degli apici (così come gli eccessi di produzione) richiama inoltre sostanze nutritive, rendendole indisponibili per le gemme sottostanti in fase di differenziazione.

Siccità, carenze minerali, temperature non ottimali diminuiscono l’attività metabolica delle foglie con scarsa produzione di citochinine (i principali ormoni antogeni) ed arresto di differenziazione.

Stesso fenomeno si nota in condizioni di “asfissia fogliare”, quando le foglie non ricevono la giusta “dose e qualità” di luce.

La gestione della fisiopatia parte, quindi, dal vigneto e, in particolare, da una corretta tecnica agronomica.

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