Speciale Melo

Assortimento varietale in Europa: conservatorismo e innovazione a confronto

Grande fermento caratterizza il miglioramento genetico varietale del melo in Europama è ancora difficile pronosticare l’abbandono delle varietà tradizionali di maggior pregio o di altre destinate a specifici utilizzi. Il mercato vuole distinzione e novità continue

La melicoltura europea è caratterizzata da una comune tendenza a rinnovare gli impianti attraverso scelte tecniche moderne, abbastanza univoche, e con una rosa di varietà differenziate e in grado di conquistare importanti quote di mercato.
Sono nuove varietà che spesso ottengono il suffragio dei consumatori e pertanto possono offrire possibilità di coltivazione. Questo indirizzo non è solo italiano, ma guida ormai la melicoltura di tutto il mondo occidentale.
Quattro sono i gruppi delle nuove varietà più richieste e diffuse nei nuovi meleti: Gala, Fuji, Braeburn e Pink Lady®, tutte policlonali, tanto da costituire, già oggi, circa il 18% del prodotto europeo.
Ma, insieme a loro, continuano ad essere adottate anche altre vecchie varietà, in genere policlonali, anch’esse costituenti una sorta di “zoccolo duro” dell’antico patrimonio genetico europeo. Tuttavia, i mutanti più recenti di queste varietà tradizionali, ma nient’affatto superate, riescono a mantenere un buon apprezzamento dei mercati: sono i gruppi Golden Delicious, Red Delicious, Jonagold, Elstar e Granny Smith.
In totale, questi nove gruppi varietali coprono rispettivamente il 16% (le prime quattro) e le altre cinque il 40% della produzione europea (Fig. 1). Ma, allora, da che cosa è rappresentata l’altra metà (circa il 44%) della grossa realtà produttiva europea, corrispondente a quasi 11 Ml t di mele (previsione del 2013)? Quantità peraltro già raggiunta e superata dall’Europa a partire dal 2008, salvo due annate (2010 e 2012), nelle quali la produzione di mele si aggirò intorno ai 10 Ml di t. In totale la superficie coltivata è di 52.000 ha.
In questa nota ci proponiamo di analizzare, anche se un po’ superficialmente, quali delle varietà di melo tradizionali reggono la concorrenza, raccogliendo ancora le preferenze di una larga fascia di consumatori e quali, invece, hanno iniziato una parabola discendente, che l’esclusione quasi totale dai nuovi impianti sembra condannare ad un lento declino, seppure non ancora ad un definitivo abbandono.
Un aiuto al compimento di quest’analisi ci viene da due Gruppi di Lavoro (Fig. 2): il primo, europeo, denominato Eufrin, un “network” che raggruppa numerosi Paesi europei e periodicamente organizza “workshop” di aggiornamento sulla situazione della melicoltura dei singoli Paesi, scambiando informazioni sulla valutazione e sul confronto in campo delle nuove varietà di melo non ancora introdotte, od all’inizio della loro diffusione commerciale.
L’ultimo di tali incontri si è svolto con successo a Lerida in Spagna nel febbraio 2013. L’altro Gruppo di Lavoro è quello italiano, costituito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (ora CRA) che, ormai da un ventennio, esprime ogni anno un giudizio comparato, con pubblica presentazione e discussione delle varietà di melo (e di altre specie frutticole), nuove o non ancora introdotte commercialmente nel nostro Paese.
Nel 2013 la giornata sull’orientamento varietale si è tenuta a San Michele all’Adige il 24/25 ottobre, mirata ad approfondire la conoscenza della melicoltura alpina e delle nuove mele che stanno per essere lanciate. È dunque dai risultati emersi da questa doppia, autorevole partecipazione di esperti, che, dopo quanto pubblicato dalla Rivista di Frutticoltura nel 2012 (ved. N. 11, articolo “Miglioramento genetico e nuove varietà di melo per l’Europa”), cerchiamo di trarre ora utili commenti all’andamento del riassetto e dell’ammodernamento delle varietà coltivate.
In questa nota vogliamo focalizzare le varietà tradizionali ancora ben accette e quelle che, in qualche modo, sono in grado di alimentare non trascurabili nicchie di mercato. Occorre infatti conoscere gli strati di preferenzialità dei consumatori, rimasti in qualche modo fedeli alle proprie abitudini o alla loro conoscenza diretta delle mele.
Riteniamo anche di non dover enfatizzare le crescenti potenzialità delle nuove mele, già pubblicizzate in vario modo. Queste, infatti, costituiscono appena il 10 o al massimo il 20% dei nuovi impianti. Difficilmente superano questi valori, salvo aree specifiche e circoscritte del Paese.

Situazione produttiva

Come è stato ampiamente divulgato da Prognosfruit, la produzione di mele europee nel 2013 si prevede sarà buona (circa 10,8 Ml t), superiore del 7% rispetto al 2012, e pertanto allineata alle media del quadriennio 2008/2011 (Fonte Wapa).
La coltura europea conferma, quindi, la sua stazionarietà, anche se da più parti se ne auspicherebbe un leggero ridimensionamento, meglio se accompagnato da un cospicuo rinnovamento varietale.
La competitività e il collocamento sarebbero probabilmente migliori. Tra i 28 Paesi attualmente costituenti l’Ue sono solo dodici quelli la cui consistenza (> 200.000 t) può condizionare in qualche modo lo scenario varietale e commerciale europeo. Solo un terzo di questi (Polonia, in primo luogo, con 3,2 Ml t; Italia, in secondo luogo, con 2,1 Ml t; Francia con 1,5 Ml t e Germania con 0,8 Ml t) hanno anche un peso determinante nelle indicazioni dei trend evolutivi, non solo della produzione e delle varietà, ma anche degli standard qualitativi, delle modalità di distribuzione commerciale e del movimento europeo di import-export (Fig. 3).
È perciò importante rilevare anzitutto l’assetto varietale di questi quattro Paesi, per verificare le tendenze in atto, con particolare riferimento al rapporto fra nuove e vecchie varietà (Tab. 1).
In secondo luogo, occorre tenere in grande considerazione altri quattro paesi: Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Spagna per due principali motivi, legati non tanto all’entità della produzione, quanto al fatto che questi quattro Paesi hanno Stazioni di ricerca e enti privati coinvolti ampiamente nel “breeding” e nella diffusione commerciale delle nuove varietà, condotta da un’industria vivaistica attiva e piuttosto aggressiva (con eccezione della Repubblica Ceca).
Polonia
In Polonia si stima una presenza di circa 180.000 ha di meleti con una produzione totale che fluttua tra 2,5 e 3,5 Mil t (le rese ettariali perciò sono molto basse, meno della metà di quelle italiane). Nei citati quattro Paesi, più forti produttori europei, vediamo in ordine di importanza che la Polonia è nettamente orientata alla conservazione del proprio patrimonio varietale, basato su varietà nettamente superate nei mercati dell’Europa occidentale (Idared, Cortland, Gloster, Lobo, assommanti ad oltre il 50%), mentre le mele tradizionali, come Golden Delicious, sono intorno al 10% e le novità (Gala 6%, Ligol 7%, Sampion 14%* e altre nuove mele polacche) non raggiungono il 30%.
Non sembra dunque un Paese, questo, attrezzato per poter penetrare nei mercati occidentali, tanto più che, in generale, lo standard qualitativo della produzione è piuttosto basso. Basta ricordare che la quota di prodotto destinata all’industria raggiunge, in Polonia, nel 2013, circa il 50% (Prognosfruit) quando negli altri Paesi occidentali tale quota rientra in genere nel 10 - 12%. È noto, infatti, che l’industria di estrazione del succo e di trasformazione in generale si alimenta degli “scarti” delle linee di lavorazione del fresco e non dispone di proprie linee di produzioni destinate unicamente all’industria del sidro e dei succhi.
La Polonia, dunque, ha una produzione fortemente orientata ai consumi interni e conserva un orientamento all’export verso la Russia ed i Paesi dell’ex Urss. Molto più limitata è l’esportazione verso gli altri Paesi dell’Est europeo e della stessa Germania, ex DDR.
 Italia
 È fra i Paesi europei più interessati allo svecchiamento varietale, con l’eccezione dei Gruppi ancora ben richiesti dal mercato: Golden Delicious (44%), Red Delicious (12%), Granny Smith (5%), perché le altre vecchie varietà sono scese a livelli piuttosto bassi, quasi insignificanti (Imperatore 3%, Annurca 2%, Gruppi Jonagold e Stayman Winesap, 1% ciascuno).
L’Italia, se si vuole, è anch’essa conservativa, perché punta oggi soprattutto sulle varietà tradizionali ancora valide (circa 65%) e lascia però un crescente spazio alle novità (solo tre di queste raggiungono il 26% della produzione in totale, Gala, Fuji e Cripps Pink/Rosy Glow).
Tra le cultivar nuove vanno citati, anche se assumono superfici singolarmente modeste, i circa 100 ha di Pinova in Val Venosta; oltre 200 ha di Nicoter Kanzi® in Alto Adige; 200 ha di Ambrosia in Piemonte, con un’espansione di ulteriori 100 ha prevista in Val Venosta; Scifresh Jazz® con 120 ha in Alto Adige; RoHo3615 Evelina® con 40 ha nel biologico altoatesino e superfici maggiori previste in Val di Non; CIVG198 Modì® messa a dimora in Alto Adige ed in Pianura Padana per oltre 300 ha.
Il nostro Paese, dunque, sembra essere piuttosto attrezzato per competere in Europa, sia con le sue mele tipiche tradizionali, sia con le novità, per le quali è nettamente al di sopra della media europea, segno questo di rinnovamento più avanzato che in altri Paesi.
Francia
Nel decennio passato la superficie coltivata a melo in Francia si è ridotta del 20% per raggiungere poco più di 40.000 ha. Il 38% della produzione si concentra nella regione Sud Est, il 34% nella macroregione Sud Ovest ed il resto nella Valle della Loira a Nord. Negli ultimi 5 anni per i nuovi impianti sono state utilizzate prevalentemente le 5 varietà policlonali Golden Delicious, Gala, Granny Smith, Cripps Pink e Braeburn.
Circa il 15% della superficie coltivata a melo riguarda una decina di varietà recenti che raggiungono rispettivamente da circa 100 ad un massimo di 500 ha, tra cui: Scifresh Jazz®, Honeycrisp, Cripps Red Joya®, le resistenti di origine francese Ariane e Dalinette - Choupette®, oltre ai due ibridi resistenti americani Coop38-GoldRush® e Coop 43-Juliet®.
Sul piano varietale è, quind, in una situazione più equilibrata dell’Italia, perché le mele storiche ancora importanti come Golden Delicious (35%), Granny Smith (10%), Red Delicious e Renetta del Canada (4% ciascuna) pesano per circa il 50-55%; quelle vecchie fuori mercato sono a livelli quasi insignificanti, mentre le novità (Gruppi Gala, Pink Lady®, Fuji, Braeburn) incidono per il 30-35%, valore questo destinato presto a superare il 40%.
Diciamo, quindi, che il rinnovamento varietale in Francia procede ancora più speditamente che in Italia.
Germania
La melicoltura della Germania, nostro tradizionale partner per l’esportazione, è in fase di ridimensionamento, avendo perso circa il 20% di prodotto rispetto all’ultimo quinquennio. Ciononostante, ha un discreto equilibrio fra varietà tradizionali e nuove varietà, impostato però su cultivar in larga parte diverse da quelle presenti in Italia e Francia; anzitutto perché Golden Delicious è appena il 6% ed è presente solo nell’area meridionale (Lago di Costanza), mentre mancano quasi Red Delicious, Morgenduft-Imperatore, Renette, Stayman Winesap.
Lo “zoccolo duro” tedesco è rappresentato dalla triade Jonagold (circa 20-25%), Elstar (19-29%), Idared (<10%), mentre le vecchie, in forte diminuzione, sono Boskoop, Cox’s Orange, Gloster, Ingrid Marie, per un totale del 10% circa e con cospicue differenze fra Nord e Sud della Germania.
Numerose e molto avanzate sono le innovazioni tedesche, come è dimostrato dai gruppi Gala (già oltre il 7% al Sud), Braeburn (7-10%), Red Prince del Gruppo Jonagold (9-10% solo al Nord), Nicoter Kanzi® e Caudle/Cauflight Cameo® (2% ciascuna) ed anche da alcune varietà relativamente nuove come Pinova e le resistenti Topaz e Santana. La Germania, vista la sensibilità mercantile per la frutta “organica”, sta provando la diffusione di nuove specifiche varietà (es. SQ159 Natyra® di origine olandese) idonee alla coltura biologica. Ciò a differenza dell’Italia, dove per la coltura biologica si distingue soltanto la provincia di Bolzano e in particolare la Val Venosa, unica area di elezione italiana per le “mele bio”.
Prevalgono però, in Alto Adige, tuttora, le varietà tradizionali, suscettibili a ticchiolatura e ad altri patogeni. L’ unica presente in modo significativo in Alto Adige nella coltivazione biologica è Topaz con circa 40 ha. In totale, l’Alto Adige con oltre 1.000 ha e con >50.000 t di mele biologiche rappresenta il 44% della melicoltura organica europea (le altre sono Germania 35%, Austria 10%, Olanda 6%, Francia 3%, Belgio 2%).

Nuove realtà

Vediamo ora di dedicare un po’ di spazio ai Paesi che guidano non tanto la produzione, quanto le innovazioni varietali, i tentativi di modernizzare la melicoltura con nuove varietà proposte da aziende vivaistiche, editori con diritti PRI, contratti di coltivazione, forme di Club e altre forme di condivisione gestionali della produzione come del movimento commerciale sui mercati.
Questi nuovi modelli produttivi sono ovviamente presenti anche nei Paesi grandi produttori sopra esaminati, ma in quelli che seguono sono particolarmente attivi.
Belgio e Olanda
Possiamo esaminarli assieme perché hanno tendenze produttive e innovative abbastanza simili ed alcune delle principali società di gestione delle privative comunitarie (e quindi dei diritti intellettuali, i cosiddetti PRI), sono miste e comuni in entrambi i Paesi (Springquest, Better3Fruit, Inova, ecc.).
L’assetto varietale in questi due Paesi è concentrato su poche varietà rispondenti molto bene alle condizioni climatiche continentali della pianura Nord europea. In Belgio il 60% dei meleti (220.000 t) è occupato dal Gruppo Jonagold–Jonagored, mentre Golden Delicious, Boskoop, Elstar e Cox’s Orange sono tutte assieme in forte diminuzione (non arrivano al 20%).
Le nuove mele rappresentano circa il 15% (Gala, Braeburn, Pinova, Delcorf, Kanzi®, Greenstar® e Belgica), ma la crescita nell’ultimo quinquennio è molto limitata. In Olanda, invece (320.000 t), domina la varietà olandese Elstar (40,7%), mentre il Gruppo Jonagold–Jonagored si ferma al 20%. Anche quelli di Golden Delicious e Boskoop non superano in totale il 10%. Fra le nuove varietà (14% in totale) domina Kanz®i (varietà belga), seguita da Milwa Junami® (varietà svizzera), Fresco Wellant® (olandese) e Civni/Civnired Rubens® (italiana), Maribelle Lola® (olandese) e, infine, Joly Red (belga).
Ancorché figurino molti nomi di nuove varietà, i numeri però sono bassi (censiti da 100 a 300 ha per ogni nuova varietà) e questi meleti anche quando saranno in piena produzione peseranno relativamente poco nel panorama europeo.
Spagna
Dal 1987 la superficie coltivata a melo si è ridotta da 44.600 a 34.100 ha (dato 2010). La melicoltura spagnola si concentra nel bacino del fiume Ebro nelle province della Catalogna, Aragona, La Rioja e Navarra.
La riduzione della superficie ha significativamente ridimensionato l’importanza della varietà Golden Delicious, mentre il gruppo Gala negli ultimi 20 anni ha raggiunto il secondo posto come importanza. L’interesse per la coltura del melo è piuttosto aumentato negli ultimi anni e non solo in Catalogna (le cui condizioni climatiche non sono molto differenti da quelle nostre settentrionali, almeno per quanto riguarda la latitudine).
Lo dimostra anche il forte investimento che sta facendo la Spagna in programmi di breeding del melo, sia pubblici sia privati. La Spagna lancerà entro pochi anni alcune varietà, insieme alla Nuova Zelanda, “partnership” con cui ha gestito, in comune, un programma di breeding di grosse dimensioni. L’assetto varietale è attualmente basato soprattutto su Golden Delicious (38%), Red Delicious e Granny Smith (7% ciascuna), nonché sulle vecchie Renette (6%); anche le Gala, però, sono già al 16% e Pink Lady® al 4% in Catalogna (che ha il 40% delle mele spagnole), e altre varietà stanno pure entrando.
L’assortimento varietale spagnolo non è perciò molto dissimile da quello italiano, per cui la Spagna, anche per il melo, diverrà in un prossimo futuro, un possibile competitor europeo della produzione italiana, offrendo mele dello stesso tipo.
Repubblica Ceca
 È l’unico Paese dell’Est cui guardiamo con interesse, perché si trova al centro dell’attività di miglioramento genetico del melo nell’Europa dell’Est, avendo due Stazioni che se ne occupano, ed avendo licenziato alcune varietà ticchiolatura-resistenti già da parecchi anni (es. Topaz e UEB32642 Opal®, diffuse in vari Paesi europei).
Da una superficie di 9.000 ha di meleti derivano da 100.000 a 150.000 t di mele all’anno, che servono all’autosufficienza del Paese. Ma è significativo constatare quanto assortito sia l’assetto varietale, che è un misto fra:
a) vecchie varietà americane degli anni ’50 (es. Idared 18%, Spartan e MacIntosh 6,4%, Melrose 2%), che arriva a circa il 30% della produzione ceca;
b) varietà tradizionali ampiamente diffuse nell’Europa occidentale (Golden Delicious, 21,5%, Jonagold 7,4%, Red Delicious 1,5%, Gala 3,7% e Gloster 2,6%);
c) varietà dell’Est Europeo, comprendenti quasi tutte le novità (Rubin e Boemia 6,8%, le resistenti Rubinola e Topaz con circa il 2,7% ciascuna, poi Melodie e ancora Goldstar, Iulia, Luna e Opal, Rozela e Rubintep) che nel totale non raggiungono il 20%.
Difficile dunque capire se la Repubblica Ceca guarda più ad Est o ad Ovest; é possibile che il cospicuo frazionamento delle varietà incidenti sul rinnovamento varietale, pur pesando poco commercialmente, costituisca un punto di riferimento per tutto l’Est europeo.

Mele resistenti per colture biologiche (organiche)

La melicoltura biologica è certamente importante nel contesto europeo perché avvicina al consumo delle mele una fascia di consumatori disposta a spendere di più, convinta di ricavarne un benessere fisico, ma è ancora un’entità molto modesta in Europa.
La domanda di mele biologiche è molto differenziata da Paese a Paese. È accentuata soprattutto in Centro-Nord Europa dove anche a livello di impianti si introducono nuove varietà resistenti alla ticchiolatura (sono più di cinquanta quelle disponibili commercialmente in Europa) od ecologiche, in quanto rustiche, tolleranti verso malattie e avversità anche ambientali. Questa tendenza è più marcata in Germania, Svizzera, Austria, dove le colture biologiche di melo raggiungono anche punte fra il 5 e il 10% del totale, mentre in altri Paesi come l’Italia viaggiano intorno all’1-2% e sono localizzate in aree più predisposte come la Val Venosta che, grazie all’altitudine e al clima, sfugge ad una massa critica di patogeni che altrove richiedono molti più trattamenti.
L’Italia e la Francia, in particolare, dispongono di varietà TR (ticchiolatura resistenti) sia nazionali (vedi CIVG198 Modì®, Fujon, Golden Orange e Renoir), sia americane (Coop39-Crimson Crisp®, Coop43-Juliet® e Coop38-GoldRush®), sia olandesi (es. SQ159 Natyra®), sia francesi (es. Dalinette Choupette® e Inored Story®). In Francia, di un’altra, Ariane, è permessa finora la coltivazione solo in quel Paese ed in Svizzera.
Sempre europee sono due già note in Italia, Topaz e UEB32642 Opal® (Rep. Ceca), già inserite nella lista ufficiale di orientamento varietale del Mipaaf (Tab. 3).
Tutte sono mele di buona qualità, anche se non sempre eccellenti per qualità sensoriali, come le migliori mele del commercio. Certe meriterebbero più considerazione.
Desideriamo spendere alcune parole anche sulla Svizzera, benché questa sia fuori Ue. In questi ultimi tempi sono state lanciate nuove mele per le colture biologiche da parte di questo Paese, che rispondono ai nomi di CH101 Galiwa® (Gala x K1R30A44) e Lumaga Galant® (incrocio Resi x Delbard Jubilee), entrambe alternative a Gala come epoca di maturazione, ma dotate di alcune resistenze. Sempre svizzere sono Ladina (Topaz x Fuji) e ACW 11907, già introdotte dal WG Melo per la valutazione in Italia. La Svizzera ha una superficie coltivata a melo di circa 4000 ha.
Il fatto che il mercato interno sia protetto ha come conseguenza un panorama varietale abbastanza variegato: le principali OP svizzere sono alla ricerca di nuove varietà per differenziarsi dai loro concorrenti. Dal 2007 le statistiche mostrano un incremento delle varietà con forma di coltivazione a gestione controllata, cioè Club o simile. Milwa Diwa®, Scifresh Jazz®, La Flamboyante Mairac®, Cripps Pink Pink Lady® contano, rispettivamente, oltre 50 ha, mentre Fuji Kiku®8, Nicogreen Greenstar®, Nicoter Kanzi, Civni Rubens®, Delblush Tentation® e Caudle Cameo® sono ferme intorno ai 10-20 ha ciascuna. Nella coltivazione biologica in Svizzera le varietà resistenti hanno già uno “share” del 41%, con una forte dominanza di Topaz. Comunque, anche in Svizzera le due varietà più importanti sono tuttora Golden Delicious e Gala.

La sperimentazione italiana

Il Progetto italiano “Liste varietali” del CRA-Mipaaf ha recentemente inserito numerose nuove mele ecologiche delle più svariate provenienze e spera di poter offrire presto informazioni sul loro comportamento.
Queste mele devono essere in grado di soddisfare non solo le piccole necessità del mercato biologico, ma quelle assai più consistenti della produzione integrata, che copre ormai il 90% della produzione italiana di mele e va incontro a crescenti restrizioni imposte dalle certificazioni europee delle grandi catene distributive (es. Global Gap e varie altre).
Il campo delle mele ecologiche per le coltivazioni bio, ma anche per le stesse produzioni integrate, è in forte effervescenza e ci auguriamo che a breve possa dare proficui risultati anche per far cessare l’improvvida campagna contro la chimica nei campi, perseguita da molti media e perfino da forze politiche (come se i frutticoltori non avessero diritto di vedere remunerati i loro investimenti e il loro lavoro!).
Nei prossimi anni avremo disponibili numerose nuove varietà, che però dovranno subire un’attenta valutazione nei vari siti italiani da parte dei Centri competenti. Occorre evitare che grazie alle coperture brevettuali e ai diritti di esclusiva di vari gruppi internazionali si diffondano varietà gravate da onerosità contrattuali, prive della necessaria sperimentazione sul posto e dei necessari esiti positivi di “panel test” (degli esperti e ricercatori) e dei “consumer test” sensoriali mercantili.
Sono ormai una decina i progetti italiani, grandi e piccoli, pubblici o privati (cfr. Sansavini et al., 2009) che dovrebbero consentire all’Italia di trarre vantaggi per prima in Europa dai risultati acquisiti, che potrebbero anche irradiarsi all’estero e portare in vari modi vantaggi alla nostra filiera della melicoltura e al vivaismo specializzato.

Conclusioni

L’analisi del panorama varietale europeo rileva, nel confronto fra i principali Paesi produttori, una situazione abbastanza favorevole per l’Italia, sia perché siamo nettamente al di sopra della media delle percentuali europee di rinnovo della piattaforma varietale (20-25 contro 18% della produzione complessiva) con varietà di pregevole valore di mercato (per l’alta qualità) e al di sopra della media degli standard qualitativi mondiali, sia perché l’Italia è prossima a lanciare commercialmente una serie di nuove varietà selezionate nei vari ambienti di montagna e di pianura e dirette a soddisfare i grandi mercati internazionali orientati al consumo di diverse tipologie di mele.
Non deve preoccupare il fatto che l’Italia punti ancora su varietà tradizionali come Golden Delicious, Red Delicious e Granny Smith perché i nuovi cloni adottati e gli specifici ambienti vocazionali rendono uniche nell’eccellenza e difficilmente comparabili altrove la qualità di queste produzioni. Ne sono di esempio le tipicità conseguite nel Trentino-Alto Adige per le Gala e le Golden Delicious o quelle del Cuneese e della Valtellina per le mele rosse (es. Red Delicious e Gala). Una sintesi delle varietà suggerite per i nuovi impianti di alta e bassa montagna, di pianura del Nord e del Sud, opera del progetto Liste Varietali per il 2013 del Mipaaf (CRA) è riportata nella tabella 3.
Il confronto denota, apparentemente, un grande movimento di varietà (forse il 70-80% è rappresentato da nuove denominazioni); ma, in effetti, a ben guardare, per la maggior parte si tratta per lo più di denominazioni clonali di varietà tradizionali, ancora molto apprezzate dai mercati. Dando un’occhiata a quello che innestano, per esempio, i vivaisti altoatesini (Fig. 4), i quali producono annualmente circa 8 milioni di astoni di melo, si nota che sono tuttora le varietà tradizionali insieme a Gala e Fuji ad occupare la maggior superficie dei nuovi impianti. In altre parole, per semplificare il discorso, se in Italia si pianta ancora, in maggioranza, varietà dei gruppi Gala, Golden Delicious e Red Delicious, non è perché siamo rimasti indietro: è il mercato che lo decide!
Il conservatorismo, nel nostro caso, è quindi una necessità.

Assortimento varietale in Europa: conservatorismo e innovazione a confronto - Ultima modifica: 2013-11-12T11:45:41+01:00 da nova Agricoltura

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