Ecco come si coltiva il riso biologico nella piana di Catania

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Attenzione alle pratiche colturali, dalla semina all'irrigazione fino alle rotazioni e utilizzo di strumenti di precisione. Così Sebastiano Conti è riuscito a coltivare riso biologico in asciutta nella piana di Catania

Cento ettari di risaia in biologico coltivati con successo nella piana di Catania, grazie a una sapiente e attenta gestione delle pratiche colturali e all’ausilio di strumenti di precisione. Questa la ricetta di Sebastiano (Nello) Conti, imprenditore agricolo di Lentini (Sr), che dal 1988 gestisce assieme al padre Giovanni un’azienda composta da un unico appezzamento. I Conti sono anche allevatori, possiedono infatti una mandria di Pezzate rosse austriache per la produzione di latte, oltre a bovini da carne e ovini per un totale di 2.100 capi. Il latte viene lavorato nel caseificio di proprietà, dove si producono ricotta e formaggi.
Agribioconti (questo l’odierno nome dell’azienda agricola che da 25 anni è stata convertita al metodo biologico), nasce 45 anni fa per merito di due fratelli emiliani (Ettore e Agostino Ferrari), che comprarono le terre nella zona meridionale della piana di Catania, già in provincia di Siracusa. Nel 1988 Giovanni Conti, padre di Sebastiano, le prese in affitto, poi nel 2006 Nello ha acquistato tutta la superficie, pari a 450 ettari. Oltre al riso Conti coltiva grano duro, tenero, sulla, trifoglio, grani antichi, orzo, lenticchie e ceci. I dipendenti sono una dozzina, il parco macchine è composto da 5 trattori John Deere (alcuni dotati di guida satellitare), due mietitrebbia sempre della casa statunitense e altri attrezzi di servizio.

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Sebastiano "Nello" Conti in compagnia del padre Giovanni

Ricerca e passione

Se la rinascita della risicoltura in Sicilia è merito di Giuseppe Manna, che nel 2009 decise di ricreare una risaia nella zona di Leonforte, in provincia di Enna, a Nello Conti va il merito di aver scommesso sul riso biologico. Il primo test risale al 2016 con sei ettari, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con l’Università di Catania (in particolare dal professor Salvatore Luciano Cosentino, direttore del Dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente, coadiuvato da Paolo Guarnaccia e Paolo Caruso) e con lo studio agronomico Pappalardo. La stagione 2017 ha visto la semina di 30 ettari con le varietà Carnaroli, Brio e Opale. «È andata molto bene – afferma con orgoglio Nello Conti – abbiamo ricevuto visite di agricoltori piemontesi che sono venuti a osservare il nostro lavoro, rimanendo stupiti dai risultati».

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Semplicità e precisione

Per coltivare il riso biologico “in asciutta” Conti procede così: «Facciamo un’aratura leggera, non oltre i 15 cm di profondità a fine aprile, inizio di maggio – racconta Sebastiano – poi con una livellatrice laser livelliamo il terreno con una pendenza dello 0,02% (operazione molto importante per l’irrigazione a scorrimento), poi piantiamo con seminatrice di precisione ad aria. Dopo passiamo con l’erpice e in seguito con un rullo dentato, per ridurre il compattamento. In seguito creiamo delle scoline a 40 metri di distanza una dall’altra e pratichiamo la prima irrigazione – continua Nello – poi in base alle temperature del suolo e dell’ambiente decidiamo come e quando somministrare ancora acqua». Dopo la semina Conti non esegue altri interventi fino alla raccolta di settembre. Per la concimazione l’azienda Agribioconti impiega lo stallatico autoprodotto. Un altro aspetto importante della tecnica agronomica sono le rotazioni. Di solito Conti applica la seguente successione: grano, sulla, riso, trifoglio, veccia o grano. Un paio d’anni fa ha piantato per la prima volta il grano tenero. «Grazie a queste rotazioni – sottolinea Conti – abbiamo anche incrementato la sostanza organica». Il terreno della zona è a medio impasto/argilloso.

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L’acqua non è un problema

A proposito di acqua: ma com’è possibile coltivare una coltura come il riso in una terra abbastanza avara di precipitazioni come la Sicilia? Sebastiano Conti rivela un dato sorprendente: «Con il nostro sistema di irrigazione a scorrimento usiamo circa il 40% di acqua in meno rispetto a una coltivazione di mais, sorgo o erba medica».
Per l’approvvigionamento idrico l’azienda è servita da una condotta del consorzio di Bonifica di Catania, ma possiede anche 5 invasi di cinque ettari di superficie ciascuno da cui attinge: «Mai avuto problemi di acqua – assicura Conti – nemmeno la scorsa estate, nonostante sia stata particolarmente arida, proprio grazie alle riserve accumulate nei nostri invasi, collegati da un sistema di tubature sotterranee che ci permette di estrarre l'acqua senza utilizzare pompe e quindi senza consumo di carburante».

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Sullo sfondo la condotta del consorzio di Bonifica di Catania

Rese più che soddisfacenti

E le rese? «La media è di 80 quintali per ettaro – afferma Nello – per la precisione quest’anno abbiamo fatto 60 quintali con Opale e Carnaroli, mentre Brio ha prodotto 110 quintali: una quantità davvero eccezionale».
Per le altre colture, invece, sempre in biologico, le rese medie sono di 45/50 quintali per ettaro per il grano duro con semita stretta: «Invece di 180 kg di semente per ettaro ne usiamo 250. La semina stretta serve anche per contrastare le malerbe, perché la competizione con la coltura è molto più forte e le infestanti non riescono a svilupparsi. In alcune annate particolarmente positive – precisa Conti abbiamo registrato rese quasi pari a quelle del convenzionale».

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Ok, il prezzo è giusto

«Oggi mi offrono 100 euro al quintale per il risone biologico – conclude Sebastiano – contro i 30 del convenzionale». Una quotazione che ripaga ampiamente i costi di produzione e sopperisce abbondantemente alle rese inferiori del biologico. E poi bisogna aggiungere gli incentivi del Psr per il biologico, che in Sicilia superano i 300 euro a ettaro.

Se sei un agricoltore innovatore e vuoi segnalarci la tua storia scrivi a: simone.martarello@newbusinessmedia.it

Ecco come si coltiva il riso biologico nella piana di Catania - Ultima modifica: 2017-12-15T10:04:39+01:00 da Simone Martarello

4 Commenti

    • Oppure si fa come nel sud est asiatico, ovvero terrazzamenti. Ma il fattore più limitante non è la giacitura del terreno, bensì la disponibilità di acqua

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