BIOGAS

Biogas, un gioiello tecnologico senza opere in muratura

La scarsa portanza del terreno dell’azienda Leona a Codigoro (FE) ha indirizzato i progettisti verso soluzioni alternative di grande interesse con l’utilizzo di fermentatori in acciaio orizzontali e vasche di raccolta con pareti di terra rivestite di plastiche speciali.

Da sinistra Francesco Ferretti direttore azienda Leona, Andrea Cavallari proprietario dell'azienda, Ilaria Zanella progettista dell'impianto e Diego Ferrarini rappresentante di Siloxa. 

Non ha ancora compiuto un anno ma forse proprio per questo è
ricco di tecnologie che non siamo soliti vedere nella maggior parte degli
impianti per la produzione di biogas.

L'azienda Leona con il nuovo impianto di
biogas da 1 Mgw e oltre 900 ettari coltivati a mais, triticale, soia e riso.

Nell'azienda Leona, mille ettari in un unico corpo con
annesso allevamento di galline ovaiole nelle vicinanze
di Codigoro, proprietà della famiglia Cavallari di Ferrara, è stato installato un impianto per la
produzione di biogas da 1 Mgw con tecnologia Eisenmann, che presenta alcune
soluzioni costruttive e logistiche che per prima cosa dovevano superare un
ostacolo di carattere naturale, rappresentato dalla scarsa portanza del terreno
che qui si trova ben al di sotto del livello del mare.

Primo obiettivo:
evitare la cementificazione

“Per questo, afferma il progettista Ilario Zanella, abbiamo dovuto limitare il più possibile
l'uso di manufatti in cemento per dare ampio spazio all'acciaio e a soluzioni
di stoccaggio alternative, come i sacconi di plastica “silobag”
dove vengono stivati gli insilati oppure le vasche di raccolta del digestato
che sono costruite con pareti in terra rivestite da materiali plastici speciali”
con all'interno due sacconi della capacità complessiva
di stoccaggio di mc 7000 di digestato.

L'insilato di mais e di triticale viene
stoccato nei silogab e prelevato da un carro semovente con desilatrice
rotativa. Una volta giunto al centro aziendale scarica l'insilato in
un'apposito elevatore che carica le vasche di raccolta della biomassa per una
prima miscelazione.

La prima vasca di stoccaggio del digestato
con pareti in terra rivestite con teloni costituiti da plastica speciale ad
elevata resistenza.

All'interno delle vasche ci sono due sacconi
in polietilene di cui uno Combibag a tenuta anche di gas, che si trasforma in
un piccolo fermentatore per poter recuperare il 3% di biogas che si perde
nell'impianto principale.

Fermentatori
principali in acciaio e orizzontali

“ In effetti il cuore della tecnologia Eisenmann per il
biogas, dice Zanella, è costituito da un processo a doppio stadio di digestione
con fermentatori principali e un postfermentatore.

I principali vantaggi
di questo sistema rispetto ai tradizionali fermentatori verticali a cupola sono
l'ottimizzazione del processo microbiologico, che induce processi fermentativi
più rapidi, la possibilità di limitare gli effetti negativi causati dal cambio
di razione, una notevole flessibilità di gestione e anche la possibilità di
controllare in maniera più puntuale il processo intervenendo con tempestività
ove necessario”.

I fermentatori principali, orizzontali e in
acciaio, lunghi 36 metri della capacità di 400 mc cadauno.

I fermentatori principali alimentano il post
fermentatore verticale in acciao.

L'unico
postfermentatore produce il 30% del biogas totale ed è anch'esso in acciaio
termo riscaldato dotato di agitatori e di una cupola gasometrica a doppia
membrana.

L'assorbitore a
carbone attivo di idrogeno solforato

“ Nel corso del
processo di fermentazione, continua Zanella, soprattutto quando si cambia
ricetta, si può avere un'impennata nella produzione di idrogeno
solforato, un gas che oltre ad una certa soglia danneggia il motore,
aumentando la frequenza dei “fermo macchina” e quindi delle operazioni di
manutenzione. La soluzione sta nell'installare una serie di filtri a carbone
attivo sistemati in una torre dove far passare il gas prima che giunga al
motore ed utilizzare questo sistema per superare i momenti critici di maggiore
produzione di idrogeno solforato. Ci sono
diverse tipologie di filtri a carbone. Il nostro è il Siloxa che ha la
caratteristica di essere costituito da due camere di assorbimento contenenti
carbone attivo che consente, una volta esaurito quello della prima camera, di mettere
in azione quello della seconda camera in un tempo molto rapido e senza spostare
la torre grazie ad uno scarico dal basso”.

A sinistra della foto si nota la torre Siloxa
che contiene l'assorbitore a carbone attivo dell'idrogeno solforato.

La particolarità dell'assorbitore Siloxa,
che è sospeso da terra e quindi permette sostituzioni rapide del carbone,
consiste nell'avere due camere di assorbimento.

Biogas, un gioiello tecnologico senza opere in muratura - Ultima modifica: 2013-10-30T11:13:32+01:00 da Redazione Terra e Vita

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome