Olivi secolari e monumentali, ecco come gestirli al meglio

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    Sugli alberi plurisecolari gli interventi cesori devono essere mirati a mantenerne la vitalità nel tempo. Ecco le indicazioni dei ricercatori che hanno curato un’iniziativa di tutela e valorizzazione di questi esemplari in Sardegna

    La longevità dell’olivo è la caratteristica peculiare che determina la sopravvivenza di numerosi alberi monumentali appartenenti alla specie Olea europaea L. laddove questa specie è presente e coltivata da epoche storiche che superano abbondantemente i dieci secoli. È questo il caso degli olivi monumentali che si ritrovano con relativa abbondanza nel territorio della Sardegna, dove accanto a splendidi esemplari di oleastro diffusi in tutto il territorio regionale e che risalgono a oltre un millennio, troviamo esemplari di olivo gentile risalenti all’epoca della dominazione romana, come è il caso de “Sa Reina”, gigantesco albero di olivo della cultivar Pizz’e Carroga felicemente vegetante in località S’ortu Mannu nel comune di Villamassargia (SU).

    Sabato 7 aprile partecipa a Nova Agricoltura in Oliveto

    Un’altro caso significativo della longevità della specie è quello localizzabile nella sub-regione della Marmilla, area collinare interna a matrice geologica calcarea situata al confine tra le province di Sud Sardegna e Oristano. Qui la coltivazione dell’olivo ha assunto particolare importanza durante la dominazione spagnola nei secoli XIV-XVII, di cui troviamo significativi esempi, ma esistono anche chiare tracce risalenti al secolo XIII di impianti realizzati in un periodo storico in cui l’influenza della Repubblica di Pisa era piuttosto forte su alcune porzioni del Giudicato di Cagliari e altre zone dell’isola di Sardegna. La peculiarità di questi impianti, realizzati “alla foggia dei pisani” è che gli olivi, ormai carichi di otto secoli di età sono stati impiantati utilizzando semenzali di selvatico cavati, trapiantati e innestati a chiudere un campo di limitate dimensioni, 1-2 ha al massimo. Questa tecnica chiamata in sardo “a incungiare”, ovvero “a chiudere” il fondo aveva una triplice funzione in un’epoca in cui il concetto di proprietà privata poteva risultare ancora piuttosto sfumato: affermare la proprietà del terreno, metterlo in coltura eliminando la vegetazione spontanea, piantare un oliveto consociato ad un seminativo o altra coltura nella zona circoscritta dagli olivi. Spesso altri olivi sono stati piantati nella zona centrale, talvolta anche in epoche molto antiche, mostrando una curiosa disetaneità tra centenari del bordo e del centro campo.
    Altra pratica molto diffusa in questa ed altre zone della Sardegna è quella della proprietà legale degli alberi (cortatico) talvolta disgiunta da quella del terreno, a testimonianza dello straordinario valore economico che veniva attribuito in passato ad ogni singola pianta pluricentenaria di olivo. Le tracce di questa tradizionale forma di gestione della proprietà sono ben presenti in atti di compravendita, nei catasti agricoli dei comuni e in numerosi atti di donazione di singole piante ad enti benefici e religiosi.

    1. Tutelare le radici

    2. Impatto dei tagli

    3. Integrità del tronco

    4. Olivi monumentali multifunzionali

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