VITICOLTURA

Il vigneto Italia perde colore

Nei nuovi impianti milioni di barbatelle di Pinot grigio, Prosecco e Moscato. Le proposte Palava e Marselan

Prosecco, Moscato bianco (e l’avanzata del giallo), Pinot Grigio. Sono queste le varietà che stanno cambiando faccia al vigneto Italia. «Da sole – spiega Eugenio Sartori, direttore dei Vivai cooperativi Rauscedo – rappresentano più della metà dei nuovi impianti». In ritirata, invece, la superficie dei rossi con i mercati storici di Toscana, Piemonte e Sicilia che stanno decisamente rallentando, se non fermandosi del tutto. «L’unico rosso a mantenere le superfici nel 2011 è il Montepulciano, mentre cresce l’Ancillotta, tipico vitigno da “rossissimi”, per la ripresa della domanda di colore».

Vcr, 250 soci, una capacità produttiva da 60 milioni di barbatelle all’anno, è il leader mondiale del settore. Nei 1100 ettari a vivaio (e 1050 a portinnesti) concentrati soprattutto in Friuli prende forma il vigneto del futuro. E le prospettive per quello italiano non sono rosee. «In molti Paesi vi è una profonda rimodulazione della domanda con uno spostamento verso etichette meno costose. Se pensiamo di poter imporre le nostre scelte, le migliaia di denominazioni regionali ad un mercato che è sempre più sbilanciato verso l’estero, siamo fuori strada». Il primato raggiunto dall’Italia in termini di esportazione ha illuso qualche produttore che niente nel vino possa mai cambiare, e che la ciclica alternanza tra bianchi e rossi si possa perpetuare. «Ma le migliaia di ettari di espianti degli ultimi 2 anni devono suonare come un campanello dall’allarme».

«L’anomalia di questo settore – afferma Raffaele Testolin dell’Università di Udine – è quella di aver rinunciato al miglioramento genetico: le varietà più giovani hanno oltre 150 anni, alcune anche qualche secolo. Un’anomalia biologica condivisa con altri prodotti “d’elite” come cacao, caffè, the. Un lusso che con la globalizzazione porta solo rischi sanitari».

Per Sartori il migliore antidoto contro la crisi è l’innovazione. Uno slogan ripetuto anche in occasione del primo Infoday organizzato presso il centro sperimentale della cooperativa lo scorso 6 settembre. Sono più di 4mila le combinazioni possibili tra i portinnesti e le varietà dei vivai rauscedo, 317 i cloni registrati nel catalogo italiano, ma nonostante questo primato sono diverse le esperienze intraprese da Vcr con l’obiettivo di un’accelerazione nel rinnovamento clonale e varietale. «L’introduzione di nuovi vitigni derivati da incroci può essere un’opportunità per anticipare le esigenze del mercato». Ibridi come il bianco Palava (Müller Thurgau x Traminer), in grado di dare vini aromatici simili al Traminer ma meno speziati, e il rosso Marselan (Cabernet sauvignon x Grenache), fruttato e con elevato contenuto di antociani sembrano avere le migliori chance per affiancare i già registrati Rebo, Incrocio Manzoni e Ervi. «Occasioni per differenziare la produzione in quelle zone fossilizzate su pochi vitigni, ma il meccanismo di registrazione regionale soffoca spesso i tentativi di ampliare la piattaforma ampelografica». In molte regioni l’attività di miglioramento genetico è fossilizzata sulla “riscoperta” delle varietà locali, una strategia che può avere successo dove il territorio ha una forte valenza in termini di storia, cultura, paesaggio. Per il resto il mercato mondiale ha già espresso una forte preferenza sui vini varietali, sul modello del Pinot Grigio. Una tendenza già compresa in molti Paesi esteri. Nel corso degli ultimi 25 anni Vcr ha aperto nuove sedi in Spagna, Francia, Usa, Australia (con Chalmers Nursery) Grecia e Russia. Oltre la metà delle barbatelle prodotte prendono queste strade. «I vitigni internazionali restano i più richiesti, soprattuto in Usa, Argentina, Brasile, Nord Africa e nei Paesi della ex-Jugoslavia, ma concorrenti storici come la Francia mostrano una maggiore propensione all’innovazione».

Tanto che ad esempio nel Paese transalpino le superfici a Marselan sono arrivate a superare i 1500 ettari, mentre da noi sono circa 50.

E un’altra sfida da non perdere per il futuro è quello della vite resistente alle malattie fungine. Su questo fronte Vcr ha aperto proficue collaborazioni con l’Istituto di genomica applicata di Udine (Iga) e gli istituti di genetica viticola di Chisinau (Moldavia) e Novi Sad (Serbia). Grazie alla collaborazione con Iga, nel centro marze e sperimentazione Vcr di Fossalon di Grado (Ud) sono già in coltivazione 34 nuovi ibridi resistenti di IVgenerazione, ma anche in questo caso le difficoltà registrative appaiono quasi insormontabili. La malaburocrazia italiana soffoca gli slanci di competitività dei nostri produttori, e strozza sul nascere le chance del vigneto del futuro.

Il vigneto Italia perde colore - Ultima modifica: 2013-04-10T11:22:02+02:00 da nova Agricoltura

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